Toscana Medica - Aprile-Maggio 2021
4/2021 T OSCANA M EDICA 22 testatina quali à e professione di elevato rischio tromboemboli- co, intrinseci al ricovero (ridotta mobilità, malattia infettiva, even- tuale insufficienza respiratoria) ed estrinseci (età ≥ 65 anni, indice di massa corporea > 30, precedente tromboembolismo venoso, neo- plasia in atto, trombofilia severa congenita o acquisita, ventilazio- ne meccanica a pressione positiva continua con casco con “bretelle ascellari”, presenza di cateteri ve- nosi centrali, fumo, recente inter- vento chirurgico, terapia estroge- nica, malattie polmonari croniche o cardiovascolari, gravidanza), sempre che non siano presenti controindicazioni. Tutto ciò se vi è basso rischio emorragico, con conta piastrinica > 50 x 10 9 /L per il dosaggio intermedio e > 25 per dosaggio profilattico, in assenza di sanguinamenti in atto o condi- zioni pro-emorragiche da vagliare scrupolosamente prima di intra- prendere la terapia anticoagulan- te. Nel paziente ad alto rischio di sanguinamento ( improve bleeding score > 7) viene suggerita la pro- filassi meccanica mediante com- pressione pneumatica intermit- tente o, se non disponibile, calze elasto-compressive. Si consiglia di mantenere la pro- filassi per l’intera degenza e pro- seguirla per 7-14 giorni in caso di fattori di rischio di tromboemboli- smo venoso preesistenti e/o persi- stenti. AIFA non raccomanda l’uso routinario delle eparine a basso peso molecolare nei soggetti non ospedalizzati e non allettati a causa dell’episodio infettivo, non esisten- do evidenze di un beneficio clinico in tale setting . Le principali linee guida internazionali non propongo- no la tromboprofilassi nel paziente extraospedaliero, paucisintomatico, senza polmonite e che non necessi- ta di ossigenoterapia. Plasma iperimmune Così come accaduto per SARS, MERS e Influenza H1N1, il pla- sma umano prelevato da soggetti convalescenti potrebbe rappre- sentare un’opzione rapidamen- te disponibile per la prevenzio- ne e il trattamento della malattia da SARS-CoV-2, in presenza di un numero sufficiente di perso- ne guarite disponibili a donare il plasma. Il plasma inattivato, e con una concentrazione di anticorpi neutralizzati sufficienti, potrebbe favorire, nei primi giorni dell’infe- zione, in corrispondenza del picco di carica virale e in assenza di una risposta immune primaria natura- le, una più rapida guarigione viro- logica e un miglioramento clinico, rappresentando un’immunizzazio- ne passiva. Non vi è però evidenza di quale sia il titolo anticorpale minimo neces- sario per definire il plasma “ipe- rimmune” (probabilmente un tito- lo ≥ 1:160) né se vi sia correlazione tra il titolo anticorpale determinato con un comune test sierologico e quello determinato attraverso i test di neutralizzazione virale, né quale sia il timing ottimale della sommi- nistrazione (probabilmente in fase precoce, possibilmente entro le 72 ore dall’infezione). Il plasma dovrebbe avere un tito- lo neutralizzante elevato e questo sarebbe garantito da pazienti che hanno avuto malattia moderata o grave e dopo 28 giorni dall’insor- genza dei sintomi e comunque non dopo 3 mesi. La FDA ha approva- to l’uso del plasma convalescente per i pazienti affetti da COVID-19 con grave insufficienza respirato- ria, ma da allora non vi sono stati trial clinici randomizzati conclusivi che ne abbiano dimostrato l’effica- cia in termini sia di mortalità che di beneficio clinico ma solo studi retrospettivi e case report . Per tale motivo, pur in presenza di ottima tollerabilità, tale strategia dovreb- be essere utilizzata solo all’interno di trial clinici. I reparti di Malattie Infettive del- la Toscana, in collaborazione con le Medicine COVID, hanno aderito al protocollo TSUNAMI ( TranSfU- sion of coNvalescent plAsma for the early treatment of pneuMonIa due to SARS-CoV-2 ), che a oggi ha con- cluso gli arruolamenti ed è in atte- sa della valutazione dei risultati da parte dell’ISS. Al di fuori dei protocolli, in Italia, il plasma iperimmune può essere somministrato, in accordo con il Servizio Trasfusionale e con l’ap- provazione del Comitato Etico, solo a uso compassionevole, in base al giudizio clinico anche in pazienti con grave insufficienza respiratoria. Anticorpi monoclonali Sugli anticorpi monoclonali (MAb, Monoclonal AntiBody ) sono ripo- ste molte aspettative ma è consi- gliabile essere prudenti per non incorrere in delusioni. Questi far- maci svolgono un’attività singolare contro un bersaglio predetermina- to; differiscono quindi dal plasma convalescente, che si avvale di an- ticorpi policlonali sierici derivati da pazienti convalescenti. Gli an- ticorpi monoclonali sono già stati sviluppati per il trattamento e la profilassi di altre infezioni virali, come HIV, influenza, RSV, MERS- CoV, Ebola e il virus Zika. Di que- sti, solo gli anticorpi monoclonali diretti contro l’RSV e l’Ebola si sono dimostrati efficaci negli studi sull’uomo (solo i primi però han- no ottenuto l’approvazione della FDA). Quelli in fase di sviluppo per SARS-CoV-2 prendono di mira la proteina spike , che il virus uti- lizza per entrare nelle cellule ospi- ti (Figura 2). I prodotti più avanzati negli studi clinici sono di Eli Lilly e Rege- neron. Eli Lilly comprende due anticorpi monoclonali, bamlanivi- mab ed etesevimab, diretti contro la proteina spike SARS-CoV-2 e il suo dominio di legame al recetto- re; l’altro comprende casirivimab e imdevimab, che si legano a siti diversi della stessa proteina. La FDA ha autorizzato l’uso di emer- genza sia per bamlanivimab che per la combinazione di casirivimab e imdevimab in pazienti ambulato- riali con COVID-19 da lieve a mo- derato, ad alto rischio di malattia grave, in base all’analisi ad interim di due studi di fase 2 che hanno
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