Toscana Medica - Ottobre 2021
T OSCANA M EDICA 7 / 2021 7 testatina editoriale la, ma così non è stato. Durante la pandemia molte attività sono state chiuse o ridotte e ora fanno fatica a ripartire per la cronica mancanza di personale. Roberto Speranza, che non ha ri- mosso quella norma sciagurata nei due anni di permanenza al Ministe- ro, ha ora il dovere di farlo, in vi- sta della prossima legge di bilancio. Perché è chiaro a tutti che è sulla tenuta del capitale umano che si gioca la stessa sopravvivenza del Servizio Sanitario Nazionale. L’altro indizio riguarda l’appro- vazione del modello lombardo di sanità. La lezione della pandemia avrebbe dovuto produrre profonde correzioni a un modello di sistema sanitario (dimostratosi fallimenta- re nella lotta al COVID) che aveva cancellato la rete dei servizi terri- toriali pubblici, affidando l’eroga- zione delle prestazioni domiciliari ad agenzie private e instaurando in campo ospedaliero una concorren- za deleteria tra settore pubblico e settore privato, fortemente squi- librata a favore del secondo. Tale modello era il frutto di riforme avviate in Lombardia fin dal 1995 dalla presidenza Formigoni e pro- seguite con la riforma Maroni del 2015. Tale riforma aveva caratte- re sperimentale e avrebbe dovuto essere soggetta, dopo 5 anni, alla valutazione da parte del Ministe- ro della Salute, che ha deciso di delegare tale funzione all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari re- gionali (veramente singolare che un organo di Governo assegni una decisione di così alta valenza politi- ca a un’agenzia tecnica!). Con una stringata lettera del 30 lu- glio scorso Agenas dà il suo ok pre- ventivo alla riforma, dopo che ne zione e insieme di impoverimento del Servizio Sanitario Nazionale. Un processo che parte da lontano, silenzioso e per questo ancora più insidioso perché sottratto al pubbli- co dibattito, nel disinteresse (appa- rente) della politica e nel silenzio assordante di Roberto Speranza, il quale dovrebbe dismettere l’imma- ginario ruolo di Ministro delle Vac- cinazioni per dedicarsi alla soluzio- ne degli annosi e irrisolti problemi del nostro malandato Servizio Sani- tario Nazionale, per di più aggrava- ti dalla pandemia. Il primo indizio riguarda il perso- nale. Nell’ultimo decennio c’è sta- ta una perdita di 45mila unità tra medici e infermieri, con una dimi- nuzione del 6,4% rispetto al 2009. Al blocco delle assunzioni ha con- tribuito in modo determinante una norma introdotta con la legge Fi- nanziaria del 2011 che prevedeva che il livello massimo di spesa per il personale dovesse parametrarsi a quello dell’anno 2004 diminuito dell’1,4%. Una prolungata camicia di forza che ha ridotto sensibil- mente la capacità di risposta della sanità pubblica e favorito la cre- scente espansione di quella privata, soprattutto nel campo delle attività diagnostiche e specialistiche e della chirurgia di elezione. Nel corso della pandemia quella camicia di forza è stata momenta- neamente sfilata: sono state fatte numerose assunzioni di personale, ma quasi tutte a tempo determinato. Diminuita di molto la pressione COVID sugli ospedali, le Regio- ni tornano a indossare la camicia di forza perché la norma del tetto del 2004 è tuttora vigente anche se l’emergenza pandemica poteva essere l’occasione per cancellar- Le occasioni perdute del COVID (e quelle che si stanno per perdere) di Gavino Maciocco e Pietro Claudio Dattolo Il Servizio Sanitario Nazionale è arrivato impreparato all’appunta- mento con il COVID-19. Penalizza- to da anni di de-finanziamento, di tagli dei posti letto e del personale e da politiche che hanno inciso ne- gativamente sulla tenuta dei servizi territoriali e di prevenzione, ha mo- strato le sue debolezze e fragilità. Anche se rapidamente si è svilup- pato un generale consenso politico sulla necessità di un suo effettivo rafforzamento, passata la fase acu- ta della pandemia, la sanità è ben presto tornata a occupare la parte bassa della classifica delle priorità del Paese. La conferma che non fosse in vista alcun rafforzamento del Servizio Sanitario Nazionale è arrivata già lo scorso aprile quando il Governo ha reso note le previsioni di andamen- to della spesa sanitaria pubblica. Se dal 2017 al 2020 questa percentuale era rimasta ferma al 6,6% del PIL (tra le più basse in Europa), impen- nandosi al 7,3% nel 2021 a causa delle spese COVID, la tendenza programmata negli anni successivi mira decisamente al ribasso: 6,7% nel 2022; 6,6% nel 2023 e addirittu- ra 6,3% nel 2024. Un pessimo segnale che indica il ritorno allo scenario che, a partire dal 2011, ha penalizzato il Servizio Sanitario Nazionale, riducendo le risorse umane e strutturali, taglian- do l’offerta pubblica di servizi, pro- vocando lo scandaloso allungamen- to delle liste d’attesa e favorendo l’espansione dell’offerta privata, trainata anche dalla diffusione di varie forme di assicurazioni inte- grative aziendali. La lezione del- la pandemia non è servita. Alcuni indizi stanno anzi a segnalare che è in atto un processo di privatizza-
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