Toscana Medica - Giugno 2020
5/2020 T OSCANA M EDICA 26 testatina L’esperienza dell’ outbreak del COVID-19 ha rappresentato un evento epocale per il DEA, ci sia- mo trovati a fronteggiare un’emer- genza inedita e molto lontana dal vissuto di tutti noi. Le sfide con cui ci confrontavamo abitualmente erano soprattutto le patologie tempo dipendenti, ivi compresa la sepsi, ma di fatto solo in occasione dei circoscritti e fugaci focolai di meningite da meningococco ci si era trovati a fronteggiare il tema del contagio. Col COVID tutto questo è cam- biato, a un tratto l’affluenza ai nostri Pronto Soccorso si è ridot- ta a meno della metà, ma abbia- mo dovuto immediatamente rive- dere l’intero percorso di cura, dal triage all’esito. Le nuove parole d’ordine sono di- ventate: “separazione dei percor- si” e “protezione”. Il Pronto Soc- corso è l’unico luogo dell’ospedale in cui non si può individuare un settore “COVID” e uno “no-CO- VID”, dobbiamo invece organiz- zare i flussi sulla base del sospet- to, fin da prima dell’ingresso. Le tende del pre-triage montate davanti agli ospedali sono fra le immagini simbolo della trasforma- zione del Sistema Sanitario Na- zionale al tempo del Coronavirus, ma le novità continuano all’interno del Pronto Soccorso, dove si sono individuati percorsi per i sospetti COVID, all’interno dei quali si ese- guono la stabilizzazione clinica e i primi esami e i professionisti sono costretti a rimanere vestiti con ele- vati standard di protezione. Accanto a questi si sono individuati i percorsi a basso indice di sospet- to, dove comunque gli operatori e operatori sanitari e come comuni- tà, dovremo riflettere. Alla fine di questa prima fase pos- so dire che i medici, gli infermieri e gli OSS dei nostri DEA ce l’han- no fatta, hanno svolto un lavoro eccellente, di cui sono orgoglioso. Come lo sono del personale sani- tario e volontario del 118 e degli operatori delle Terapie Intensive, settori dei quali in questa rasse- gna parlano altri colleghi, ma che da responsabile del Dipartimento voglio ringraziare per lo splendido lavoro svolto. Per il futuro credo che in Pron- to Soccorso dovremo introdurre i temi del distanziamento e dello screening COVID come temi di fondo, intorno ai quali ripensare il DEA, almeno finché non avre- mo acquisito un livello di immu- nità (naturale o vaccinale) che ci metta al sicuro. In altre parole il DEA dovrà ga- rantire il trattamento immedia- to dei pazienti che afferiscono ai percorsi tempo dipendenti e smal- tire in maniera congrua la patolo- gia urgente medico-chirurgica e traumatologica di minore impatto come ha sempre fatto, ma da ora in poi dovrà fare tutto questo in sicurezza per quel che riguarda il rischio del contagio. È evidente che dovranno rimane- COVID-19: esperienze e riflessioni dall’Area dell’Emergenza Ospedaliera di Simone Magazzini Simone Magazzini Nato a Firenze il 14/6/1964, laureato in Medicina e Chirurgia a Firenze nel 1990, Specialista in Medicina Interna. Ha lavorato presso il 118 di Firenze dal 1992 al 1998. Fino all’ottobre 2010 ha lavorato presso il DEA di Careggi. Dal 2010 è Direttore del DEA di Prato. Attualmente Direttore del Dipartimento di Emergenza e Area Critica della USL Toscana Centro gli utenti indossano le protezioni previste e dove non raramente si procede comunque allo screening per il Coronavirus. In questi settori “puliti” gli standard di sicurezza, in particolare il distanziamento degli utenti e la protezione degli operatori, devono essere mantenuti con attenzione anche maggiore, perché non raramente abbiamo trovato pazienti positivi fra coloro che si presentano in Pronto Soccorso per motivi che al triage erano apparsi del tutto diversi (fratture di femore per caduta accidentale, deterioramento cognitivo nell’anziano, episodi presincopali, cefalee). In questo periodo l’ambiente del Pronto Soccorso, da frenetico che era, è diventato quasi ovattato, la minore concentrazione di utenti ha determinato un silenzio a trat- ti surreale, i ritmi e i movimenti stessi degli operatori sono apparsi quasi rallentati dall’ingombro delle protezioni, dalle cautele necessa- rie, dalle continue interruzioni per sanificare i percorsi e gli strumenti. In questo silenzio così poco abi- tuale, la fatica, la tensione e lo stress sono stati altissimi, fin da subito, ma gli operatori hanno retto ed hanno svolto un grande lavoro, diciamolo subito. I contatti con i familiari dei pa- zienti sono diventati esclusiva- mente telefonici. Ciò nonostante i rapporti con l’utenza sono stati cortesi, le quasi quotidiane ag- gressioni al personale sanitario dei Pronto Soccorso sono apparse lon- tane, uno sgradevole ricordo, anzi, a volte sono state sostituite da vas- soi di pizze e messaggi di incorag- giamento. Anche su questo, come
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