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QUALITÀ E PROFESSIONE 19
la medicina, la giurisprudenza e le scienze socia- li), contribuendo in tal modo alla riduzione del pregiudizio e della discriminazione di genere. In particolare, da tali studi è emerso come il ses- sismo, l’omofobia, il pregiudizio e gli stereotipi di genere siano appresi sin dai primi anni di vita e trasmessi attraverso la socializzazione, le pra- tiche educative, il linguaggio, la comunicazione mediatica e le norme sociali. Infine, tali studi hanno ribadito come l’omosessualità rappresen- ti una variante normale e non patologica della sessualità, in linea con la sua derubrificazione dalla classificazione delle malattie mentali e con quanto sostenuto da decenni dalle principali associazioni internazionali scientifiche e profes- sionali che promuovono la salute mentale (tra queste, l’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association, l’Organizza- zione Mondiale della Sanità, ecc.).
Medicina di genere. Talvolta, il termine “ge- nere” è stato usato al posto di donne, tanto che per alcuni, genere è uguale a donna, mentre altri l’hanno usato come sinonimo di sesso. Tutto ciò ha prodotto una grande confusione per cui dobbia- mo affermare che la medicina di genere richiama anche il corpo (Wizemann, 2001; WHO, 2009) e che necessariamente essa comprende gli uomini e le donne. In altri termini, la medicina di genere è chiamata a limitare disuguaglianze di studio, atten- zione e trattamento che sono a carico di donne o di uomini. Non costruendo una medicina al fem- minile e una al maschile, ma applicando il concetto di diversità per garantire a tutti, donne e uomini, il miglior trattamento possibile in funzione della specificità di genere, la medicina di genere supera un certo approccio che considera le donne come “piccoli uomini”. Pertanto, la medicina di genere tiene in considerazione le numerose differenze tra uomini e donne, ad esempio la maggiore longe- vità, che spesso si accompagna a una maggiore disabilità con percentuali superiori di patologie croniche nelle donne rispetto agli uomini. La me- dicina di genere ha come obiettivo anzitutto il riconoscimento delle differenze di genere da un punto di vista demografico (natalità, aspettativa di vita, mortalità, istruzione e lavoro, stili di vita). Inoltre, valuta le differenze di genere nell’incidenza e nel decorso di varie patologie quali le malattie cardiovascolari, i tumori, il diabete, l’osteoporosi, l’incontinenza urinaria, le malattie rare e infettive. Si occupa inoltre del differente uso dei servizi da parte di uomini e donne (soprattutto nelle malattie mentali), così come delle malattie professionali, de- gli incidenti domestici. Infine, un posto particolare è occupato dalla salute sociale e riproduttiva, inclu- dendo le problematiche connesse all’allattamento, la depressione post-partuum, l’interruzione volon- taria di gravidanza, la menopausa, le disfunzioni sessuali maschili e femminili, l’identità sessuale e le violenza di genere.
Genere. Nonostante il termine genere sia usato e abusato in vari contesti, non è così scontato che esso sia conosciuto ai più nella sua complessità. Esso deriva dal latino genus ed esprime il senso della provenienza, della progenie, della parentela, della famiglia. Nel dibattito antropologico e socio- logico contemporaneo, il termine genere ha sosti- tuito il termine sesso per indicare la tipizzazione sociale, culturale e psicologica delle differenze tra maschi e femmine. Il concetto di genere è stato introdotto negli anni Sessanta dai medici statuni- tensi R. Stoller e J. Money del Johns Hopkins Ho- spital di Baltimora per distinguere l’orientamento psicosessuale (gender) di una persona dal suo ses- so anatomico (sex). Chiamati a correggere chirur- gicamente il sesso di neonati o di adulti con geni- tali ambigui, essi tendevano a farlo in conformità con le aspettative dei genitori, oppure con i ruoli sociali che i pazienti erano abituati a svolgere, nel- la convinzione che il genere non è influenzato dal sesso biologico, ma che si strutturi sulla base delle influenze ambientali e sociali post-natali.
Tradizionalmente, gli individui vengono divi- si in uomini e donne sulla base delle loro diffe- renze biologiche. Nel sentire comune, infatti, il sesso e il genere costituiscono un tutt’uno. Gli studi di genere sottolineano come sia presente una suddivisione, sul piano teorico-concettuale, tra questi due aspetti dell’identità. In generale, l’identità sessuale è costituita da quattro distinte componenti: il sesso biologico, l’identità di ge- nere, il ruolo di genere e l’orientamento sessua- le (Zucker, 2002). Per sesso biologico s’intende l’appartenenza biologica al sesso maschile o femminile ed è determinata dai cromosomi ses- suali. Il sesso costituisce un corredo genetico, un insieme di caratteri biologici, fisici e anatomici che producono un binarismo maschio/femmina. All’interno di tale binarismo si collocano i Distur- bi dello Sviluppo Sessuale (DSD) che sono condi- zioni congenite in cui lo sviluppo cromosomico, gonadico o anatomico è invece atipico. Infine, il genere rappresenta una costruzione culturale, la rappresentazione, definizione e incentivazione di comportamenti che rivestono il corredo biologi- co e danno vita allo status di uomo/donna.
Sesso e genere non costituiscono due dimen- sioni contrapposte, ma interdipendenti: sui ca- ratteri biologici si innesca il processo di struttu- razione dell’identità di genere. Il genere è invece un prodotto della cultura umana e il frutto di un persistente rinforzo sociale e culturale delle identità: viene creato quotidianamente attraver- so una serie di interazioni che tendono a definire le differenze tra uomini e donne.
Identità di genere. L’identità di genere è un concetto a mosaico che indica un continuo e persistente senso di sé prevalentemente come uomo o come donna o come altro genere. L’iden- tità di genere non è definita in modo dicotomico,
Toscana Medica 1|2016

