Toscana Medica - Febbraio 2020
T OSCANA M EDICA 2 / 2020 23 testatina ricerca clin c interrompa l’assunzione della terapia entro 18 mesi dalla presa in carico. Al fine di garantire una piena aderen- za al trattamento farmacologico, sin dagli anni Sessanta sono stati messi a punto preparati depot , sommini- strabili periodicamente per via in- tramuscolare, preferibili in pazienti scarsamente complianti. Si trattava di esteri di neurolettici tipici veicola- ti da un mezzo oleoso, come aloperi- dolo decanoato, e risultavano scarsa- mente tollerati. Con l’introduzione nella pratica cli- nica degli antipsicotici di seconda generazione sono stati messi a pun- to preparati Long-Acting Injectable (LAI) di alcune di queste nuove mo- La schizofrenia è un disturbo psi- chiatrico grave a decorso cronico, caratterizzato da un significativo im- patto sul funzionamento personale e sociale di 245.000 persone solo in Italia. L’andamento è spesso caratte- rizzato da acuzie con riesacerbazione di sintomi psicotici o positivi (deli- ri, allucinazioni, disorganizzazione comportamentale e dell’eloquio), cui si possono aggiungere significative oscillazioni del tono dell’umore. Le ricadute comportano un aggrava- mento della prognosi, con progressi- vo sviluppo di resistenza alla terapia, aumento dei livelli di disabilità e de- terioramento cognitivo. La terapia di mantenimento con farmaci antipsicotici risulta impre- scindibile per ridurre la frequenza e la gravità delle ricadute, agendo soprattutto sui sintomi positivi. De- cisamente minore e indiretta appare la capacità di incidere sui sintomi ne- gativi, un insieme eterogeneo di ma- nifestazioni cliniche che spaziano dal ritiro sociale all’appiattimento affet- tivo, verso cui appare maggiormente efficace un intervento di tipo multi- dimensionale. In questo contesto, l’aderenza del pa- ziente alle cure costituisce un fattore cardine: circa l’80% dei soggetti spe- rimenta almeno una ricaduta a segui- to del primo episodio di malattia, e il rischio è cinque volte maggiore nei pazienti non trattati rispetto a quelli trattati. D’altra parte, ampi studi evi- denziano come il 74% dei pazienti Giulio D’Anna Lorenzo Tatini Medici specializzandi in Psichiatria presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi. Si occupano di pazienti in terapia long‑acting nell’attività clinica ambulatoriale. Inoltre collaborano allo studio osservazionale prospettico LAI-FE (Long-Acting Injectable on Functioning and Experience) in corso presso la S.O.D. di Psichiatria di Careggi Andrea Ballerini Dirigente Medico presso la S.O.D. di Psichiatria dell’Azienda Ospedaliero‑Universitaria Careggi Valdo Ricca Professore Ordinario di Psichiatria. Direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria (Università degli Studi di Firenze). Direttore della S.O.D. complessa di Psichiatria dell’Azienda Ospedaliero‑Universitaria Careggi Gli antipsicotici Long-Acting di seconda generazione trovano crescente spazio nella terapia di mantenimento della schizofrenia. Oltre a superare il problema dell’aderenza alle cure, sembrano offrire vantaggi in termini di esperienza soggettiva, attitudine verso la terapia e qualità della vita. In una prospettiva orientata alla recovery , tali aspetti corroborano l’opportunità del loro utilizzo. Parole chiave: schizofrenia, antipsicotici, compliance , qualità della vita, recovery Gli antipsicotici Long-Acting di seconda generazione nella terapia della schizofrenia: dal problema dell’aderenza al vissuto soggettivo del paziente di Giulio D’Anna, Lorenzo Tatini, Andrea Ballerini, Valdo Ricca
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