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per la nostra Cooperativa hanno le esperienze degli ospiti e la loro voglia di comunicare e condividere”. Cristina Bruni spiega: “Questo progetto è termi- nato e non posso che essere soddisfatta, gratificata e arricchita; ringrazio tutti i partecipanti per il tem- po passato insieme e per la condivisione dei loro ri-
cordi ed emozioni. Ringrazio OltrePistoia che mi ha permesso di ideare questa attività ma soprattutto la Cooperativa Gli Altri, che mi ha permesso di fare questa esperienza di vita così gratificante”. TM
Info: info.oltrepistoia@gmail.com GIANCARLO VANNOZZI, SIMONA DEIANA1
Rivisitare la dieta mediterranea
Rivisitare la dieta mediterranea
Molte osservazioni epidemiologiche hanno permesso di rivalorizzare il modello alimentare italiano degli ultimi anni ‘50 e dei primi anni ‘60. Il termine dieta mediterranea è spesso abu- sato, talora non comprensibile o non ben defi- nito. Esso indica un modello dietetico o stile di vita alimentare, caratterizzato da un insieme di alimenti tipico dei paesi dell’area mediterranea (Grecia, Creta, Italia del Sud, Spagna ed altre aree geografiche) di 50-60 anni fa, prototipo esemplare di dieta sana.
Il 16 novembre 2010 a Nairobi l’Unesco ha iscritto la Dieta Mediterranea nella lista rappre- sentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Umanità, riconoscendo tale patrimonio ap- partenere a Italia, Marocco, Grecia e Spagna. Nel novembre 2013 tale riconoscimento è stato esteso a Cipro, Croazia e Portogallo.
Il primo a intuire la connessione tra alimen- tazione e malattie del ricambio, quali diabete
mellito ed obesità, fu il medico nutrizionista italiano Lorenzo Piroddi (Genova 1911-1999), considerato il “padre” della dieta mediterra- nea. Fu però lo scienziato americano Ancel Keys (1904-2004) a studiare e valorizzare il modello dietetico mediterraneo. Keys aveva notato una bassissima incidenza di malattie delle corona- rie presso gli abitanti di Nicotera e dell’isola di Creta, nonostante l’elevato consumo di grassi vegetali forniti dall’olio d’oliva, e avanzò l’ipo- tesi che ciò fosse da attribuire al tipo di alimen- tazione caratteristico di quell’area geografica. In seguito a questa osservazione prese l’avvio la ricerca Seven Countries Study, basata sul con- fronto dei regimi alimentari di 12.000 persone, di età compresa tra 40 e 59 anni, sparse in set- te Paesi del mondo (Finlandia, Giappone, Gre- cia, Italia, Paesi Bassi, Stati Uniti e Jugoslavia). I risultati dell’indagine non lasciarono dubbi: la mortalità per cardiopatia ischemica risulta- va molto più bassa presso le popolazioni me- diterranee rispetto a Paesi, come la Finlandia, dove la dieta era ricca in grassi saturi (burro, strutto, latte e suoi derivati, carni rosse). Ancel Keys ed altri scienziati che presero parte al Se- ven Countries Study, proseguirono il loro studio a Nicotera (Calabria), Crevalcore (Emilia), Mon- tegiorgio (Marche). Si stabilì a Pioppi (Mollica) e rimase in questa località per oltre 40 anni, continuando a studiare l’alimentazione della popolazione locale. Rientrò a Minneapolis nel 2004 dove morì poco prima di compiere l’età di 101 anni. La sua ricerca scientifica fu condivi- sa da altri importanti ricercatori e collaboratori tra cui Flaminio Fidanza e Bartolomeo Fidanza. Fu insignito nel 2004 della Medaglia al merito alla salute pubblica dello Stato Italiano. La defi- nizione e la caratterizzazione della dieta medi- terranea come modello di sana alimentazione si basano sulle seguenti evidenze storicamente acquisite, razionalmente documentate e tuttora ritenute valide.
1) L’aspettativa di vita per le popolazioni di queste aree geografiche era in quegli anni
Giancarlo Vannozzi, specialista in Malattie dell’Apparato Digerente; è dirigente medico in Gastroenterologia AOU Careggi. Si occupa di dietoterapia e malattie con malnutrizione
ed è autore di testi di nutrizione clinica.
Toscana Medica 1|2016
1 Gastroenterologia SOD2, AOU Careggi, Firenze

