Toscana Medica - Aprile-Maggio 2021
4 / 2021 T OSCANA M EDICA 4 testatina edi or ale fabbisogni specialistici del decennio passato hanno determinato scadenti condizioni di lavoro, che mettono a rischio la qualità e la sicurezza delle cure erogate nelle strutture ospeda- liere e nei servizi territoriali. A que- sto si aggiungono l’eccesso dei carichi di lavoro, legato a una carenza nu- merica persistente nonostante le recenti assunzioni (peraltro limitate e tutte in forme pre- carie), la rischiosità del lavoro, sotto il profilo sia biologico che medico-legale, e la sua cattiva organizzazione e, non ultimo, lo scarso coinvolgimento dei me- dici nelle decisioni che li riguar- dano. Tutte motivazioni riporta- te molte volte dai professionisti, anche nella survey ANAAO. I medici ospedalieri si sentono schiacciati da una macchina che esige troppo e che non li ascolta, svalutati e frustrati da un’orga- nizzazione del lavoro che non sembra avere tra le priorità i loro bi- sogni e le loro necessità, sia come la- voratori sia come persone. Ma questo fenomeno non accade più soltanto in Italia: anche in Inghilterra, in Svezia e ora in Germania i medi- ci lasciano sempre più gli ospedali. sapere sono preziosi per le nuove ge- nerazioni di medici e contribuiscono tutti i giorni, in modo sostanziale, a curare le persone malate. I nostri ospedali sono pieni di medi- ci come Matteo e Cinzia. Ma allora perché alcuni vogliono abbandonare gli ospedali? Perché allontanarsi dal luogo che li spinge a diventare me- dici? I motivi sono diversi. Cerchere- mo di analizzarne qualcuno. Le radici affondano sicuramente nella fallimentare programmazio- ne universitaria specialistica. I tagli pregressi e le imponenti carenze dei Durante la pandemia da SARS-CoV-2 l’antica sofferenza dei medici ospeda- lieri per i carichi di lavoro e le sempre maggiori richieste assistenziali è di- ventata insostenibile. Secondo lo studio ANAAO-ASSO- MED, la stragrande maggioranza degli ospedalieri (75%) ritiene che il proprio lavoro non sia valorizza- to a dovere. E questo indipenden- temente dalla pandemia. Sempre secondo lo stesso studio, più del- la metà dei medici ospedalieri sta pensando di abbandonare l’ospeda- le nei prossimi due anni. Matteo è un giovane medico iscritto al IV anno della scuola di specializza- zione in Nefrologia. Frequenta da sei mesi il reparto di Dialisi, che è stato profondamente modificato dal- la pandemia in corso. Gli viene offerta la possibilità di un “con- tratto COVID” della durata di 12 mesi per curare i malati. Lui non ci pensa due volte e accet- ta. È un bravissimo medico, en- tusiasta del suo lavoro, lo ama profondamente e pensa che sia l’occasione giusta per sentirsi utile mettendosi al servizio di chi in questo momento ha più bisogno. La sera torna a casa sfinito ma non si lamenta mai, neanche quando è costretto a fare turni di 16 ore. Cinzia è un medico di 60 anni. Lavora in Medicina Interna con una specializzazione alle spalle in Pneu- mologia. Anche lei ama il suo lavoro, lo svolge da sempre con passione e non ha esitato a rimettersi in gioco buttandosi a capofitto nell’inferno COVID. La sua esperienza e il suo Toscana Medica dedica due numeri all’ambizioso progetto di individuare, con uno sguardo d’insieme, i moltepli- ci e complessi problemi sollevati dalla pandemia da COVID-19. Questioni scientifiche, sociali, politiche, econo- miche e professionali: tutti siamo par- tecipi di un evento immane, una prova sociale e scientifica che rimarrà nella storia. Avremo raggiunto lo scopo se, al termine di questo excursus, i colle- ghi avranno potuto riflettere più con- sapevolmente sui profondi e inarresta- bili cambiamenti che la pandemia ha portato e porterà alla professione, tra innovazioni tecnologiche e trasforma- zioni sociali. Una sfida tra speranze nella scienza e timori per il futuro che investe il ruolo dei medici oggi. Antonio Panti COVID-19 e la fuga dei medici dagli ospedali di Pietro Claudio Dattolo, Chiara Somma “Che il bacillo della Peste non muore né scompare mai, che può restare per decine d’anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere, nelle cantine, nelle valigie, nei fazzoletti e nelle cartacce e che forse verrebbe un giorno in cui, sventura e insegnamento agli uomini, la Peste avrebbe svegliato i suoi sorci per mandarli a morire in una città felice” Albert Camus, La Peste Pietro Claudio Dattolo Presidente OMCeO Firenze Chiara Somma Nefrologa, Firenze
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