Toscana Medica - Gennaio 2020
1 / 2020 T OSCANA M EDICA 4 testatina l copertine di toscana medica Dal buio dell’ Inferno , alle sfumature acquerellate del Purgatorio , alla luce del Paradiso : la terza Cantica può esse- re considerata un lungo inno alla luce, in tutte le sue sfumature concrete, nella pregnanza delle sue accezioni metafo- riche, nella declinazione lessicale più attenta e raffinata. Il Dio della liturgia, sol salutis , che ri- splende sul fondo dorato della pittura e dei mosaici, illumina il Paradiso , con- cepibile proprio come la Cantica della luce, della gioia, della letizia. L’unico modo di cui Dante dispone per comu- nicare la sua straordinaria esperienza mistica e contemporaneamente per rappresentare ciò che in effetti non può essere rappresentato – il terzo re- gno – è, infatti, quello di utilizzare l’e- lemento luce, per dar forma alla sua poesia. E non a caso. Nelle civiltà antiche, la luce solare rap- presentava un elemento fondamentale dal punto di vista ambientale, influen- do in modo determinante anche in una prospettiva teologica. Secondo molte culture, l’irradiarsi della luce a partire da un punto primordiale genera l’e- stensione della materia: questo punto primordiale è posto in alto, è una fonte che diffonde da sopra e che “investe, penetra e risplende”, perché in definiti- va è il sole e/o proviene dal sole, perciò è un’influenza celeste. La luce è quindi qualcosa che appartiene alle alte sfere, è la manifestazione del divino, è insie- me mezzo e sostanza di ciò che si rivela. Dar luce è sinonimo di rigenerazione, di possibilità di salvezza: in questa pro- spettiva, torna il Fiat Lux della Genesi, che utilizza l’elemento luce sia come illuminazione/ordine, risoluzione del caos primordiale, sia come illuminazio- ne/emanazione, vibrazione della mate- ria, produzione della luce-vita. E non è un caso che da sempre la luce sia stata considerata una risorsa tera- peutica, impiegata nel trattamento di diverse patologie. L’esposizione ai rag- gi solari era prescritta dalla medicina classica e già nel II secolo d.C. il me- dico Sorano di Efeso ( Gyn . 2, 16, 1-16) forniva una delle più antiche descri- zioni del rachitismo, che Galeno im- putava, indirettamente, alla mancata esposizione alla luce solare: l’aumento dell’urbanizzazione e l’abitudine di fa- sciare completamente i neonati, infatti, avevano privato del beneficio dei raggi solari. Nel corso del tempo, l’esposizio- ne curativa alla luce solare fu compresa in un più ampio approccio naturalistico alla terapia, che poteva comprendere anche l’uso delle acque termali, di fan- ghi, di rimedi fitoterapici, per poi dif- fondersi largamente all’inizio del XIX e del XX secolo. La storia di quella che venne chiama- ta Elioterapia, in una sua accezione moderna, risale al XIX secolo, quando iniziarono a circolare alcuni testi sull’ef- ficacia dei bagni di mare e sull’impor- tanza dell’esposizione solare: nel 1817, era stato tradotto e pubblicato a Pisa il Trattato sopra i bagni di mare dell’in- glese Alexander Peter Buchan, che è considerato il primo del genere ad apparire in Italia. Il medico fiorentino Giuseppe Barellai costituì nel 1853, a Firenze, un Comitato per la realizza- zione di un centro di cura per i bam- bini affetti da scrofola, concretizzatosi a Viareggio, nel cosiddetto Palazzo delle Muse, successivamente trasformato in colonia permanente. La luce solare era l’elemento-chiave per il trattamento della tubercolosi ossea e del rachitismo. La vocazione turistica della centrale piazza Mazzini, dove si trovava l’ospizio di Barellai, determinò l’accendersi di violente critiche verso il suo operato, e i destinatari delle sue cure, “sciancati” e “gobbini”: Barellai raccolse lo scherno e definì “gobbinologia” la materia me- dica di cui si occupava e “gobbinologi” coloro che la studiavano e proponeva- no tali terapie. A queste colonie estive, negli anni del Ventennio fascista, venne affidato il compito di contribuire alla sa- lute fisica e morale degli italiani, per poi lasciare spazio all’iniziativa privata e alle prime forme di turismo di massa. Ma la luce solare poteva trovare anche altre applicazioni e, nel corso dell’Otto- cento, mentre i medici igienisti facevano appello al binomio area-aria per la co- struzione degli ospedali, la luce solare ve- niva analizzata e studiata in maniera ap- profondita. È in questo clima di sempre maggiore apertura verso l’uso dei raggi solari, che si colloca l’opera di N. Finsen, in Danimarca, che si servì della luce sola- re filtrata nel trattamento del lupus vul- gari s, seguito da altri studiosi che dettero avvio all’uso di fonti di luce artificiali nel trattamento di patologie dermatologiche. Nel 1903, Finsen fu insignito del premio Nobel, avendo dimostrato i positivi effetti a lungo termine della fototerapia. Nonostante le evidenze accumulate dai centri di ricerca in Europa, l’accettazio- ne di queste terapie non sempre è stata lineare, tanto che, nel 1905, a Firenze, Celso Pellizzari, rievocando la storia dell’Istituto Fototerapico, esprimeva il proprio stupore per la realizzazione del progetto: “ Allorché nei primi dell’anno decorso manifestammo l’idea di crea- re in Firenze un Istituto Fototerapico, poco mancò che fossimo tacciati di so- gnatori… ”. La Fotodinamica e la Foto- chemioterapia sono conquiste recenti, che confermano la vastità delle appli- cazioni terapeutiche della luce. Dall’ap- prezzamento della luce nel lontano pas- sato, alla medicina di oggi. Dall’ Inferno , “ luogo d’ogni luce muto ”, attraverso il Purgatorio , il cammino di Dante si è configurato come un iter nel segno della luce, verso “ il ciel che più della sua Luce prende ” ( Par . I, 4) e Dante così immaginerà la sede dell’Em- pireo, come la “ sfera suprema ” di luce ( Par . XXIII, 208), luogo mistico e tra- scendente, immateriale e spirituale, un non luogo dove il Bene trionfa. Per saperne di più: Dante Alighieri, La Divina Commedia , con note storico-mediche di Donatella Lippi , Fidenza: Mattioli 1885, 2009-2011 La luce del Paradiso e la medicina della luce di Donatella Lippi Donatella Lippi Professore di Storia della Medicina e Medical Humanities, Università degli Studi di Firenze
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