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Introduzione
L’arrivo della pandemia di COVID-19 alla fine di febbraio ha richiesto un importante intervento strutturale e organizzativo negli ospedali dei territori più colpiti dal virus SARS-CoV-2. La necessità di curare un alto numero di pazienti affetti da grave insufficienza respiratoria ha comportato una modifica degli assetti ospedalieri, al fine di destinare questi malati a setting adeguati e preparati a gestire l’alta complessità clinica.
Il risultato immediato più evidente, spesso sottolineato anche dai media, è stato l’incremento della disponibilità di posti letto di Terapia Intensiva, per poter accogliere il crescente numero di pazienti sottoposti a intubazione oro-tracheale.
Tuttavia, un’altra modifica sostanziale, spesso passata sotto silenzio, che ha permesso di evitare il tracollo di molti ospedali, è stata la riorganizzazione delle Aree Mediche.
L’alta complessità dei malati COVID-19 e il sempre maggior fabbisogno di posti letto hanno determinato una completa riorganizzazione dei reparti di Medicina, con la creazione di interi setting completamente dedicati alla cura dei pazienti COVID-19 (le cosiddette “Medicine COVID”). Attraverso una revisione strutturale dei percorsi e degli ambienti ospedalieri e con il coinvolgimento della Medicina Interna e degli altri specialisti di Area Medica, è stato possibile affrontare il COVID-19 evitando il sovraffollamento delle Terapie Intensive e del Pronto Soccorso.
In questo articolo vogliamo riportare l’esperienza vissuta nel primo mese dell’emergenza COVID-19 all’interno dell’Area Medica dell’Ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze.
Organizzazione COVID-19 dell’Area Medica di Santa Maria Nuova
Fino all’arrivo del COVID-19, l’Area di Medicina di Santa Maria Nuova risultava strutturata in tre setting (Medicina A, B e C) dislocati al secondo piano dell’ospedale e da 2-4 posti letto di Subintensiva dislocati al primo piano, presso il reparto di UTIC/Subintensiva.
La necessità di incrementare immediatamente i posti letto di Terapia Intensiva ha di fatto comportato che il reparto UTIC/Subintensiva venisse trasformato in una Terapia Intensiva dedicata ai pazienti con COVID-19. Tuttavia, il progressivo incremento del numero di pazienti affetti da SARS-CoV-2 ha in seguito richiesto un intervento anche sui reparti di Medicina al fine di facilitare il ricovero dal DEA e gli eventuali trasferimenti dalla Terapia Intensiva.
Il 6 marzo 2020, la Medicina B è stata riorganizzata per accogliere i pazienti con COVID-19 e, nelle successive 2 settimane, prima la Medicina A e poi la Medicina C sono state trasformate in “Medicine COVID”, con la possibilità di accogliere fino a 37 pazienti affetti da SARS-CoV-2.
I pazienti non-COVID sono stati dislocati sui posti letto di Chirurgia e negli ambulatori di Cardiologia trasformati in stanze di degenza (“Medicina D”) per un totale di 20 posti letto. Questa trasformazione dell’Area Medica ha ovviamente comportato la modifica dei percorsi ospedalieri e degli accessi ai reparti con la creazione di percorsi “COVID” e “COVID-free”.
L’alta complessità dei pazienti e l’oggettiva difficoltà nelle modalità di vestizione e svestizione con gli adeguati Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) hanno inoltre richiesto un incremento del fabbisogno di personale. In ogni Medicina COVID, sono stati previsti due medici la mattina, mentre i turni di guardia pomeridiani, notturni e festivi hanno visto un incremento di una unità. Questo non sarebbe stato possibile se non si fossero affiancati alla Medicina Interna gli altri specialisti di Area Medica (ambulatoriali e non) che hanno permesso di assorbire l’incremento dei carichi di lavoro, fornendo nel contempo una fondamentale collaborazione interdisciplinare.
È stato inoltre necessario incrementare il personale infermieristico per garantire un’adeguata assistenza al letto del paziente.
Infine, sono stati organizzati incontri formativi per l’addestramento di tutto il personale medico-infermieristico all’utilizzo dei ventilatori per la Ventilazione Non Invasiva (NIV) e degli ecografi per l’ecografia toracica e il reperimento di accessi venosi e arteriosi.
Dati di attività durante il primo mese
Nel periodo compreso tra il 6 marzo e il 12 aprile 2020 sono stati ricoverati 87 pazienti con COVID-19.
In Tabella I sono riportate le principali caratteristiche della nostra popolazione.

La mortalità intraospedaliera è stata dell’11,5% mentre la mortalità a 30 giorni è stata del 17,2%. Circa il 20% dei pazienti ricoverati è deceduto e/o ha necessitato di un incremento dell’intensità di cure (trasferimento in Terapia Intensiva per intubazione oro-tracheale).
I pazienti deceduti avevano in media un’età molto più anziana (82,5 ± 8,8 anni vs 66,9 ± 16,5 anni, p = 0,001).
Il tempo di degenza medio è stato di circa 13 giorni con un prolungamento di circa 7 giorni rispetto alla degenza media del reparto del periodo marzo-aprile 2019.
Il marcato incremento dell’allungamento dei tempi di degenza è da riferire sia all’estrema lentezza nei tempi di guarigione dei pazienti affetti da COVID-19 che alla difficoltà di dimissione. Dei 70 pazienti dimessi, infatti, solo 22 (31,4%) hanno fatto rientro a domicilio mentre 36 (51,4%) sono stati trasferiti in una struttura di low-care e infine 12 (17,2%) sono stati inviati in strutture alberghiere.
Dei pazienti ricoverati, circa il 90% ha richiesto un supplemento di O2 per più di 48 ore mentre il 40,5% è stato sottoposto a NIV CPAP (Continuous Positive Airway Pressure - Pressione Positiva Continua) e/o BiPAP (Bilevel Positive Airway Pressure - Pressione Positiva Continua a due livelli).
La NIV è stata possibile grazie all’incremento del numero dei ventilatori che sono stati donati dalla Fondazione Santa Maria Nuova o acquistati dall’Azienda Sanitaria. La durata media della NIV è stata di 5 ± 4 giorni.
Per molti pazienti è stato inoltre indispensabile reperire un accesso venoso eco-guidato (midline, PICC o CVC). Nello specifico, sono stati posizionati accessi venosi ecoguidati in 39 pazienti (44,8%) (30 midline/PICC e 9 CVC giugulari/femorali) da personale medico-infermieristico.
A causa dell’alto numero di pazienti ventilati che richiedevano un monitoraggio emogasanalitico stretto, sono stati posizionati in 15 pazienti (17,2%) dei cateteri arteriosi radiali.
Tutti i pazienti hanno effettuato almeno una valutazione del torace attraverso un esame ecografico, regolarmente riportato in cartella clinica.
I farmaci usati secondo protocollo interno sono stati: antivirali, immunosoppressori (anti IL-6, anti IL-1, inibitori JAK1/JAK2), idrossiclorochina, EBPM (Eparine a Basso Peso Molecolare) a dosaggio di profilassi o intermedio, antibiotici e steroidi.
In Tabella II sono riportate le percentuali di utilizzo in relazione all’outcome.

Da sottolineare che la Medicina Interna dell’Ospedale di Santa Maria Nuova ha partecipato a due trial farmacologici per l’utilizzo di farmaci off-label: baracitinib (fase precoce di malattia) e tocilizumab (fase avanzata di malattia).
I trattamenti sono stati eseguiti dopo consenso informato da parte dei pazienti e i dati sono stati registrati su database dedicati.
Conclusioni
La complessità dei pazienti affetti da COVID-19 ha richiesto un grande sforzo in termini di risorse e una notevole implementazione del livello di assistenza arrivando a un’intensità di cure equivalente a una Terapia Subintensiva.
Quindi nel futuro occorre incrementare, oltre ai letti intensivi, come è previsto dal Governo, anche i letti subintensivi carenti nei nostri ospedali.
L’efficacia assistenziale è stata assicurata proprio dalla creazione di un’équipe multidisciplinare che riportiamo qui di seguito. All’équipe della Medicina Interna si sono aggiunti per l’emergenza COVID: Francesca Tesi, Emanuela Calcagno e Valerio Vanni.
Inoltre hanno dato un loro importante contributo gli specializzandi in Medicina d’Urgenza Lorenzo Pelagatti e Erica Sibona e lo specializzando in Medicina Interna Nicolas Palagano.
L’apporto specialistico è stato fornito da Cardiologia e Nefrologia di Santa Maria Nuova e dalle strutture specialistiche ambulatoriali dell’Ospedale Piero Palagi: Fisiopatologia Respiratoria, Medicina Vascolare, Nutrizione Clinica, Reumatologia.
Nel “caos calmo” in cui sono abituati a muoversi e lavorare, al di fuori delle luci della ribalta (vissute in questi mesi da virologi e infettivologi), gli internisti, con il fondamentale contributo di molti specialisti di area, sono stati protagonisti silenziosi e indispensabili nella gestione clinica dei malati COVID-19.
Un ringraziamento a tutti gli infermieri che si sono dedicati nelle aree COVID e in particolare alla coordinatrice Debora Coppini e agli infermieri di processo Raffaela Chiarelli, Roberta Sani, Mario Angione e Suor Leena Vadackakathu.
Giancarlo Landini
Vieri Vannucchi