Toscana Medica - Giugno-Luglio 2021
5/2021 T OSCANA M EDICA 14 testatina quali à e professione citate dalla pandemia, punite solo in via amministrativa, perché circolando senza limiti mentre “il morbo infuria” puoi contagiare e contagiarti. Certo, potrebbe darsi che tu non sia affetto dal virus, né destinato a incontrarlo, e che ti si chieda soltanto di parte- cipare a un coordinamento sociale volto nel complesso a governare un rischio invisibile e ubiquitario: in ogni caso misure precauzionali di questo genere, sempre secondo ragionevo- lezza e proporzione, sono sensate se volte a contrastare un agente patoge- no molto contagioso e assai letale, in comunità di soggetti deboli ed espo- sti, nel cuore di un cluster epidemi- co (una differenziazione “per zone”, tempi e categorie appare, perciò, costituzionalmente ancor più tollera- bile). La permanenza domiciliare del “positivo” risulta, in quest’ottica, più problematica, in quanto di carattere maggiormente “detentivo” e solleci- tata da una sanzione penale (sia pure contravvenzionale), e perché non ne- cessariamente corrispondente anche a un interesse dell’obbligato. Tuttavia, l’ obbligo di quarantena del contagio- so può essere letto come un divieto , penalmente sanzionato, di esporre gli altri al contagio (e contagiare è reato: lesioni, omicidio, epidemia), giacché qui si tratta non di un mero “rischio”, ma di un vero pericolo (soltanto “pre- sunto” quando si tratta, invece, di chi ha frequentato il contagioso, al quale non a caso si rivolge una sanzione me- ramente amministrativa). Vista così, la fattispecie assomiglia a uno dei tanti reati di pericolo che il nostro ordina- mento già conosce e accetta. In questa prospettiva, è infine da va- lutare la tenuta costituzionale di un obbligo vaccinale. La Consulta ha in più occasioni dichiarato legittime simili imposizioni, purché, secondo contingenti evidenze scientifiche, la vaccinazione sia misura ottimale di prevenzione della malattia tanto per chi ne usufruisce, quanto per gli altri consociati, l’obbligo appaia stra- tegicamente necessario non essendo (più) sufficiente affidarsi alla “buona volontà” dei cittadini, e sia previsto un equo ristoro per eccezionali eventi avversi. Rispetto alle vaccinazioni per sul proprio corpo, mentre quando, come eccezione , consente solo alla legge di ordinare trattamenti sanita- ri, dà voce a un’istanza di solidarietà sociale e salute pubblica, dovendosi però, in ogni caso, rispettare la “per- sona umana” dell’obbligato. Il regi- me dell’articolo 13 torna a imporsi in caso di TSO “coercitivi”, ma le misure quarantenarie, generalmen- te rivolte a tutti, possono ben esse- re – e in buona parte sono state – declinate in modo non “detentivo”, accompagnate cioè dal permesso di uscire di casa, mantenendo saldi alcuni divieti: quello di frequentare certi luoghi, sempre più estesamen- te definiti quanto più grave e diffu- sa sia l’urgenza epidemica (divieto conforme all’art 16, Costituzione); quello di adottare cautele (la ma- scherina ecc.); quello di evitare riu- nioni in luogo pubblico (cfr. art. 17, ultimo comma, Costituzione); quel- lo di godere di attività economiche che si sarà provveduto a “chiudere”, salvo indennizzo, per salvaguarda- re preminenti interessi sociali e di sicurezza (art. 41, Costituzione); quello di usufruire di servizi (scuola, università, Pubblica Amministrazio- ne ecc.) che si saranno organizzati il più possibile in forma telematica. Più in particolare, secondo costante dottrina e giurisprudenza, la legge può imporre un trattamento sanitario solo se funzionale tanto alla salute de- gli altri, quanto alla salute del desti- natario. La “persona umana”, infatti, risulterebbe offesa vuoi se costretta, paternalisticamente, a scelte che si esauriscono nella sua sfera privata, vuoi se degradata a strumento per l’esclusiva soddisfazione di interessi altrui. Questo bilanciamento tra au- todeterminazione, salute individuale e salute pubblica è da modulare, dice la Consulta, secondo logiche di ra- gionevolezza e proporzione: quanto meno l’obbligo comprime una libertà (anche in ragione del tipo di sanzio- ne), quanto più è utile e non rischioso per il destinatario, e quanto più è se- rio il pericolo per gli altri, tanto più è consentito, al legislatore, sancirlo. Vi sono dunque i presupposti di legitti- mità delle restrizioni “generali” solle- temente sindacata a priori? A fronte di un’intera cittadinanza ristretta, fat- ta di milioni di contagiati e di perso- ne che li hanno frequentati, una tale complicazione procedurale avrebbe inoltre vanificato l’intera logistica del contrasto all’epidemia e travolto gli uffici giudiziari ancor più di quanto il morbo abbia poi travolto i servizi sani- tari. In ragione di una lettura “dedut- tiva” dell’articolo 13 della Costituzio- ne, dobbiamo dunque accettare che le quarantene siano realisticamente praticabili solo per malattie contagio- se circoscritte e verso numeri limitati di infetti, non più nelle fasi acute di una pandemia, cioè quando, secondo raccomandazioni scientifiche consoli- date, siano essenziali per preservare l’intera compagine sociale da una mi- naccia estrema? Fiat libertas, et pere- at mundus? Conviene forse un approccio più “induttivo”, che tenga conto dei principi, sì, ma anche pragmatica- mente dell’enormità della situazio- ne. Si potrebbe, allora, considerare come le misure giuridiche di conte- nimento dell’epidemia abbiano una valenza sanitaria pari a quella della vaccinazione (si veda ad esempio l’art. 6, lett. b, l.833/1978), alla stre- gua di una profilassi di massa sui ge- neris ; e di come esse impongano un bilanciamento – in termini di ade- guatezza e di proporzione – tra la salvaguardia dell’autonomia indivi- duale, da un lato, e della salute tanto individuale quanto collettiva dall’al- tro. Sia per il loro orientamento fun- zionale che per le loro implicazioni valoriali assomigliano, perciò, a quei trattamenti sanitari obbligatori di cui tratta l’articolo 32, comma 2 del- la Costituzione, pretendendo una legge, ma non la validazione di un giudice volta per volta (pur restan- do ferma, quale sufficiente garanzia, la facoltà di un ricorso al giudice ex post , di cui in concreto si è non di rado approfittato, vedendo la già cospicua giurisprudenza dei TAR). In effetti, l’articolo 32, comma 2, quando come regola vieta interven- ti medici non sorretti dal consenso dell’interessato, diventa espressione di un più generale diritto di libertà
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