Toscana Medica - Gennaio 2021

T OSCANA M EDICA 1 / 2021 3 testatina le copertine di toscana med c È fatto comunemente noto che la Toscana fu una delle prime regioni al mondo ad avere abolito, nel 1786, la pena di morte. Va tuttavia ricordato che soli quattro anni più tardi, nel 1790, la stessa fu ripristinata per i co- siddetti “crimini eccezionali” come reazione alle inquietanti notizie pro- venienti dalla Francia e non solo. Quando a Firenze, agli inizi dell’Ot- tocento, i magistrati del governo in carica pronunciarono le prime condanne capitali la municipalità si trovò in grave difficoltà. Come dare seguito, operativamente, alle con- danne visto che, assieme all’aboli- zione della pena di morte, era stato smantellato anche l’interno “siste- ma” organizzativo? Esso prevedeva sia la presenza di un “carnefice” che l’operato di un’istituzione che aveva il compito di organizzare le ultime ore di vita del condannato, il “pove- ro paziente” come veniva chiamato in gergo, e della sepoltura del suo corpo straziato. La questione del boia fu risolta prag- maticamente con il conferimento di incarichi ad hoc a professionisti ope- ranti in altri contesti urbani. Più complicata si rivelò l’identifica- zione dell’istituzione di supporto. Venne interpellata la Compagnia del- la Misericordia , una realtà cittadina autorevole da secoli protagonista nel settore delle “opere di carità” e delle sepolture, in particolare dei cadaveri dei “poveri abbandonati”. Il provve- ditore dell’epoca, consigliato dai suoi fiduciari, accettò il gravoso incarico e sollecitò la stesura di uno specifi- co regolamento atto a disciplinare tutti i passaggi necessari della spino- sa quesitone. Per poter sostenere le spese sia materiali (vitto, lumi, asso- ciazione della salma, seppellimento) che spirituali (preghiere e Messe di suffragio) venne creata un’apposita “questua nelle pubbliche vie” affi- data a un gruppo di quaranta capi di guardia, vestiti di nero con il cap- puccio calato sul volto, che nei giorni precedenti all’esecuzione della con- danna avevano il compito di girare per le strade di Firenze per chiedere alla popolazione delle “elemosine” in merito alla questione. La cifra riscos- sa veniva poi rendicontata e la parte rimanente, tolte tutte le spese vive, consegnata a condanna avvenuta di- rettamente alla famiglia del giustizia- to o, in mancanza di questa, ai poveri della città. Il sistema di esecuzione cambiava di volta in volta e poteva consistere nell’impiccagione o nel “taglio della testa”. Trattandosi di pene considera- te oltre che punitive anche di effetto “deterrente” avvenivano di giorno in pubbliche vie o piazze, dalla “Porta alla Croce” (l’attuale piazza Cesare Beccaria) alla piazza di “Santa Ma- ria Novella vecchia” (l’attuale piazza dell’Unità d’Italia). Spesso veri propri spettacoli truci e cruenti, le esecuzioni suscitarono in città vivi dibattiti anche in am- bito medico-scientifico. Nel 1817, ad esempio, in occasione della con- danna capitale per impiccagione del “brigante Guazzino” alla Miseri- cordia venne recapitata una lettera da parte del “professore d’anatomia umana comparata e pittorica Filippo Uccelli dell’Università degli Studi di Pisa, residente a Firenze”. In essa l’esimio professore chiedeva alla Mi- sericordia il trasferimento del corpo del giustiziando Antonio Guazzini dal patibolo al teatro anatomico del Regio Ospedale di Santa Maria Nuo- va “all’oggetto di indagare con tutta precisione quale fosse la causa della morte degli appiccati se, vale a dire, derivi essa dalla lussazione della pri- ma vertebra del collo ovvero da apo- plessia”, come pure “per servirsi di detto corpo per le lezioni di anatomia ai pittori dell’ Imperiale Scuola delle Belle Arti di Firenze”. La richiesta fu accolta e, come ri- sulta dalla descrizione dei registri appositi, il servizio eseguito: “A dì 22 febbraio 1817. Guazzini Antonio del fu Pasquale della terra di Bet- tolle in Toscana, in età di anni 36 in origine contadino, condannato per assassini ed altri delitti alla forca da un boia fatto venire da Roma [il fa- moso Giovan Battista Bugatti, me- glio conosciuto con il nome di “ma- stro Titta”]. La nostra Compagnia deputò quattro capi di guardia per assistere il paziente dall’epoca della sentenza di morte data al medesi- mo che seguì la mattina del sud- detto dì 22 alle ore 9. Poi si partì il paziente dal Bargello al suono della Il prof. Uccelli alle prese con il “brigante Guazzino”, condannato a morte per “assassini e altri delitti” di Barbara Maria Affolter Barbara Maria Affolter Laureata in Archivistica all’Università degli Studi di Firenze, lavora da anni su incarico della Soprintendenza archivistica e bibliografica della Toscana; attualmente cura l’Archivio storico della Venerabile Arciconfraternita della Misericordia di Firenze

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