Toscana Medica - Giugno-Luglio 2021
T OSCANA M EDICA 5 / 2021 39 testatina qualità e prof sio e La fine dell’attuale pandemia non è oggi facilmente prevedibile, ma non per questo deve mancare la certezza di una “ripartenza”, ter- mine che proviene dall’attività sportiva, usato per indicare l’u- scita difficoltosa di una squadra da una fase negativa. È necessario però chiarire quale tipo di “ri- partenza” si voglia, se la nostra intenzione di cittadini sia quella di proseguire con l’eccessivo inquinamento dell’ambiente, con lo sfruttamento elevato delle risorse, con la messa in pericolo della vita dell’intero pianeta a causa del riscalda- mento globale e con gli inevi- tabili riflessi negativi che tali azioni hanno sulla salute . An- che in ambito sanitario sarà opportuno evitare gli eccessi di “medicalizzazione” della popolazione, ripensare all’or- ganizzazione della vita degli anziani, riesaminare la disa- strosa esperienza delle residenze protette proponendo soluzioni alternative, rivedere la centralità eccessiva del sistema ospedalie- ro per evitare il conseguente ri- corso esclusivo ai pronto soccor- so, riorganizzare la medicina sul territorio, valutare l’importanza della casa come primo luogo di cura e, in tale prospettiva, il ruolo del medico di famiglia. La scelta stessa della modalità della morte dovrà essere esaminata di nuovo, per evitare il ripetersi delle lugu- bri visioni dei camion militari che trasportano i deceduti, senza che questi abbiano potuto avere vicini i loro cari. Sono sicuro che i medici, come professionisti e come cittadini, da- ranno il loro contributo in questa direzione. Con molta probabilità non sarò testimone di una terza pandemia, ma spero comunque che i miei nipoti e le generazioni future riescano a evitarla. elisa.dolara@tin.it elevato di ammalarsi rispetto alla popolazione generale. Se uniamo a questi fattori l’accentramento delle prestazioni negli ospedali e nei pronto soccorso, in assenza di un’organizzazione sanitaria effi- ciente del territorio, si comprende facilmente quale sia il pericolo nel caso di una estensione del conta- gio. Domenico Arcuri, commissa- rio straordinario per la pandemia, affermava il 20 ottobre 2020: “Se non si raffredda la curva dei con- tagi, nessun sistema sanitario sarà capace di reggere. Se anche l’1% dei contagiati ogni giorno finisse in terapia intensiva, e i contagia- ti quel giorno fossero 50.000, ci sarebbero quotidianamente 500 nuovi posti occupati”. E ancora: “non serve mandare nei nosocomi a titolo precauzionale chi ha un po’ di febbre e basta. Queste per- sone devono essere curate il più possibile nelle loro case per alleg- gerire la pressione sugli ospedali”. Occorre quindi prendere atto del- la necessità di misure di preven- zione, anche se esse influenzano profondamente la vita civile ed economica del Paese. Le polemi- che non servono e le agitazioni violente sono da contrastare con decisione. Una nota confortante proviene dall’andamento della pandemia del 1957: dopo un massimo sviluppo nel primo periodo dell’anno, essa decrebbe l’anno successivo per poi esaurirsi, merito anche della som- ministrazione del vaccino, iniziata nei primi mesi del 1958. una gentile influenza è dovuto solo al nome: “asiatica”. Il clima gene- rale era dunque quello di un Paese fiducioso, che percepiva l’avvici- narsi del “miracolo economico”. Tuttavia, le profonde variazio- ni demografiche dei paesi indu- strializzati, avvenute nel corso del tempo, sono un fattore de- terminante per valutare la gra- vità attuale. In Italia infatti, nel 1957, su una popolazione totale di 47.515.737 milioni, le per- sone di età > 65 anni erano l’8,1% (3.888.868), mentre nel 2020 su una popolazio- ne di 60.244.639 milioni la percentuale aveva raggiunto il 23,17% (13.946.354); tra questi gli ultraottantenni, categoria alla quale appar- tengo, erano rispettivamente lo 0,8% (393.500) e il 5,7% (3.473.028) . Ho messo in evidenza le cifre all’interno delle parentesi perché per- mettono di percepire meglio l’ampiezza delle variazioni. Al di là delle differenze relative al tasso di letalità dei virus delle due pan- demie – cosa ancora da verificare –, risulta evidente come il “mate- riale” umano che oggi il virus CO- VID-19 può colpire sia di gran lun- ga più numeroso di quello esposto al virus A/H2N2 dell’Asiatica del 1957. Al fattore predisponente della fragilità, inevitabile nell’età avanzata, si deve aggiungere inol- tre la co-morbilità presente in questa specifica fascia. Riguardo a ciò i risultati del contagio attuale sono eloquenti: nel nostro Paese dal 21 febbraio al 23 ottobre 2020 i decessi dovuti al COVID-19 sono stati 37mila, di cui 33mila aveva- no più di 70 anni e circa il 60-70% era affetto da una o più patologie precedenti. Infine, è da tenere presente l’esposizione a un rischio maggiore anche da parte della po- polazione più giovane, quella con patologie congenite o acquisite gravi, sottoposta a terapia immu- no-soppressiva, ecc. I portatori di sindrome di Down, per esempio, hanno un rischio quattro volte più “Il morente è al centro di un dramma collettivo dove gli attori recitano a braccio … e la scienza parla, decide, agisce attraverso l’illustre luminare che ha la funzione neo sacerdotale di officiare il rito della medicalizzazione della morte” Gianbattista Consolini, Janus , 2005, 20, 110
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