Toscana Medica - Giugno-Luglio 2021

5/2021 T OSCANA M EDICA 38 testatina quali à e professione nefropatie alle emopatie, erano ri- coverati nelle divisioni di medici- na generale, in assenza di reparti specialistici. Non esistevano re- parti di rianimazione o di terapia intensiva e il lavoro degli aneste- sisti si svolgeva soprattutto nelle sale operatorie. Durante il perio- do della pandemia non ricordo in realtà nelle corsie una particolare prevalenza di pazienti ricoverati con polmonite, broncopolmonite o insufficienza respiratoria acuta. La terapia per loro non differi- va molto da quella attuale, ma la somministrazione di ossigeno era piuttosto rudimentale: non essen- doci infatti una fornitura centra- lizzata, la bombola del gas veniva posizionata accanto al letto del pa- ziente, al quale venivano applicate le cannule nasali o la mascherina. Quando il paziente si trovava in stato terminale, i familiari chiede- vano spesso al medico di po- terlo dimettere, in modo che la morte avvenisse a casa. La gran parte dei pazienti con sintomatologia influenzale veniva curata a domicilio. Ho contattato alcuni amici medi- ci che si sono laureati proprio in quel periodo e che hanno scelto di lavorare sul terri- torio: essi ricordano ancora molto bene il numero enorme di visite domiciliari che dove- vano effettuare. Nel Paese non vi furono da parte delle autorità divieti di spostamento, di assem- bramento o chiusure delle attività, ma solo delle generi- che indicazioni igieniche: in particolare quelle di evitare i luoghi affollati e di rimane- re a casa in presenza di sin- tomatologia influenzale. La televisione iniziava allora le trasmissioni, gli interventi degli esperti erano molto rari e la pan- demia veniva considerata general- mente con “benevolenza” dai mass media . La Stampa del 6 ottobre 1957 riportava: Tutto quello che viene dall’oriente ci incute un’in- consapevole paura. Il terrore per Quando un medico incontra due pandemie influenzali di Alberto Dolara Alberto Dolara Nato a Firenze nel 1932. Laurea in Medicina, Firenze 1957. Specializzazione in Cardiologia, 1961. Perfezionamenti: Ospedale Niguarda (Milano) 1968, Hammersmith Hospital (Londra) 1980, NIH (Bethesda, USA) 1983, 1987. Direttore Unità Cardiovascolare, S. Luca-Ospedale Careggi, Firenze, 1979-2002 Le pandemie influenzali – o mo- derne pestilenze – sono per fortu- na degli eventi rari. Soltanto a chi è concessa una lunga vita è dato in- contrarne più di una. La pandemia influenzale del 1957, cosiddetta “asiatica”, coincise con l’anno del- la mia laurea in Medicina e adesso, nel 2020, ho incontrato quella da COVID-19. Ritengo dunque che testimoniare la differenza tra i due eventi possa risultare utile. Tra le pestilenze del passato e le precedenti pandemie in- fluenzali la più citata è la co- siddetta “spagnola” del 1918, soprattutto per l’alto numero di decessi, valutati tra i 50 e i 100 milioni in tutto il mondo. La situazione sanitaria e so- ciale era tuttavia molto diver- sa da quella attuale. Per que- sto motivo, un confronto più interessante può essere fatto con la pandemia del 1957. La pandemia del 1968-1969, in- fatti, si esaurì in fretta e con poche conseguenze, mentre in quella del 1957-1958 il nu- mero dei decessi fu valutato nel mondo tra i 2 e i 4 milio- ni: gli italiani contagiati furo- no 26 milioni e 20 mila circa furono i deceduti. Dal 1955 frequentavo le cor- sie di medicina generale del grande ospedale di Careggi a Firenze, prima come studente, poi come laureato. L’organizzazione dell’ospedale era completamente diversa da quella che ho lasciato al mio pensionamento nel 2002. Pa- zienti con le più diverse affezioni morbose, dall’infarto miocardico acuto alle cirrosi epatiche, dalle “In realtà la rapida crescita delle conoscenze rende lo medicina profondamente contraddittoria. Il peculiare statuto di scienza della natura e di scienza per l’uomo rende la medicina eterogenea. Due anime, tecnologica e antropologica, la percorrono, che ispirano due ideologie, armonizzate nel paradigma ippocratico, poi sempre più storicamente contrapposte; così l’antropologico si riduce al somatico e il sociale al mutualistico. Così il boom tecnologico della medicina contemporanea rischia di essere pagato con una crescente insoddisfazione degli utenti e in termini di benessere” Giorgio Cosmacini, Editoriale sul Correre della Sera , aprile 1985

RkJQdWJsaXNoZXIy NTA4Njg=