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QUALITÀ E PROFESSIONE 17
ziali, l’allocazione delle risorse e l’offerta di oppor- tunità giuste e trasparenti, devono essere declinati tenendo conto che le persone hanno bisogni, poteri e competenze diversi e che tali differenze devono essere identificate e orientate in modo da bilanciare gli squilibri esistenti. Fino a quando chi decide le re- gole dei sistemi sanitari e delle organizzazioni sani- tarie confonderà l’equità con l’uguaglianza, perché più facilmente individuabile e gestibile, continue- remo ad avere sprechi, duplicazioni, inefficienze e costi non più accettabili legati alla Non Qualità. Non vi è infatti nulla di più scorretto che decidere a prio- ri di dare a tutti le stesse prestazioni sapendo che tutti hanno, invece, necessità e bisogni diversi. Dif- ferenziare l’offerta è cosa molto complessa ma se non facciamo in momenti sociali così difficili le cose giuste da tutti attese, quando le faremo? In Econo- mia sanitaria si parla di bisogno (stato di insoddisfa- zione determinato nell’individuo dall’impossibilità di detenere o fruire di determinati beni e/o servizi nella misura desiderata) che può essere: primario o secondario, individuale o collettivo, originario o indotto. Si parla poi di domanda (quantità di un determinato bene richiesta in un periodo definito) ma non di domanda di salute in quanto non esiste, dato che la salute non è suscettibile di scambio e non può quindi essere acquistata, venduta o cedu- ta: la salute è un bene indisponibile che non può essere scambiata sul mercato. Il processo che regola il passaggio da bisogno di salute (asintomatico, av- vertito e diagnosticato) a domanda soddisfatta di servizi sanitari è chiaro come pure sono note alcune delle osservazioni collegate a questi processi, quali il rapporto di agenzia che esiste fra medico e pazien- te, l’offerta che in certi casi in sanità può indurre la domanda, l’asimmetria informativa e di conoscenza fra medico e paziente, l’esternalità del consumo ov- vero quella condizione in cui un soggetto gode di benefici senza sopportarne direttamente tutti i co- sti. In realtà tutti i professionisti sanitari dovrebbero lavorare concentrandosi solo sull’area dei bisogni a cui corrisponde una domanda appropriata e a cui, in quel caso soltanto, dovrebbe essere garantita una offerta di servizi. Spiace constatare che queste semplici regole, che governano la prima area tema- tica della Economia sanitaria, dopo oltre 30 anni di SSN potrebbero e dovrebbero essere meglio cono- sciute e applicate.
Ritornando alla variabilità e alla necessità di ridur- ne la quota non necessaria, dalla lettura del Rappor- to SDO 2011 del Ministero della Salute sembrereb- be che ci stiamo orientando verso questa direzione, almeno per quanto riguarda l’attività ospedaliera. Diminuiscono, infatti, i ricoveri e sale l’appropria- tezza clinica e organizzativa. Sono mezzo milione i ricoveri in meno registrati nel 2011 rispetto all’anno precedente (- 4,5%), per una riduzione complessiva di quasi due milioni e mezzo di giornate di ricovero e con un miglioramento dell’erogazione appropria- ta dell’assistenza ospedaliera. I ricoveri ospedalieri sono stati complessivamente 10.749.246 con una degenza media per acuti rimasta costante intorno al valore di 6,7 giorni, mentre per la riabilitazione e per le lungodegenze si registra un calo già in atto dal 2009. Si conferma una tendenza a migliorare l’erogazione appropriata dell’assistenza ospedalie- ra: rispetto al 2010 i ricoveri ad alto rischio di inap- propriatezza in regime ordinario sono diminuiti di
circa 185.000 unità (- 10%) e quelli in regime di day hospital di circa 80.000 unità (- 7%). L’attività per acuti in regime ordinario si attesta a 7.043.070 ricoveri, con un tasso di ospedalizzazione che è pas- sato da circa 116 dimissioni per 1.000 abitanti nel 2010 a poco meno di 110 nel 2011. La principale causa di ricovero in regime ordinario è rappresen- tata dal parto, con 316.814 dimissioni, seguono le patologie cardiovascolari e respiratorie e gli in- terventi chirurgici per sostituzione di articolazioni maggiori o reimpianto degli arti inferiori. I cicli di day hospital erogati sono stati 2.828.910, per un totale di 7.979.357 accessi dovuti principalmente alla chemioterapia che giustifica il 24% degli acces- si. Ma se passiamo ad una valutazione regionale troviamo dati interessanti che dimostrano quanto ancora si possa, e si debba fare, nel campo della lotta alla variabilità non giustificata. Cito alcuni dati della Regione Toscana, ma le osservazioni seguenti valgono per tutte le Regioni italiane e, in alcune di esse, in misura maggiore. Il tasso standardizzato di ospedalizzazione per tonsillectomia per 100.000 abitanti nel 2012 in Toscana oscillava fra il 20,64 della Azienda Sanitaria di Firenze e il 90,68 nella Azienda Sanitaria di Grosseto; quello per intervento di stripping per insufficienza venosa degli arti infe- riori fra il 76,56 della Azienda Sanitaria di Lucca e il 180,12 in quella di Prato. È evidente che il processo clinico-diagnostico e terapeutico non è stato presi- diato da un punto di vista professionale, se si ragio- na in una logica di fare esattamente solo quello che è atteso per mantenere o migliorare il livello di sa- lute quindi “nulla di più e nulla di meno” di ciò che è appropriato. Ancora: nel 2011 la degenza media preoperatoria nella chirurgia elettiva (che dovrebbe tendere a zero) a livello nazionale oscillava fra 1,3 giorni delle Marche ai 2,45 giorni del Lazio. Quan- ti milioni di giornate di degenza abbiamo sprecato inutilmente per produrre interventi che potevano essere erogati organizzando diversamente il ciclo di cura? Ovviamente non parlo dei “parti cesarei” perché in questo caso tutto è stato detto ma tutto continua ad essere, anno dopo anno, esattamente come prima, o quasi.
Un altro aspetto prioritario, potenzialmente connesso alla variabilità clinica e organizzativa, è quello legato alla introduzione della innovazione tecnologica nei nostri presidi. È noto che il mon- do dell’HTA in Italia appare legato a realtà diverse, a contesti normativi regionali diversi con modalità attuative fra loro ancora più diverse nelle singole Aziende. A questa variabilità, certamente non fisio- logica, si deve aggiungere quella dipendente dalle modalità organizzative che le Regioni si sono date per centralizzare gli acquisti, tenendo presente che sono stati ben 5 i miliardi di euro/anno risparmia- ti da Asl e AO per l’acquisto di beni e servizi tra il 2008 e il 2009 in Lombardia, Basilicata, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Campania (FIASO/CEIS Tor Vergata). Questo è sta- to un risultato importante ma negli anni successivi, anche a seguito di aggiustamenti più o meno attesi del mercato, il risparmio registrato è stato inferiore, nell’ordine del 7% sulla spesa totale, ovvero circa 1,5 miliardi euro/anno, comunque sempre conside- revole. Sono risultate stabili, invece, le ricadute in termini di velocizzazione degli acquisti che con le procedute centralizzate sono migliorati del 30%. Il
Toscana Medica 8|2015

