Toscana Medica | Aprile-Maggio 2020
T OSCANA M EDICA 4 / 2020 25 testatina qualità e prof sio e Annali delle epidemie occorse in Italia dalle prime memorie sino al 1850 : que- sto il titolo della monumentale opera di Alfonso Corradi (1833-1892), pubblica- ta nelle Memorie della Società Medico Chirurgica di Bologna in sette volumi tra il 1865 e il 1895. Corradi, che ebbe la cattedra di Patolo- gia Generale dell’Università di Modena, poi a Palermo e, infine, a Pavia, dove fu preside della facoltà di Medicina e ret- tore dell’Università, dette vita a un mo- numentale lavoro analitico, in sequenza diacronica, redatto sulla scorta di docu- menti conservati in archivi e biblioteche di tutta Italia. La trattazione prende av- vio dall’ottavo secolo a.C. e giunge fino al secolo XIX, registrando epidemie, carestie e le altre catastrofi naturali a esse correlate, che hanno segnato la sto- ria di questo lungo periodo. Per quanto sia estremamente difficile individuare la reale natura delle grandi epidemie del passato, ove non ci siano i materiali bio- logici che ne forniscano evidenze certe, alcune grandi svolte epidemiologiche hanno segnato indiscutibilmente la sto- ria della civiltà occidentale, imprimendo una traccia profonda anche sull’immagi- nario collettivo, contaminando la lettera- tura, l’espressione figurativa, la musica. Le epidemie del XIV secolo determina- rono, inevitabilmente, una svolta nella storia dell’Europa occidentale, provocan- do cambiamenti strutturali anche sul pia- no sociale ed economico: Alfonso Corra- di ha ripercorso queste vicende, facendo emergere dalle pieghe del tessuto della grande storia gli episodi legati alle singole congiunture della patocenosi. Nell’Europa indigente e ipoalimentata del Trecento, sopraggiunse la terribile catastrofe della “Morte Nera”, causata dalla Yersinia pestis , un agente patogeno trasportato dalle pulci parassite dei ratti, ospiti a bordo delle navi: tra il 1348 e il 1782, ogni venticinque anni circa, si ac- cendeva una poussée epidemica. Dalla seconda metà del Settecento la demia di spagnola, nel 1918, e agli episo- di epidemici più recenti. Ma allo sguardo del medico non erano sfuggiti, nemmeno nel lontano passato, quegli episodi che, seppur meno clamorosi, avevano lasciato un segno profondo in gran parte della popolazione europea. Scriveva Bernardo Canigiani (1524-1604), ambasciatore estense presso il duca di Toscana Cosimo I de’ Medici, il 3 dicembre 1562, al Duca di Ferrara: “ Io non ho potuto fuggir questo male, il quale mi ha fatto star tre dì nel letto con febre continua; per hoggi Dio gratia mi sono levato e spero esser guarito: qua questo mal si chiama mal del castion, e ve ne sono tanti malati che non vi è numero ”. Proprio Alfonso Corradi considerò questa epidemia, che si chiamò allora “mal del castrone” e “mal del montone”, per la tipica tosse “abbaiante”,comeuna“febbrecatarrale”, che colpendo le vie respiratorie spesso si “frammescolava alla pneumonite”. “Jnfreddagioni, catarri, tossi”: i malati subivano questi sintomi, così violenti, per tre o quattro giorni e, in molti casi, l’esito fu letale. Nel giro di poco tempo, la malattia si estese a tutta Europa, accomunando in un analogo destino gli strati più bassi della popolazione e le famiglienobilieabbienti,icommercianti, e i professionisti, in una catena causale che, allora, era ancor più difficile di oggi a vedersi, a credersi, a combattersi. da IlSole24OreSanità – https:// www.sanita24.ilsole24ore.com/art/ medicina-e-ricerca/2020-03-25/quel- le-epidemie-che-hanno-cambiato-sto- ria-081113.php?uuid=ADPYUmF donatella.lippi@unifi.it Quelle epidemie che hanno cambiato la storia di Donatella Lippi Donatella Lippi Storia della Medicina e Medical Humanities, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica Università degli Studi di Firenze peste scomparve dall’Europa, salvo sporadici casi: forse il Rattus norvegicus ebbe lameglio sul Rattus portatore della pulce che trasmette la peste all’uomo. Sicuramente, venne potenziata la ca- pacità di isolare i focolai epidemici e i cambiamenti nelle norme urbanistiche e le nuove tecniche costruttive delle case crearono ambienti molto meno ri- cettivi di topi e parassiti. Inoltre, la Rivoluzione industriale, già avviata negli anni Trenta del XVIII se- colo, mise in luce un’inattesa “questione sociale”, che portò le Nazioni industria- lizzate a dotarsi di un’embrionale legisla- zione del lavoro e assistenziale, miglio- rando le condizioni socio-economiche e igienico-sanitarie di gran parte della po- polazione dei Paesi occidentali. L’evolu- zione dell’agricoltura e l’aumento di pro- duzione dei beni alimentari garantirono un migliore introito calorico, rinforzan- do le difese organiche della popolazione contro le malattie: per tutta questa serie di circostanze, a partire dal XIX secolo, le epidemie di peste si allontanarono dalla scena europea, per terminare, nel 1844, con la peste egiziana, che chiuse la prospettiva sul Mediterraneo. La peste si concentrò, allora, tra il 1894 e il 1906, fuori dall’Europa, in India e Giappone, passando per Hong Kong e Taiwan: a fronte di una vera ecatombe, il medico svizzero francese Alexander Émile Jean Yersin (1863-1943), con- temporaneamente a Shibasaburõ Kita- sato (1853-1931), isolò ad Hong Kong, nel 1894, il bacillo della peste, chiamato Pasteurella pestis , oggi noto come Yer- sinia pestis , e creò un siero efficace per rallentare la progressione del morbo. La peste di Marsiglia, nel 1720, fu l’ul- timo grandioso episodio del morbo in Europa, ma non l’ultima delle epide- mie. Influenza, vaiolo, morbillo, colera infierirono a lungo, ancora, colpendo con particolare virulenza i giovani adulti, con danni sociali rilevanti. E poi sifilide, tubercolosi, lebbra, fino alla grande pan-
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