Toscana Medica - Giugno 2020

T OSCANA M EDICA 5 / 2020 35 testatina Sono tante le storie di vita e profes- sionali degli infermieri impegnati in prima linea sul fronte dell’emergen- za Coronavirus. Dalla paura di con- tagiare i propri familiari al desiderio di salvare più vite possibili, fino alle spiegazioni e rassicurazioni da dare ai pazienti. Alcune di queste storie sono state raccolte grazie al Progetto Intensiva 2.0, che ha creato l’iniziativa “Scriviamo la storia”. Il progetto punta a condividere pensieri ed emozioni degli operatori sanitari, creando al contempo un archivio di testimonianze. Le varie testimonianze sono consultabili sul sito https://vissuto.intensiva.it . Come quella di una giovane infermie- ra in servizio in Toscana da poco più di tre mesi. “Ho avuto la grande fortuna di ini- ziare a lavorare dopo pochi giorni dalla mia laurea in ospedale, prima in un reparto di chirurgia d’urgenza poi in medicina interna – racconta –. Al mondo del lavoro non ti prepara nessuno, soprattutto al forte impatto emotivo che affronterai nell’essere tu il ‘responsabile’. Ma col tempo ti abi- tui, impari a prendere le misure”. La sua esperienza lavorativa, appena iniziata, viene travolta bruscamente a fine febbraio dall’emergenza CO- VID-19. “Fino a poco tempo prima ne sentivamo parlare ai telegiorna- li e continuavamo a vedere quelle immagini spettrali delle città cinesi semi deserte e di quei colleghi con i visi stanchi, segnati dalle mascherine, pensi ai tuoi pazienti, a quelli che forse non ce la faranno, a quelli che ti chiedono di figli e nipoti, a quelli che ti dicono ‘mi sento solo, non mi cerca nessuno’, e tu provi a spiegare loro che l’assenza dei parenti in reparto è pensata per la loro incolumità, provi a spiegare che i parenti sono infor- mati sempre su tutto grazie ai nostri medici, ma non è facile, perché esse- re paziente ti aliena, essere paziente nei reparti ‘bolla’ non ti permette di capire cosa succede fuori da quella stanza. Vedi i tuoi compagni di stan- za, con la tua stessa patologia, magari intubati proprio accanto a te, li vedi respirare male o andar via perché stanno meglio”. Un racconto forte che comunque la- scia spazio alla speranza. “Non è facile, ma mai come adesso dobbiamo continuare a essere forti e professionali. Questa, per me giovane infermiera, per noi, è un’esperienza che ci segnerà per sempre. Ne uscire- mo più forti di prima, con qualche cica- trice in più nel cuore, ma ne usciremo. E – conclude – mai come oggi posso dire che, nonostante la paura, il mio re- sta il lavoro più bello del mondo”. lisa@etaoin.it COVID-19: esperienza dall’ospedale. “Abbiamo gli stessi visi segnati dei colleghi cinesi”. La riflessione di un’infermiera dal cuore dell’emergenza di Lisa Ciardi Lisa Ciardi Giornalista professionista, lavora dal 2000 per il quotidiano “La Nazione”, dopo aver collaborato con varie altre testate (“Metropoli”, “Corriere di Firenze”, “Mak Adnkronos”). Cura l’ufficio stampa di “Opi Firenze-Pistoia” e “Infermierinews.it” . Dirige infine la rivista “Edera - La cultura cresce ovunque”. Ha scritto vari libri dedicati alla storia locale e al territorio toscano, oltre a una raccolta di fiabe e filastrocche era tutto un po’ surreale e sembrava quasi impossibile che potesse arriva- re fino a noi – prosegue –. E invece eccolo lì, con tutta la sua virulenza è arrivato. Anche noi, come i colleghi al Nord, in 24 ore ci siamo dovuti adat- tare e convertire in un vero e proprio reparto di malattie infettive, abbiamo dovuto imparare a vestirci e svestirci con quelle tute così comode che pre- sto sono finite”. Sono molti anche i suoi interrogativi, come quelli di tanti altri infermieri impegnati sul campo. “Basteranno i dispositivi a proteggerci? E se di- ventassi io il vettore di trasmissione? Il sentimento che fin da subito ci ha accomunati è stato l’istinto di prote- zione verso i propri cari – scrive l’in- fermiera –. Ma l’ansia si può tagliare col coltello: quando entri a lavorare percepisci la paura negli occhi dei colleghi, cerchi di sdrammatizzare e di smorzare le situazioni, ma non è sempre facile. Siamo professionisti, è vero, ma siamo anche persone, e la paura credo sia un sentimento più che lecito. Anche noi adesso abbiamo gli stessi visi dei colleghi cinesi, segnati dopo ore dentro quelle mascherine e visiere, che si spera ci proteggano. Le insicurezze di chi lavora da poco più di tre mesi, come me, vengono fuori moltiplicate all’ennesima poten- za – continua –, perché a questo giro credo che nessuno ci possa preparare a tanto”. Parole cariche di emozione quelle dell’infermiera. “E allora a casa ri-

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