Toscana Medica - Ottobre 2020

8/2020 T OSCANA M EDICA 20 testatina quali à e professione della struttura in termini di control- lo delle uscite). Sarebbe quanto mai opportuno, quindi, che le strutture, a supporto delle decisioni del medico, si dotassero di protocolli di gestione di simili situazioni. La responsabilità penale: • è personale (art. 27 della Costitu- zione) e nessuno può essere puni- to per un fatto che non dipende da una propria azione oppure omissio- ne (art. 40, c. 1 del Codice penale); • non è mai di tipo oggettivo (cioè il verificarsi dell’evento dannoso non prova di per sé l’esistenza di un comportamento illecito), ma richiede – sul versante soggettivo, dell’“agente” (così si esprime il Co- dice) – di accertare, tramite tre se- parate valutazioni, se il fatto fosse: - prevedibile , secondo criteri scienti- fici e/o di esperienza (prevedibilità); - prevenibile , se cioè fossero co- noscibili al medico (con maggio- re rigore, se specialista) metodi applicabili al caso che potessero evitare il fatto dannoso o almeno limitarne le conseguenze avverse (prevenibilità); - evitabile , se cioè – in concreto, nella storicità dei fatti – il medico potesse (ad esempio con particola- ri misure o l’esecuzione di esami) evitare l’evento (evitabilità). L’ef- fetto collaterale dannoso di una te- rapia farmacologica può in questo senso risultare evitabile o meno, valutandone pro e contro. I giudizi di cui sopra vanno operati nella prospettiva di chi agiva in quel momento, cioè ex ante : diversamen- te (valutazione ex post ), si ricadrebbe in una presunzione di colpa e questo è un errore che talora si può coglie- re in alcune sentenze, soprattutto della giurisprudenza più datata. La responsabilità, infatti, si dà solo se il fatto fosse stato prevedibile, preve- nibile ed evitabile; né la finalità, pur lodevole, di garantire la massima tu- tela al bene della salute del paziente può vincere le imprescindibili regole di civiltà giuridica. L’affidamento di una persona inca- pace di autotutela alle cure di una struttura sanitaria o socio-sanitaria comporta a carico di più soggetti, listi). Il problema si pone anche per il paziente con deficit cognitivi o pa- tologie acute che possono presentar- si in altri contesti assistenziali com- promettendo l’autonoma capacità di giudizio e/o di provvedere a sé del soggetto: la cronaca si occupa non di rado, ad esempio, di pazienti che si allontanano da una struttura “volon- tariamente” (cura, cioè, volontaria e non TSO), con il conseguente coin- volgimento del personale in indagini volte a verificare la presenza di even- tuali responsabilità per omessa vigi- lanza. In queste situazioni il criterio è la dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto (Cass. IV Sez. Pen., n. 36399/2013). Di contro, la stessa Cassazione ha riconosciuto che an- che in una struttura ospedaliera è impossibile “ scongiurare in termini di certezza il suicidio ” (IV Sez. Pen., n. 16975/15). Da qui si riconferma anche l’impor- tanza di una compilazione attenta e argomentata della cartella clinica, dove siano annotati l’evoluzione del caso e “tutti” gli atti medici relativi. Nel caso di comportamenti lesivi agiti dal paziente verso terzi, l’operatore sanitario potrebbe essere chiamato a rispondere per cooperazione colposa nel reato (art. 113 del Codice penale). È in ogni caso evidente il complesso bilanciamento di diritti e doveri che nella pratica grava, caso per caso, “in quel momento su quello psichia- tra per quel paziente”, momento di urgenza nel quale, oltretutto, non è data la serenità di riflessione poi con- cessa ex post al giurista. La condizione di ricovero (in regime di urgenza, e a maggior ragione di TSO; ma si pensi anche alle strutture riabilitative) comporta un particolare grado di affidamento del paziente alle cure della struttura e – all’interno di questa – dei professionisti. Risulta evidente l’importanza delle temati- che organizzative che possono condi- zionare in modo decisivo il compor- tamento del medico. Oggi, molto più che in passato, questo aspetto viene preso in considerazione dal diritto penale in ambito sanitario (ad esem- pio l’effettiva possibilità di vigilanza da parte del personale e la sicurezza • monitoraggio della terapia farma- cologica, con particolare riferimen- to agli effetti collaterali; • comportamenti lesivi verso terzi. Per quanto riguarda la contenzio- ne, la sua omissione è stata consi- derata colpevole quando sia stata necessaria come extrema ratio in caso di pericolo grave e immedia- to (Cass. V Sez. Pen., n. 28704/15; IV Sez. Pen., n. 11136/15): se il ri- schio di un procedimento penale non deve rappresentare un incen- tivo all’applicazione, dall’altro lato questa misura – appunto in casi particolari – deve essere presa in considerazione a tutela del pazien- te. Una recentissima sentenza (Cass. V Sez Pen., n. 50947/18), su cui c’è la necessità di ritornare, ha però stabi- lito che la contenzione non è da con- siderarsi atto terapeutico, in quanto sprovvista di “ finalità curativa, né essa produce materialmente l’effetto di migliorare le condizioni di salute del paziente ”; diversamente dal TSO, ha dunque finalità esclusivamente cautelare e può trovare giustificazio- ne solo in uno stato di necessità, per definizione di durata limitata (art. 54 del Codice penale: “ Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di sal- vare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, perico- lo da lui non volontariamente cau- sato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al peri- colo ”). La Suprema Corte ha ritenu- to sussistente il reato di sequestro di persona (art. 605 del Codice penale); e questa lettura attrae anche la con- seguenza di leggere la condotta del medico non a titolo di colpa, come parrebbe ragionevole, ma di dolo (sia pure generico). Per il rischio di condotte autolesive, più sentenze richiamano la necessità di considerare sempre un bilancia- mento di diritti e interessi, tra cui prima di tutto risulta rilevante la li- bertà del paziente ad autodetermi- narsi: tuttavia questa può risultare, al momento, compromessa dalla pato- logia e qui si innesta la responsabilità del curante (psichiatra, ma il tema è d’interesse anche per altri specia-

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