Toscana Medica -Novembre-Dicembre2019

T OSCANA M EDICA 10 / 2019 11 testatina opinioni a confronto che assistono questi pazienti e che possono quindi a portare avanti un proficuo lavoro di squadra, sempre a migliore garanzia per i malati e anche a beneficio di chi si occupa di scelte di carattere tecnico-amministrativo. Esistono poi i GOM, i Gruppi Onco- logici Multidisciplinari, che permet- tono la presa in carico complessiva dei pazienti da parte di tutti gli ope- ratori a vario titolo impegnati nell’as- sistenza lungo un percorso prece- dentemente organizzato e condiviso. Le nuove opzioni di cura devono entrare a pieno titolo in questo com- plesso modello assistenziale e devono essere impiegate nella maniera più ef- ficace e “redditizia”: questo vuole dire che, ad esempio, a livello regionale deve essere individuato un numero sufficiente di Anatomie Patologiche in grado di caratterizzare sul piano biomolecolare i vari tipi di tumore per massimizzare, come ricordato in pre- cedenza, gli effetti positivi di terapie sempre più specifiche. GIUSTINI - Dal punto di vista orga- nizzativo credo sia molto importante individuare a livello regionale alcuni Centri (in buona sostanza Firenze, Pisa e Siena) che per casistica, compe- tenza e dotazioni possano farsi carico in maniera complessiva dei pazienti oncologici, anche se questo inevitabil- mente finirà per sminuire sempre di più il ruolo degli ospedali più piccoli. CHELLA - L’organizzazione talvolta non è sufficiente a garantire l’otti- mizzazione e la qualità dei processi sanitari. Purtroppo il fattore “personale” di fronte alla richiesta sempre maggio- re di assistenza diventa un fattore fondamentale, a cui l’organizzazio- ne non può sempre sopperire per carenza di strutture adeguate e per- sonale numericamente adeguato. L’istituzione di centri regionali di livello superiore, sul modello delle breast-unit , anche per quanto ri- guarda le patologie neoplastiche del torace, se supportata da adeguati investimenti finanziari, può sicura- mente migliorare la qualità del ser- vizio sanitario. degli oncologi, non fosse altro esclu- sivamente per motivi epidemiologici visto che la sua prevalenza in Italia raggiunge i 3.500.000 di persone. Si tratta di un numero enorme di sog- getti che in qualche maniera hanno avuto a che fare con la malattia ne- oplastica e che solo per una parte relativamente limitata della propria storia clinica hanno avuto bisogno dell’oncologo come figura principale di riferimento. Infatti nel “prima” e nel “dopo” la scoperta della malattia molte neces- sità si concentrano a livello territoria- le, diventando pertanto competenza degli operatori che lavorano a questo livello. Sul territorio poi si possono utilmente organizzare tutte quelle attività di prevenzione che hanno portato il cancro a essere attualmen- te evitabile nel 30% dei casi. Il medico di famiglia che assiste que- sti pazienti non può poi prescindere da una comunicazione veramente efficace con i colleghi ospedalieri per gestire al meglio, ad esempio, gli eventuali problemi di tossicità delle terapie assunte. In buona sostanza credo che oggi il paziente oncologico possa a pieno ti- tolo venire inserito nel Chronic Care Model e seguito sul territorio anche per quanto riguarda gli esiti a distan- za della malattia come può succe- dere, ad esempio, a una donna che dopo il cancro desideri avere figli. TOSCANA MEDICA - Come funziona attualmente l’assistenza ai pazienti oncologici in Toscana? Le cose po- trebbero migliorare grazie all’impie- go delle novità terapeutiche di cui abbiamo parlato in precedenza? E ancora, cosa dovrebbe cambiare dal punto di vista organizzativo per mi- gliorare o adeguare l’esistente a que- ste nuove istanze di cura? AMUNNI - In Toscana abbiamo oggi un modello organizzativo a rete che credo sia al momento la migliore soluzione per rispondere adeguata- mente alle problematiche dell’assi- stenza ai pazienti oncologici. Possiamo poi disporre di PDTA con- divisi dalla totalità dei professionisti come quelle dove io lavoro, la co- municazione tra colleghi ancora oggi spesso passa attraverso una rete di contatti personali sviluppati magari ai tempi dell’università e non certo per vie istituzionalmente definite. MAZZEI - Due osservazioni all’inter- vento del dottor Giustini. La prima. Il progetto “Curvatura Biomedica” al quale stanno partecipando molti Ordini italiani può rappresentare un ottimo strumento di prevenzione ri- volto ai ragazzi. In pratica gli Ordini si impegnano a organizzare con spe- cialisti di vari settori degli incontri con i ragazzi delle scuole superiori intenzionati nel prossimo futuro a intraprendere studi in campo medi- co-sanitario. È stato visto che molti messaggi relativi ad esempio all’abu- so di alcol, al fumo o all’assunzione di sostanze stupefacenti riescono in questo modo a raggiungere gli ascol- tatori e di conseguenza anche le loro famiglie con risultati al momento davvero incoraggianti. La seconda. È necessario oggi che tutti (anche e soprattutto le aziende sanitarie e gli organizzatori del lavoro dei medici) comprendano realmente che il concetto secondo il quale “il tempo di ascolto è tempo di cura” non può più essere trascurato e mor- tificato da ritmi e obblighi di presta- zioni difficilmente sostenibili. CHELLA - Rimane fondamentale il ruolo del medico di medicina ge- nerale nella prevenzione primaria e secondaria. È chiaro che le difficoltà che questi medici incontrano nell’or- ganizzazione del loro lavoro rende il compito estremamente difficile e complesso. L’unica possibilità di un cambiamento significativo nella so- pravvivenza delle persone affette da neoplasia polmonare è quella di mi- gliorare la prevenzione secondaria e la diagnosi precoce, nonostante il miglioramento della percentuale di cura legato alle nuove terapie. AMUNNI - Sulla scorta della mia per- sonale esperienza sono da tempo ar- rivato alla conclusione che il cancro non può essere un problema solo

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