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16 QUALITÀ E PROFESSIONE
MAURIZIO DAL MASO
Le parole in Sanità:
variabilità, sostenibilità,
innovazione
A quando i fatti?
Maurizio Dal Maso, Chirurgo vascolare fino al 1999, medico di direzione sanitaria nella Az. Asl di Firenze fino al 2005. Spec. in Otorinolaringoiatria e Patologia Cervico-facciale, Chirur., Microchirur. e Chirur. Sperimentale ed Ig. e Med. Prev. Fra il 1999 e il 2005 Resp. del progetto CUP Metropolitano di Firenze, che ha coinvolto anche le AOUC e Meyer. Dal 2005 al 2010 Dir. Sanit. dell’Az. Policlinico Umberto I di Roma e da febbraio 2011 è Dir. Sanit. della ASL1 di MS.
Lotta alla variabilità, abbattimento dei costi della Non Qualità, incremento della produttività e innovazione continua dei processi e/o dei prodotti. Potrebbe essere la ricetta semplice, ma efficace, per uscire dalla attuale situazione di difficoltà oggetti- va dei diversi sistemi sanitari regionali. In effetti i 4 assi su cui puntare (appropriatezza, sostenibilità, sistema e innovazione) che erano stati individuati come drivers per uscire dalla crisi migliorando con- testualmente le performance delle organizzazioni sanitarie, sembrano essere stati dimenticati sempli- cemente perché sostituiti da altre “parole di moda” e il tutto senza avere verificato se gli obiettivi pre- cedentemente individuati erano stati raggiunti e, se sì, in quale percentuale rispetto all’atteso. È la solita vecchia abitudine: si fanno i proclami e poi, dopo un po’ di tempo, se ne fanno altri senza avere il coraggio e la volontà di andare a verificare cosa è stato fatto, chi ha davvero fatto e quindi rendere pubblico chi ha raggiunto gli obiettivi attesi e chi, invece, no.
Prendiamo in considerazione la variabilità. Nel suo recente libro “Cliente, paziente, persona” Marco Geddes da Filicaia osserva che la variabilità che caratterizza le prestazioni sanitarie appare ec- cessiva e su di essa si dovrebbero concentrare gli esperti di management sanitario al fine di ridurla sapendo che così facendo sicuramente migliore- rebbe la performance sanitaria complessiva e si abbatterebbero, contestualmente e stabilmente, i costi della Non Qualità che sono collegati al “fare bene cose inutili”, ovvero tutte quelle azioni che quotidianamente vengono attuate ma che non producono “valore” per il paziente consumando inutilmente le già limitate risorse. Nel 2012 il costo della Non Qualità del SSN ha pesato quasi per un punto percentuale del PIL, quindi, in un momento sociale così drammatico soprattutto per gli aspetti sanitari, abbiamo “buttato dalla finestra” circa 12 miliardi di euro facendo bene cose inutili! Secon- do Marco Geddes la variabilità può essere distinta in temporale e spaziale intendendo per temporale quella che si osserva nell’ambito dello stesso servi- zio dove la richiesta di prestazioni è oscillante nel corso della giornata e a cui le organizzazioni sani- tarie, fino ad oggi, hanno risposto con liste di atte- sa, oppure con un incremento di risorse umane e/o tecnologiche ovvero con una riduzione della varia- bilità stessa migliorando la pianificazione e la pro- grammazione sanitaria gestendo i flussi e ottimiz- zando il rapporto operatori/pazienti. La variabilità
spaziale è, invece, quella che si rileva nel confronto fra volumi di attività effettuati dai diversi erogato- ri o nella frequenza di prestazioni in diverse aree geografiche o in differenti gruppi di popolazione. In una logica di Economia sanitaria, quest’ultima risente direttamente della domanda e dell’offerta ovvero degli squilibri che il loro rapporto dinamico da sempre registra e che tocca altri importanti pa- rametri quali l’appropriatezza, l’uguaglianza, l’e- quità, l’accessibilità, l’efficacia/efficienza erogativa, ecc. Questo tipo di variabilità ci permette di fare al- cune considerazioni su aspetti importanti collegati da sempre all’agire clinico e, conseguentemente, a quello gestionale nelle organizzazioni sanitarie. Perché sottolineo questa sequenza, ovvero profes- sionisti prima e management dopo? Perché l’essen- za di ogni atto clinico-diagnostico, terapeutico e riabilitativo segue, da sempre, delle semplici regole:
1) il medico decide come utilizzare le risorse in base ad un percorso clinico-assistenziale che giudi- ca ottimale per quello specifico paziente;
2) è corretto ed essenziale che abbia questa li- bertà di scelta clinica;
3) sarebbe incoerente, però, se non avesse an- che la responsabilità dell’impiego corretto ed ap- propriato delle risorse.
In sanità il controllo economico non è di natu- ra gerarchica ma passa attraverso la responsabilità professionale di coloro che hanno in cura i pazienti.
A loro volta le organizzazioni sanitarie, consi- derate ”burocrazie professionali”, riconoscono tre caratteristiche principali:
1) le professioni rispondono in proprio delle attività,
2) la standardizzazione delle attività professio- nali è compito del professionista,
3) nelle attività professionali la direzione azien- dale ha scarso controllo delle risorse: i clinici con- trollano oltre l’80% delle decisioni rilevanti nel de- terminare i costi dei servizi erogati, mentre il mana- gement realizza l’integrazione e il coordinamento regolando le attività di supporto.
Ciò premesso, resta da capire cosa i sistemi sa- nitari a tutti i livelli non hanno fatto, se osservati da un punto di vista organizzativo, e quindi ricordare che quando si parla di uguaglianza si intende l’as- senza di discriminazioni tra le persone nell’accesso ai servizi assistenziali, nella allocazione delle risorse e nell’offerta di opportunità, mentre quando si par- la di equità intendiamo una cosa diversa e molto più complessa, perché l’accesso ai servizi assisten-
Toscana Medica 8|2015

