Toscana Medica - Ottobre 2021
T OSCANA M EDICA 7 / 2021 25 testatina opinioni a confronto sovrappeso, diabetici, dislipidemici), che soprattutto in presenza di una fibrosi in fase avanzata costituisce un elevato fattore di rischio per lo sviluppo di HCC. Il messaggio che dobbiamo trarre da queste conside- razioni è che il soggetto HCV guari- to, se con fibrosi epatica severa/cirro- si non deve essere “abbandonato” né a livello territoriale né specialistico per l’elevata probabilità che possa sviluppare un epatocarcinoma. Un altro elemento importante è che la sorveglianza ecografica semestrale del paziente cirrotico dovrebbe esse- re eseguita da un professionista con specifiche competenze nello studio del fegato, per garantire l’accuratez- za diagnostica necessaria a non man- care l’identificazione della lesione precoce. MARRA - Penso si possa affermare, a riassumere quanto detto finora, che almeno teoricamente la pre- venzione e la sorveglianza clinica dell’epatocarcinoma nel paziente cirrotico non dovrebbero essere poi così difficili, soprattutto se la que- stione difficile viene affrontata nel- la maniera corretta in primo luogo a livello del territorio, poi a livello specialistico e nell’ottica della con- divisione delle conoscenze tra tutti i professionisti. TOSCANA MEDICA - Dottoressa La Villa, quale è la sua esperienza di me- dico di medicina generale alle prese con queste situazioni? LA VILLA - Come tutti ben sappia- mo, la pandemia in questi ultimi mesi ha allontanato in maniera si- gnificativa un gran numero di pa- zienti con patologie croniche dagli studi dei medici di base e questo si è verificato anche per i casi con pa- tologia epatica che invece avrebbero richiesto il proseguimento dei con- trolli nel tempo. Ovviamente anche io concordo sulla necessità impre- scindibile del follow-up mirato di cui abbiamo parlato, ma la richiesta di inserire una motivazione prescrit- tiva in certi casi complica la nostra attività. Fatta salva l’importanza ma non erano cirrotici. Purtroppo a oggi intercettare quanto prima questi soggetti con opportune atti- vità di sorveglianza clinica ed epi- demiologica appare assai difficile a causa della mancanza di protocolli specifici. MAZZEI - Come sintesi di molto di quanto detto fino a ora si può dire che il carcinoma epatocellulare è un tumore ipervascolarizzato con una angiogenesi aberrante sostenuta da fattori di crescita quale quello per l’endotelio vascolare (VEGF) che contribuiscono fortemente sia alla crescita tumorale che al suo poten- ziale metastatico. TOSCANA MEDICA - Alla luce di quan- to detto fino a ora la prevenzione dell’epatocarcinoma può essere consi- derata “facile”? AMUNNI - Penso che si possa oppor- tunamente rispondere alla domanda considerando due ordini di fattori. Il primo: è necessario lavorare molto nel campo della prevenzione prima- ria, identificando i corretti stili di vita e di alimentazione da seguire la cui inosservanza nella genesi di quadri patologici a loro volta propedeutici alla neoplasia di fegato è ormai ben conosciuta. Il secondo: identificare quanto prima, oltre a quelli ora ricor- dati, anche i soggetti affetti da pato- logie non oncologiche che però po- trebbero evolvere fino alla comparsa dell’epatocarcinoma. Tutto questo porta l’attenzione sulla grande im- portanza delle attività preventive condotte a livello territoriale nell’ot- tica di fare arrivare all’ambito specia- listico ospedaliero i soggetti che ne abbiano reale necessità. BRUNETTO - Anche secondo me è importante porre attenzione alla cre- scita dei casi di epatopatia con com- ponente metabolica, ricordando che questa può essere presente, come co-fattore, anche nei soggetti con pregressa infezione virale. Spesso vediamo pazienti che, curati dall’in- fezione da HCV, mantengono una malattia di fegato metabolica (perché può essere posta in atto con succes- so. Ecco quindi la necessità di iden- tificare e trattare tempestivamente tutti i pazienti con epatite C, come previsto dalla delibera regionale n. 397 dell’aprile 2018, per evitare di continuare a vedere, come invece purtroppo accade ancora oggi, pa- zienti con malattia da HCV in fase anche molto avanzata. Prevenire significa quindi evitare il progredi- re della malattia di fegato verso la cirrosi oppure, quando questa si sia già sviluppata, ridurre comunque il rischio di comparsa della neoplasia. Un altro punto importante da sot- tolineare deriva dal fatto che cono- scendo le condizioni predisponenti lo sviluppo del tumore è possibile porre in atto una sorveglianza atti- va dei pazienti con malattia croni- ca attiva di fegato. Quest’ultima si basa sull’effettuazione di ecografie periodiche ripetute ogni sei mesi. La diagnosi della neoplasia in fase precoce permette un intervento più radicale, mentre lo spegnimento della malattia di fegato (ad esempio grazie all’eradicazione dell’epatite C) riduce le limitazioni dell’inter- vento terapeutico per la cura contro il tumore che potrebbero derivare dalla persistenza di un’epatopatia attiva, che per altro può favorire la ricorrenza della neoplasia dopo una prima asportazione. MARRA - Sulla scorta delle osserva- zioni fatte in precedenza dal profes- sor Amunni ricordo che in tempi re- centi il quadro epatologico associato ad un epatocarcinoma è cambiato con il sempre maggiore riscontro di steatosi non alcolica rispetto alle in- fezioni virali nettamente prevalenti fino a 10-15 anni fa, con evidenti conseguenze sull’approccio di cura di queste condizioni. Da sottoline- are inoltre il fatto, oggettivamente piuttosto inquietante, che a fronte del 25-30% della popolazione ge- nerale adulta che presenta steatosi del fegato, una quota parte arriva a sviluppare la neoplasia anche in assenza di cirrosi. In alcuni studi è stato infatti riportato che fino al 50- 55% dei pazienti con epatocarcino-
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