Toscana Medica - Novembre-Dicembre 2021
8/2021 T OSCANA M EDICA 6 testatina l copertine di toscana medica protagonista nuova autoconsiderazio- ne: nuovi orizzonti gli si aprono da- vanti e, forse, in questo momento di incisiva riconsiderazione delle prassi mediche e terapeutiche, di moder- nizzazione di strutture, di ambienti, di conoscenza e di interrelazione con altre discipline, ecco che compare il camice bianco. Un “nuovo” emble- ma per un “nuovo” medico che, pur non ricusando il passato, è, proiettato all’affermazione di una assai più am- pia ed esaustiva disciplina medica. È il mondo statunitense a dover essere indicato quale probabile padre del ca- mice bianco. Ed è un artista cileno di formazione francese ma legato all’am- biente dell’università della Pennsyl- vania di Filadelphia, Thomas Eakins (1844-1916), a fissare la cronologia in cui dovette avvenire la modifica, al- meno in sala operatoria, dell’abbiglia- mento del medico perché l’adozione del camice bianco nell’ambulatorio sarà evento più lento e più soggettivo. Nel 1875, Eakins dipinge The Clinic of Dr. Gross , in cui il medico è ri- tratto indossando l’usuale redingote nera ma, nel 1889, con The Agnew Clinic , ecco la “trasformazione”: non solo il Dr. Haies Agnew ma tutti i suoi assistenti vestono il camice bianco (Figura 3). Da questo rinnovamento esteriore – che, tuttavia, radica in una ben più incisiva riorganizzazione pro- fessionale – non rimane esclusa l’Eu- ropa. Nel 1890, Adalbert Franz Selig- mann (1862-1945) dipinge il quadro Theodor Billroth operating , dove l’illustre medico viene raffigurato in una sala operatoria dell’ Allgemeine Krankenhaus di Vienna con indosso un vistoso grembiule allacciato sopra un camice bianco. Nel corso del Novecento, questa ve- ste si avvia a divenire indiscussa divisa del medico che, a differenza degli abi- ti che lo hanno preceduto, non sarà, dunque, solo simbolo di una appar- tenenza sociale elitaria bensì esem- plificazione dell’autorità scientifica e culturale che ha acquisito il soggetto. Al camice si assegna il ruolo di “parla- re” di ricerca, professionalità, nitore, antisepsi, prevenzione; in sintesi, di vita. E, con tali presupposti, nel 1993, due coniugi medici della Columbia zione agli studenti, si reca in sala par- to, per poi tornare tranquillamente a casa. La sconfitta delle febbri puerpe- rali e la vittoria di quell’antisepsi per cui dalla metà dell’Ottocento si bat- terà strenuamente Ignac Semmelweis (1818-1865) hanno origine anche dal vestito del medico. Quando, allora, compare un vestito “professionale”, cioè un vestito che il medico possa e debba indossare esclusivamente nell’ambulatorio o nella corsia? Come più sopra accennato, non esi- ste una data a cui fare esplicito ri- ferimento quantunque la ventata igienista resti tra i principali fautori accanto all’ampliarsi di alcune prero- gative professionali del soggetto. Con l’incalzare dell’Ottocento, la storia del progresso e la codificazione delle branche specialistiche – pur datando da almeno un secolo – si avvalgono di nuove tecnologie per l’analisi e per la ricerca. Con l’avvento dei gabinetti batteriologici e dei laboratori di analisi si conferma al medico quel ruolo, del resto da sempre insito nella professio- ne, di primo “scienziato”, di persona che può curare solo perché studia, indaga, conosce. In questo ambito la professione medica si fonde decisa- mente con la scienza conferendo al che cura una cantante , 1701, sfoggia, infatti, una sontuosa toga di raso luci- do di un vistoso colore giallo. Ancora nero sarà l’abbigliamento del medico settecentesco che tuttavia, alla fine del secolo, in sintonia con la svol- ta epocale sul costume indotta dalla Rivoluzione francese, assume conno- tati “moderni”, adottando quel vestire che è diventato, in ambito maschile, un’affermazione del ceto borghese. E il medico asseconderà questo nuo- vo “gusto” riponendo toghe e tuniche per adottare pantaloni portati sotto il frack quando deve disquisire o visita- re pazienti illustri, mentre nella pra- tica quotidiana la redingote e il gilet , affidando alla qualità dei tessuti in cui sono confezionati la differenziazione dello status economico del soggetto che li indossa. Un vestire, comunque, che si mantiene rigorosamente seve- ro sia nel medico accademico che nel condotto di campagna. Tuttavia, questa “moda” ancora iden- tifica il personaggio nella classe socia- le a cui appartiene non essendo pre- disposta alle diverse funzionalità che la professione reclama. In sintesi, con tali vesti, il medico esce di casa, visita il paziente, va in ospedale a effettuare un’anatomia (proteggendo le vesti, al massimo, con un grembiule), tiene le- Figura 2 – Michiel Jansz van Miereveld, Lezione di anatomia del Dr. Willem van Der Meer , olio su tela, 1617.
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