Toscana Medica - Aprile-Maggio 2021
4/2021 T OSCANA M EDICA 10 testatina quali à e professione minata-uomo, rimane a oggi l’incertez- za sulla dose infettiva, cioè sulla dose virale minima necessaria a scatenare l’infezione e la malattia. Questa dose varia da individuo a individuo e di- pende da fattori quali età, sesso, stato di salute, stato del sistema immune. Recentemente sono stati condotti stu- di con il campionamento dell’aria da parte delle persone quando parlano, respirano, tossiscono e starnutiscono, valutando la presenza di virus con me- todi quantitativi basati sul sequenzia- mento, associato poi a test sulla capa- cità infettiva del virus, condotti sia su culture cellulari che, idealmente, su un modello animale. I risultati di questi studi hanno evidenziato come in me- dia la distanza di un metro e mezzo sia sufficiente per garantire una sicurezza dal contagio, all’aperto. La cosa cambia se si considerano ambienti chiusi, treni o altri mez- zi di trasporto. La permanenza di più di 15 minuti in un ambiente chiuso dove si concentrano po- tenziali malati ha dimostrato una trasmissione attraverso aerosol di dimensioni tali che le semplici mascherine chirurgiche non pos- sono offrire una reale protezione. È oggi chiaro che gli ambienti a rischio sono gli ambienti interni, gli spazi ri- stretti, come i bagni, gli ascensori o le stanze piccole, con sistemi di areazione che ricircolano l’aria in ambienti chiu- si, dove per proteggersi è necessario avere mascherine FP2. Clima e inquinamento possono avere un ruolo nella trasmissione del virus? Studi di epidemiologia, statistica e meteorologia hanno evidenziato una impressionante similitudine delle con- dizioni meteo aWuhan e nella valle del Po nel momento di inizio dell’epide- mia, suggerendo un ruolo del partico- lato nel trasporto del virus nel momen- to di diffusione dell’infezione. Ormai sono molti gli studi che mostrano come batteri e funghi possano muoversi an- che su lunghissime distanze e rimanere vivi per lunghi periodi di tempo. Nulla è noto, invece, relativamente ai coro- navirus, ma certamente la cosa merita di essere investigata. Per ora questi studi sono correlazioni che non prova- no meccanismi e causalità, ma potreb- bero essere più di semplici suggestioni e meritano approfondimenti accurati prima di escludere un ruolo del clima sulla diffusione della malattia. Anche le polveri sottili giocano molto proba- bilmente un ruolo importante nella trasmissione del virus. L’inquinamento dell’aria e i conseguenti danni ai pol- moni e alle vie respiratorie rendono più suscettibili le persone al virus. La teoria dell’evoluzione e i virus: possiamo usare Darwin per capire le dinamiche della pandemia? Studi recenti indicano come il virus sia in costante evoluzione durante lo svilupparsi dell’epidemia. Quindi diventa cruciale comprendere dove si diriga questa evoluzione, che – se Darwin ha ragione – dovrebbe favo- rire l’evoluzione di ceppi attenuati, meno virulenti (altrimenti, se diventa troppo aggressivo, il virus rischia di non avere più organismi-contenitori in cui duplicarsi). Per capire quello che accade e prevedere quali pro- teine del virus sono i migliori target per i vaccini è necessario sequenziare un grandissimo numero di ceppi da diverse regioni del mondo, sia in pa- zienti asintomatici che in malati gravi. I virus a RNA hanno un tasso di muta- zione più elevato dei virus a DNA, ma la presenza di una funzione di corre- zione di bozze nel genoma dei corona- virus aveva fatto supporre una replica- zione virale più fedele e una maggiore stabilità, per cui il tasso di mutazione veniva stimato a 9,8 × 10 −4 sostituzioni per sito per anno. Per questo inizialmente la comuni- cazione al pubblico insisteva sul fatto che il virus non fosse mutato e fino ad alcuni mesi fa molti epidemiolo- gi e immunologi sostenevano che il virus fosse stabile e che le mutazioni dell’RNA di SARS-CoV-2 non aves- sero effetti sostanziali sulla sua diffu- sione e pericolosità. Oggi sappiamo che non è così: la diffusione pandemica del virus vede profonde alterazioni nella patogene- si, nella virulenza e/o nella trasmissi- bilità del virus. Il virus è in rapida evoluzione e quello che preoccupa delle nuove varianti è la possibilità che diventino più diffu- sibili, aumentando l’indice di contagio Rt, ma anche meno sensibili a strategie vaccinali, oltre che più virulente. In realtà il virus accumula mutazioni man mano che si trasmette da un pa- ziente a un altro e quantomaggiore è il numero di pazienti, tanto maggiore è il numero di mutazioni che ven- gono esposte a selezione natura- le. L’analisi di circa 10.000 geno- mi dei virus isolati nella prima ondata dell’infezione ( https:// www.gisaid.org ) ha evidenziato almeno 5.000 mutazioni emer- se indipendentemente, di cui l’80% non sinonime, ossia fonte di cambiamenti nelle proteine virali. Inoltre, 400 di queste era- no in omoplasia: in altre parole il virus si starebbe adattando all’uomo. Infi- ne, circa 185 mutazioni erano emerse indipendentemente almeno 3 volte (omeoplastiche ricorrenti). Almeno 8 di queste mutazioni si rive- lano soggette a selezione per il fatto di avere un tasso di sostituzioni non sinonime (DN/DS) statisticamente si- gnificativo. Il tasso di sostituzioni non sinonime è un indice di presenza di se- lezione naturale, cioè segnala un accu- mulo di mutazioni non spiegabile con fluttuazioni casuali, ma risultato di un vantaggio selettivo. Uno degli hotspot di mutazioni è nella regione della spike chiamata D614G e vi trae origine il ceppo chiamato SARS- CoV-2 S. Questa mutazione emersa da qualche parte fra la Germania e la Lombardia a marzo 2020 è divenuta il modello da cui si sta evolvendo la for- ma più diffusa a livello globale. I pa- zienti infettati con la variante D614G sono associati a cariche virali del tratto respiratorio superiore più elevate ri- spetto a quelle osservate con il ceppo “Questo libro (Il Saggiatore) se ne sta su conclusioni naturali trattate con astronomiche e geometriche dimostrazioni, fondate prima sopra sensate esperienze e accuratissime osservazioni” Galileo Galilei, Lettera a Cristina Di Lorena
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