Toscana Medica - Giugno-Luglio 2021

5/2021 T OSCANA M EDICA 58 testatina quali à e professione to, influenzato dalla tendenza a con- siderare vera la conoscenza oggetti- vabile, attraverso accertamenti che diventano strumenti “veri” del sape- re soltanto mediante la tecnologia. Da parte dei più giovani esiste già una maggiore autonomia ge- stionale, associata a una più for- te dipendenza dalle macchine. Secondo alcuni esperti sarem- mo addirittura giunti alle soglie della nascita di una nuova figura, il “paziente emancipato”, in gra- do di gestire la propria salute in maniera indipendente, in quan- to produttore e dunque proprie- tario dei dati che lo riguardano. Ciò creerà quello che E. Topol definisce uno “spostamento tet- tonico (o “tech-tonico”) di po- tere”, con l’individuo al centro della scena. Sono sicuramente indispensabili alcuni studi rigorosi, pubblicati su riviste peer-reviewed e con- dotti su temi clinici importanti (come la morbilità/mortalità, la qualità di vita, ma anche il livello di soddisfazione, sia dei medici che dei pazienti, nel nuovo con- testo relazionale), che mettono a confronto gruppi di medici che utilizzano i sistemi virtuali con altri che non se ne avvalgono. L’obiettivo finale della medicina digitale, infatti, non dovrebbe essere l’utilizzo della tecnologia in sé, ma il miglioramento dei processi di cura attraverso l’integrazione tra le opportunità della tecnica e l’esperien- za della pratica, in modo da risponde- re ai bisogni dei professionisti della salute e soprattutto delle persone. g.collec@vmail.it li finirebbero dissolte nelle regolari- tà inflessibili e “appropriate”, dando un’immagine puramente tecnologica di ciascun cittadino . Ci si chiede se i pazienti siano pronti ad accettare questa rivoluzione cultu- rale. Sicuramente, anche con i video/ teleconsulti, parte della relazione umana viene conservata, soprattutto quando tra il medico e il suo assistito è stata costruita una storia clinica che si è cementata nel tempo. Il paziente stesso del resto è cambia- sono state proposte anche guide pra- tiche, che descrivono passo per passo la consulenza a distanza, dalla prepa- razione iniziale della connessione – video o solo audio – alla gestione cli- nica della visita e del follow-up . È fondamentale una logica di team multidisciplinare, che com- prenda anche figure come l’in- fermiere di famiglia, lo speciali- sta, lo psicologo, il nutrizionista e il trainer per l’attività fisica. Il sistema dovrà avvalersi di piattaforme digitali crittogra- fate, condivise e collegate alle cartelle cliniche elettroniche, in grado di gestire i dati pro- venienti dalle diverse fonti per realizzare una conoscenza “pa- noramica” del paziente, una profilazione dei suoi dati biolo- gici e psico-sociali. Fondamen- tale sarà l’interoperabilità, sia per i software che per i dispo- sitivi medici, i quali però non dovranno dipendere dalle app per l’invio dei dati. Il rischio infatti è il fenomeno del vendor lock-in, per cui il fornitore vincola il suo dispositivo a una determi- nata app ed è lui nel concreto il proprietario dei dati. La piat- taforma dovrà inoltre svolgere funzioni educative per il medi- co e per il paziente, ad esempio mediante dei tutorial dedicati. Si deve peraltro evitare la rea- lizzazione di una sorta di “datoma”, ovvero un essere digitalizzato e ge- stito soltanto da algoritmi, un pro- dotto della massa di dati che agisce in un contesto relazionale disincar- nato, centrato sulle informazioni provenienti da molteplici fonti, an- ziché sulle narrazioni di vita, le qua- La pandemia ci costringe a usare dati numerici per decidere i provvedimenti per combatterla; siamo assuefatti ai nu- meri sui quali si disegnano i comportamenti. Restano però insoluti alcuni problemi. Il primo è che i dati generali nulla hanno a che fare con le storie dei singoli. Prendiamo decisioni che riguardano ogni persona sulla base di percentuali di popolazione. Inoltre i dati generali provengono da fonti diverse, spesso mal confrontabili, causa potenziale di scelte incongrue. Infine leggiamo i dati dentro un quadro mentale frutto della nostra fantasia o dei desideri o delle emozioni. Non esiste a oggi un metodo migliore tuttavia, dal momento che masse enormi di denaro si muovono su previsioni sta- tistiche, occorre ragionare bene sulla trasparenza della raccolta e dell’uso dei dati. L’intelligenza artificiale nasconde un cervello reale, se buono o difettoso per ora non si può sapere. A. P. Un’assistenza centrata sulla persona dovrebbe comprendere anche le circostanze soggettive della vita del paziente, la sua ability to cope , i suoi valori, i suoi timori e le sue speranze, dimensioni difficilmente trasferibili in un database e mal gestibili attraverso imperscrutabili algoritmi. Altrimenti si finirebbe per trasfor- mare la Medicina, che è nata per rispondere alla sofferenza, in un gestore di dati, tralasciando la presa in carico dei bisogni, delle disabilità, dell’equità e della solidarietà. Il possesso dei dati significa potere e finora era il medico ad averne una sufficiente quota. Sarà sempre così o il medico diverrà una ruota nella giostra del mercato? Spetta ai medici mantenere il rigore del metodo scientifico garantendo l’indipendenza rispetto ai propri conflitti di interesse e adoprandosi perché il best interest del paziente sia sempre la stella polare. Il possesso e l’utilizzo dei dati può essere foriero di ancora maggiori disuguaglianze e discriminazioni o essere l’occasione per aumentare il tasso di equità dei sistemi sanitari A. P.

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