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QUALITÀ E PROFESSIONE 31
Figura 3
Il paradosso – sostiene Gemma Brandi – sta nel fatto che il carcere è “un luogo che distilla e concentra i problemi di una società, mostran- doli in anticipo e sperimentando soluzioni antesignane, ma anche possibile sede di un salutare con- trotrauma per una cittadinanza la cui vita è attraversata dal trauma e infine dispensatore dell’unica cu- ra concessa a uomini senza terra e senza patria”.
Il medico penitenziario è una figura professionale e umana biso- gnosa essa stessa di tutele, garan- zie e protezioni contrattuali, di cui nessuno parla. A volte, anche nel carcere e intorno ad esso ci si deve scontrare con una indifferenza isti- tuzionale, che sicuramente non può non nuocere al malato.
Vulnerabilità contrattuale
La situazione meno nobile la dipin-
ge infine Maria Antonia Pata, der- matologo ambulatoriale presso l’Azienda Usl Toscana Centro.
Si fa qui riferimento alla Medicina Conven- zionata dal punto di vista legislativo. La parola che emerge è: DISAGIO, evidenziato da tutta una lista di problemi. Alcuni esempi:
• ogni anno stanziamenti ridotti nonostante proclami e dichiarazioni di intenti per fi- nanziare grandi progetti;
• escamotages contrattuali nella medicina dei servizi e nella medicina specialistica ambulatoriale;
• modalità di NON rinnovo contrattuale ma camouflage del precedente fino a nove an- ni consecutivi;
• la coesistenza extra ANNCC di 36 diverse tipologie contrattuali nel SSN;
• le anomali condizioni di porre il medico in una situazione di parasubordinazione/su- bordinazione/libero professionale, un ibrido unico nel suo genere nel panorama della di- sciplina lavoristica e sindacale italiana;
• la previsione di assumere 3000 medici (nell’approvanda legge di stabilità 2017), quando in realtà c’è necessità di un nu- mero superiore quasi il doppio (Figura 3), senza considerare i medici che lasceranno l’attività: circa il 60 per cento dei medici attualmente in servizio. Questo vuoto non potrà ne dovrà ancora essere sostituito con umilianti contratti a scadenza.
cui si opera. Vi lavorano 152 operatori sanitari per 800 detenuti di cui il 65% stranieri, l’80% con storia di tossicodipendenza e il 50% affet- to da malattia mentale.
Al suo interno si trovano un Reparto di Os- servazione Psichiatrica e a breve due Reparti Psichiatrici per ospitare un terzo della popo- lazione toscana ospite degli ex-OPG che non hanno titolo ad accedere alla REMS, un Re- parto di madri con bambini, un Reparto Tran- sessuali, un Reparto Accoglienza, un Reparto Isolamento, 8 sezioni giudiziarie e 5 sezioni penali Maschili, un Reparto Femminile con cir- ca 100 ospiti.
Una statistica così ampia dovrebbe indurre a pensare a una superorganizzazione carcera- ria anche dal punto di vista sanitario, con me- dici inquadrati in un sistema efficiente e con altissima dignità. In effetti è necessario che anche in questo ambito il medico svolga la sua funzione civile a favore del malato (anche se detenuto) con dedizione, curiosità scientifi- ca, capacità teorica e resistenza a eventuali (e possibili) soprusi.
La logica impropriamente vendicativa dell’esecuzione penale che riguarda i reclusi, investe inevitabilmente anche coloro che se ne occupano: il medico del carcere di fatto non ha pari opportunità rispetto ai colleghi dell’e- sterno. Ne conseguono quindi disagio ambien- tale e instabilità organizzativa in un contesto di complessità globale che investe i malati e l’organizzazione, che a volte non riesce con- venientemente a garantire il diritto alla cura.
TM
ToscanaMedica11|2016
Info: rimoldibru@gmail.com S O M M A R I O


































































































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