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NOTIZIARIO 61
Aggiornare la normativa sulla re- sponsabilità professionale è certa- mente opportuno. Ma il disegno di legge di prossima approvazione difficilmente potrà rappresentare un passo in avanti. In primo luogo, la normativa che si sta faticosamente costruendo è dettata da un approc- cio concettualmente sbagliato.
1. Le linee-guida devono essere un alleato del medico e della perso- na, sana o malata, che con lui si confronta: “Clinical practice gui- delines [have been defined] as systematically developed state- ments to assist practitioner and patient decisions about appro- priate health care for specific cli- nical circumstances”. Assistere, supportare non vuol dire giudi- care.
2. Le linee-guida hanno caratteristi- che peculiari. In primo luogo de- vono essere affidabili in quanto sviluppate secondo una metodo- logia rigorosa: seguendole dob- biamo avere una ragionevole ma elevata probabilità di giungere all’obiettivo cui puntiamo. An- cora, devono essere riproducibili: chiunque raccolga, valuti e sinte- tizzi sistematicamente la lettera- tura (selezionata attraverso una metodologia trasparente) deve giungere alle medesime conclu- sioni.
3. Le linee-guida devono essere flessibili: in altri termini devono poter essere adattate a diversi contesti e setting assistenziali. “Le informazioni scientifiche, quindi anche le linee-guida, de- vono necessariamente confron- tarsi con un contesto, quello in cui devono essere applicate, che ha le proprie connotazioni socio-culturali, organizzative e strutturali”. A questo proposito, pensare all’adozione di (e non al confronto culturale con) linee- guida di altri Paesi – magari sin- tetizzate, private dell’indispen-
sabile apparato di introduzione metodologica o rese più “facili da usare” – non può rappresen- tare una soluzione.
4. Il rapporto tra ricerca e pratica clinica non può ridursi nella for- mulazione di raccomandazioni che la seconda dovrebbe appli- care acriticamente: la genera- zione di evidenze scientifiche è il risultato della dialettica quoti- diana tra la ricerca e la pratica, con l’una ad informare l’altra in un andamento circolare. In una stagione di opportuno ripen- samento di alcuni aspetti – co- me definirli? – più “rigidi” della prassi fondata sui principi della medicina delle prove, l’afferma- zione della centralità della perso- na malata nel sistema sanitario presuppone l’assunzione di de- cisioni condivise tra il curante e l’assistito, al punto che un me- dico davvero “responsabile” non potrebbe che essere quello che – sebbene informato dalle indi- cazioni delle più affidabili linea- guida – tenga in considerazione le aspettative del paziente.
5. Le decisioni cliniche “non posso- no essere interamente o soltan- to evidence-based, e richiedono esperienza e preparazione mul- tidimensionale di nosografia, descrizione clinica delle malattie, fisiopatologia, farmacologia.”
6. Le linee-guida riguardano le ma- lattie e non i malati. Raramente affrontano la gestione di comor- bilità che rappresentano la sfida più complessa per gli operatori sanitari.
7. Produrre linee-guida è un per- corso lungo e costoso: non prevedere un finanziamento per questa attività – oltre a evi- denziare una sostanziale sfidu- cia nello strumento – rischia di obbligare il personale sanitario a fare riferimento a documenti prodotti grazie a finanziamenti
di industrie e come tali condizio- nati da conflitti di interessi.
8. Produrre linee-guida non è un’attività neutrale: solo il coor- dinamento e la verifica di qualità da parte di un’istituzione indi- pendente può promettere – se non garantire – che l’agenda di produzione di linee-guida sia dettata dalla rilevanza delle pro- blematiche approfondite, vuoi dal punto di vista epidemiologi- co-clinico, vuoi da quello della spesa sanitaria.
Andando oltre le specifiche ca- ratteristiche delle linee-guida, inviterei a riflettere su altri due aspetti.
9. Raramente la responsabilità ri- guarda il singolo professionista: il più delle volte è la struttura, l’organizzazione, l’ente a essere in difetto.
10.Collegare la responsabilità all’ap- plicazione di linee-guida presup- pone che l’operatore sanitario sia messo nelle condizioni di po- ter accedere facilmente e tempe- stivamente alle fonti. Così non è:
• le istituzioni sanitarie italiane hanno abbandonato le attivi- tà informative che avevano av- viato e condotto ormai diversi anni fa, dalla pubblicazione del Bollettino di Informazione sui Farmaci a Clinical Eviden- ce;
• gli investimenti a livello Regio- nale per l’acquisizione di let- teratura sono condizionati da finanziamenti sempre più mo- desti e il gap tra nord, centro e sud si sta progressivamente aggravando;
• dal punto di vista della forma- zione, il programma di edu- cazione continua in medicina è molto condizionato da pro- getti (parola grossa...) finan- ziati da industrie.
Linee guida sulle linee guida
Associazione Alessandro Liberati – Network italiano Cochrane Inserito da “Redazione SI” il 20 gennaio 2016
Toscana Medica 3|2016

