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32 QUALITÀ E PROFESSIONE
Si pensi quindi a quale grande evoluzione ma anche grande rivoluzione culturale, strutturale e organizzativa si è affermata nel tempo. Guidati dal professore siamo riusciti a risolvere uno dei grandi problemi di salute pubblica grazie ad un cuore e una mente aperta, grazie al pensiero di soccorrere tutti i cittadini che chiedevano aiuto con la applicazione operativa e morale e etica della professione medica, riuscendo a coinvol- gere tutta la nostra scuola fiorentina di medi- cina di urgenza, lo stato, le regioni e la regione Toscana nelle sue più alte istituzioni, il presiden- te, gli assessori alla sanità e i successivi direttori generali dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi. Da una angusta Accettazione, come solo atto amministrativo, supervisionata dal me- dico, si è passati ad un accurato inquadramento diagnostico ed alla estensione della osservazio- ne dei pazienti in locali adiacenti al Pronto soc- corso fino a 24/48 ore per decidere se lo stesso debba essere ricoverato o non ricoverato. Il me- dico in queste strutture opera quindi attraverso la funzione di filtro garantendo l’appropriatezza del ricovero e quindi l’intensità di cure. Da una funzione di ricovero diretta dei pazienti critici verso le aeree specialistiche di cure intensive og- gi nel Pronto Soccorso sono nate le Emergency Room destinate ad una diagnostica di alto livel- lo e alla stabilizzazione del paziente anche con ricorso a procedure invasive.
Con il prof. Berni abbiamo perseguito nel tempo un processo evolutivo che ha portato ad una separazione sempre piu’ evidente fra l’E- mergency Medicine – specialità tempo correlata – dove il tempo diventa una variabile critica di successo del processo decisionale e la intensive e critical care, dove l’assistenza rapportata alla evoluzione del quadro clinico è indipendente dal tempo e dove il paziente viene inviato dopo una fase di inquadramento e di stabilizzazione svol- ta in Pronto Soccorso. Ho visitato tanti ospedali nel mondo per conoscere modelli organizzativi diversi, per vedere lavorare chi ormai in Emer- gency Medicine operava da anni e sono stato in tanti paesi dove la medicina di urgenza si era già evoluta grazie anche alle macroemergenze, che costituiscono un terreno tipico in cui la medici- na d’urgenza deve operare rapidamente ed in modo efficace. Basti pensare a calamità naturali come tornado, cicloni, terremoti, alluvioni, ad eventi infausti come le guerre, o a disastri co- me quello delle torri gemelle nel 2001, e degli attentati ormai all’ordine del giorno. Mi ricordo che tutte le volte che partivo lui si preoccupava che avessi i soldi necessari per il soggiorno di lavoro e come un padre mi faceva sempre tutta una serie di raccomandazioni: come un padre ma soprattutto come un maestro che dava mo- vimento al pensiero e che trasmetteva l’amore per l’arte medica che è l’unico modo di inse- gnare, innescare cioè la passione e il desiderio
di conoscere e di migliorarsi. Negli anni dei miei soggiorni di studio all’estero ho visto operare questa medicina in contesti che in Italia erano allora addirittura inimmaginabili acquisendo la consapevolezza che nel mondo la medicina di urgenza era una dei punti di forza del sistema sanitario mentre da noi in Italia ancora negli an- ni Novanta stentava a nascere autonomamente ed a strutturarsi all’interno degli ospedali e delle realtà universitarie. In quegli anni la metodo- logia clinica e la semeiotica avevano difficoltà a rinnovarsi rispetto all’evoluzione tecnologica perché la tecnologia non può sostituirsi al me- dico ma lo aiuta nel sostenere il sospetto clini- co. È certo che la tecnologia sia un elemento strategico in una medicina tempo-correlata dove il tempo ha un suo reale valore, un im- menso valore, dove si respira continuamente la paura della malattia e della morte, della invali- dità, dove il referto medico è vissuto come una condanna o una assoluzione, dove le persone vivono il dramma del lutto, piangono e pensano con ansia al loro futuro. Per questo il Prof. Berni fece inserire nel 2000 all’interno delle strutture di emergenza le radiologie utili per velocizzare il percorso del paziente e oggi l’ecografia e la formazione ecografica di tutte le parti del cor- po è nel bagaglio del medico di emergenza. E poi l’idea della formazione dei giovani medici che doveva trovare in Italia non una frammenta- zione di insegnamenti ma un solo corso di spe- cializzazione, quello della Medicina d’Urgenza certificato da una scuola, quella della Harvard, che da anni operava in America in questo set- tore. E così insieme alla Università degli Studi di Firenze e alla Regione Toscana si è concretizzato un ulteriore sogno, quello della scuola di specia- lizzazione: non più ramo della Medicina Interna ma specializzazione autonoma che oggi opera su tutto il territorio italiano. Da questo insegna- mento nascono i nuovi medici che si addestrano sul campo nelle strutture ospedaliere. Addestra- mento sul campo perché in Pronto Soccorso tutto diventa più forte, più diretto, meno me- diato o stemperato dalla routine, perché niente è programmabile, niente può essere previsto e bisogna essere sempre pronti ad affrontare al meglio qualsiasi evenienza, qualsiasi problema- tica, e saper agire davanti a situazioni in cui non si può rinviare una decisione, perché dilazionare i tempi può voler dire mettere a rischio la vita del paziente.
Era proprio questo che cercavamo: una me- dicina moderna, sicuramente piu’ complessa e difficile, che doveva rispondere ad una varietà di condizioni iniziali senza il tempo di acquisire molte informazioni, ma allo stesso tempo una medicina fortemente coinvolgente, con il van- taggio riconosciuto di poter sfruttare le nuove tecnologie e le nuove metodologie in tempi ra- pidi, quelli che rispondono solo alla necessità di
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