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RICERCA E CLINICA 41
forti, cioè da persone altamente interconnesse, l’informazione tende a diventare “ridondan- te”, ovvero le informazioni circolanti rischiano di essere sempre le stesse. Con l’inserimento di legami deboli (il gruppo instaura relazioni con individui esterni a esso) le informazioni cambiano, sono sempre nuove e consentono al gruppo di avere il vantaggio di maggiori no- tizie sul cambiamento ambientale, maggiore tasso di innovazione e maggiore possibilità di instaurare legami con soggetti sempre nuovi. Paradossalmente sono le connessioni deboli, con le loro dinamiche proprietà, a garantire stabilità e resilienza al gruppo. Il gruppo avrà infatti una maggiore capacità di resistere a per- turbazioni provenienti dall’ambiente esterno o interno.
L’organizzazione dei sottosistemi cerebra- li responsabili dell’intelligenza rispondono a questo principio. Ciò è vero anche per quella proprietà definita resilienza cerebrale. Uno stu- dio condotto su 102 soggetti sani (studio di simulazione con specifici modelli matematici in grado di stimare il livello di alterazione funzio- nale prodotta da una lesione in funzione del- la specifica organizzazione funzionale rilevata con studi di risonanza magnetica avanzata in quel soggetto) ha dimostrato che gli effetti di una stessa lesione cerebrale sono significativa- mente inferiori nei soggetti con maggiore in- telligenza e quindi con maggiori connessioni deboli, rispetto a quelli con media o bassa in- telligenza. Questa relazione è presente a tutte le età, con una maggiore resilienza dei soggetti in età avanzata con un quoziente d’intelligen- za più elevato. Evolutivamente è plausibile che l’intelligenza possa essere un tratto premiante connesso anche alla longevità.
Individuata la rete e i nodi (cioè le strutture e le loro interconnessioni) il passo successivo è stato quello di decodificare il “linguaggio” con il quale le strutture sopracitate comunicano. È stato dimostrato che la rete di connessioni cerebrali coinvolta nei processi cognitivi utiliz- za fisiologicamente un codice di frequenza di oscillazione compreso tra 30 ai 42 Hz. Que- sto ha aperto la possibilità di condizionare la comunicazione neuronale (cioè di trascinare: entrainment) mediante una stimolazione elet- trica a 35 Hz di bassissimo voltaggio applicata attraverso lo scalpo in corrispondenza del giro frontale medio sinistro della corteccia cerebra- le. Questi esperimenti hanno dimostrato un significativo incremento delle capacità logico- astrattive dei soggetti. Questo potenziamento avveniva perché lo stimolo elettrico condizio- nante favoriva la velocità di analisi delle infor-
mazioni fornite al soggetto. In realtà, in un contesto nel quale il rapporto tra informazioni a disposizione e numero di ipotesi da rifiuta- re in una stessa unità di tempo è cruciale, la velocità di analisi diventa l’elemento vincente. Il soggetto può cioè analizzare più ipotesi nel- la stessa unità di tempo e aumentare quindi la sua probabilità di individuare la soluzione corretta. È importante sottolineare che que- sto potenziamento riguardava la componente che viene definita “intelligenza fluida”, misu- rata utilizzando le matrici di Raven che sono lo strumento internazionalmente accettato e condiviso per la specifica analisi di questo tipo di intelligenza.
Essa, diversamente dall’intelligenza cri- stallizzata (legata all’esperienza e all’appren- dimento), è considerata una capacità innata, legata sostanzialmente da caratteristiche ere- ditate geneticamente e non modificabile nell’a- dulto. Questi risultati non negano che essa sia una proprietà innata ma negano che essa sia immodificabile. Esiste, infatti, la possibilità di utilizzare meglio, in maniera più efficien- te ed efficace, le strutture cerebrali alla base delle nostre innate capacità logico-astrattive. Possediamo quindi una “riserva cognitiva” da sfruttare per risolvere quei problemi che richie- dono la capacità di andare oltre l’esperienza, utilizzando in maniera nuova ed efficiente le informazioni. Forse è anche in questo che si è giocata la partita della nostra storia evolutiva degli ultimi 4 milioni di anni e che si giocherà la partita del futuro.
L’intelligenza è una delle funzioni superiori classicamente considerata un attributo del- la mente Questo termine, che sfugge a ogni definizione, è tanto usato quanto vago nel suo significato. La mente è spesso identificata con tutto ciò che è spirito, spostando così il problema da una definizione vaga a una al- trettanto vaga. Come ho cercato di illustrare, la ricerca attuale studia questi “attributi della mente” facendone emergere le basi funzionali e anatomiche, in maniera del tutto analoga a quanto accade per i meccanismi di program- mazione e controllo dei nostri movimenti. L’u- tilizzo di astrazioni concettuali per categoriz- zare funzioni che emergono dal funzionamen- to del cervello rischia una loro collocazione al di fuori di esso. La mia convinzione è che tutto ciò che ci riguarda è contenuto all’interno del cervello.
TM
Info: rossiale@unisi.it
Toscana Medica 2|2016


































































































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