Toscana Medica - Ottobre 2020
T OSCANA M EDICA 8 / 2020 5 testatina le copertine di toscana med c Come accennato nello scorso con- tributo, uno dei servizi più antichi della Confraternita della Mise- ricordia di Firenze consiste nel soccorso sanitario. Tanto esso è ra- dicato che al passare di un’ambu- lanza i fiorentini usano dire “passa la Misericordia”. Ogni servizio, una volta espletato, viene descritto scrupolosamente in un apposito registro, un tempo car- taceo, oggi informatico. In genere le informazioni riportate riguardano l’andamento dell’intero intervento di soccorso: data, ora e luogo dell’accadimento, le genera- lità del ferito o defunto (quando possibile), una prima descrizione del sinistro, il luogo di destinazio- ne. In tempi passati, in alcuni casi, a queste informazioni operative venivano aggiunti altri dettagli di tipo più prettamente cronachisti- co, specialmente se durante il tra- sporto era avvenuto un evento fuori dall’ordinario. Questo, ad esempio, il caso di un servizio del 25 marzo 1824, quando i fratelli erano stati chiamati a soc- correre “Del Granchio Caterina di S. Martino a Soffiano, di anni 70, caduta dalle case nove sul Prato nel popolo Santa Lucia mediante un colpo d’accidente. Avvisata la no- stra Compagnia si portò a prender- la. Mentre i fratelli la portavano al cataletto, si accostò un certo Ange- lo Stoffi che per forza voleva vedere la malata. Ed essendogli caduta sul pastrano una favilla [scintilla] della torcia [fiaccola] portata dai fratelli, lo Stoffi si scagliò contro i fratelli, caricandoli di ingiurie e parole of- fensive e giunse perfino a minaccia- re il fratello che teneva la torcia con dirgli che, se non aveva la veste in- dosso, lo avrebbe cazzottato a mor- te [!]. Ma nessuno dei fratelli fece alcun moto, né rispose alle villanie che venivano scagliate da questo cattivo soggetto. Fattosi rapporto al nostro Provveditore, il medesi- mo fece ricorso al commissario di S. Maria Novella il quale, avendo fatto un breve processo camerale, fece arrestare il detto Angelo Stoffi e lo fece mettere in prigione.” La serie dei Registri di caso è, quindi, un utilissimo strumento per la ricostruzione delle dinamiche di soccorso nei secoli effettuate prin- cipalmente da volontari, spesso af- fiancati dal personale dipendente specializzato (autisti, soccorritori professionisti). In qualche caso, tuttavia, nei Regi- stri troviamo anche la descrizione dell’operato di medici chiamati sul luogo dagli stessi soccorritori, una sorta di “servizio di primo soccorso medicalizzato” ante litteram . Questo il caso di un servizio del 16 novembre 1779 quando, alle due del pomeriggio, i fratelli della Mi- sericordia vengono chiamati a soc- correre “Maria Ferri del popolo di S. Lucia sul Prato di anni 23 essen- do ammalata e gravida di sei mesi (…). Arrivati alla sua casa fu trovata la medesima che sedeva sopra il let- to e disse poter venire da sé stessa fino al cataletto, come fece, soste- nuta però da due nostri.” I “catalet- ti” usati in quel tempo erano delle barelle lignee portate “a mano” o “a spalla” e corredate da una strut- tura a forma di arco che, all’occa- sione, poteva essere coperta da un incerato per proteggere o celare il trasportato. I volontari in servizio, lo ricordiamo, indossavano delle ve- sti nere dotate di una “buffa”, una sorta di cappuccio calato sul volto con due fori all’altezza degli occhi; questo per garantire l’anonimato dei “fratelli”, che diventavano così disinteressati “strumenti della mi- sericordia dell’Altissimo”. La Ferri, giunta al cataletto, “si mise a sede- re nel medesimo; appena distesa disse: ‘mi alzino poiché mi sento affogare’. Fu allora subito dai no- stri sollevata e, credendo poter star meglio, chiese dei guanciali. Gli furono portati e messi sotto le reni ma rinnuovò l’istanza chiedendo di essere di nuovo sollevata, come fu fatto. Ed a lì a tre minuti cominciò a gridare dicendo ‘mi sento morire’ e chiedendo con grande premura il curato. Sostenuta adunque e aiu- tata con tutto il calore ed impegno possibile dai nostri, sopraggiunse in quell’istante un grande affanno con tosse; e dopo aver fatto tre o quattro spurghi sanguigni, passò all’eterni- tà, con essergli stata data l’assolu- zione e fatta la raccomandazione dell’anima dal rev. padre sacerdo- te Giuseppe Picchi, uno dei capo di guardia, quale era andato a fare la carità. Furono subito dal detto capo di guardia spedite persone per cercare un professore (…). Dopo “Mi sento morire!”: medici in soccorso dei “casi” di Barbara Maria Affolter Barbara Maria Affolter Laureata in Archivistica all’Università degli Studi di Firenze, lavora da anni su incarico della Soprintendenza archivistica e bibliografica della Toscana; attualmente cura l’Archivio storico della Venerabile Arciconfraternita della Misericordia di Firenze.
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