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48 RICERCA E CLINICA
Tutto questo si basa su una serie di pre- supposti scientifici, il primo dei quali risale a circa 20 anni fa. Nel 1996, dopo 12 anni di lavoro, il team di S. Brenner (Premio Nobel nel 2002) pubblicò la mappa completa delle con- nessioni tra tutti i neuroni del C. elegans con alcune lacune colmate nel 2006 da Chen, Hall e Chklovskii. La ricostruzione della struttura nervosa di questo Nematode (solo 302 neuro- ni con 7000 connessioni) cioè del “diagramma di cablaggio”, ha consentito di capire il suo comportamento. Adesso un progetto chiama- to “OpenWorm project” ha replicato la rete di connessioni neuronali del C. elegans in un software che gestisce un robot. Senza alcuna istruzione programmata e usando solamente la rete di connessioni che replica il sistema nervoso del nematode, il robot si muove in maniera simile al C. elegans. Questo dimostra che il diagramma di cablaggio tra i neuroni è il fattore cruciale che determina le proprietà complessive del sistema nervoso.
Il diagramma di cablaggio del cervello, cioè l’insieme dei collegamenti che interconnettono i neuroni, non deve essere visto come l’equi- valente di una stesura grafica di uno schema elettrico. Le connessioni cerebrali sono, infatti, soggette a continui cambiamenti. Il cervello, diversamente da quanto ritenuto in passato, è un sistema in perenne trasformazione. La vita plasma l’organizzazione delle nostre con-
nessioni attraverso le nostre esperienze. Per esempio, nei primi mesi di vita si stabiliscono connessioni a un ritmo impressionante: 1/2 milione al secondo. Il ritmo decresce progres- sivamente e l’esperienza inizia a selezionare ed eliminare le connessioni inutili sino a che nell’adulto rimangono solo il 60% delle con- nessioni della prima infanzia.
Ma anche durante la vita adulta gran par- te delle connessioni cerebrali subisce continui cambiamenti: possono essere create, rinforza- te, indebolite o eliminate in ogni momento. Questa perenne trasformazione permette la formazione di nuovi moduli di associazione di neuroni durante l’apprendimento o le fasi di codifica di un evento da memorizzare.
Ma accanto a questa dinamica e continua riorganizzazione, ci sono connessioni struttu- ralmente stabili che formano i moduli di ar- chiviazione dei nostri ricordi (autobiografici e semantici) e di tutti gli schemi motori che abbiamo appreso e conservato. In conclusio- ne, la nostra identità è riflessa nell’architettura organizzativa delle nostre connessioni: “cia- scuno di noi possiede la propria architettura di connessioni cerebrali ed è questa che fa di noi ciò che siamo”.
TM
Info: rossiale@unisi.it
La rete di connessioni cerebrali può essere definita a differenti livelli di scala che corrispondono a livelli di riso- luzione spaziale. La prima immagine a sinistra, è un’immagine della rete di connessioni a livello di microscala (risoluzione micrometrica). I neuroni sono identificabili con le sfere colorate e appartengono alla corteccia visiva di animale: un’eloquente dimostrazione della complessità organizzativa del cervello. La figura intermedia è un’im- magine della rete di connessioni funzionali ottenuta dal cervello umano a riposo con la tecnica della risonanza magnetica funzionale. Nota che è possibile identificare connessioni deboli e forti (node strength). La figura a destra è un’immagine di fasci nervosi (trattografia) ottenuta con tensore di diffusione: una tecnica speciale di risonanza magnetica. In generale, le immagini ottenute con particolari tecniche di risonanza magnetica vengono sottoposte a modellazione allo scopo di rappresentare le vie anatomiche di connessione, oppure di identificare e quantificare le connessioni che funzionalmente legano aree cerebrali diverse di un cervello a riposo o durante l’esecuzione di determinati compiti. Le connessioni funzionali vengono tipicamente identificate mediante l’analisi della sincronizzazione dell’attività cerebrale: se due o più strutture cerebrali distinte si sincronizzano, significa che sono tra loro interconnesse e che stanno collaborando per eseguire una determinata funzione. Benché la riso- luzione di queste tecniche sia a livello di macroscala, esse permettono di ottenere preziose informazioni relative all’organizzazione funzionale del cervello.
Toscana Medica 1|2016


































































































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