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EDITORIALE 5
ANTONIO PANTI
Quanto costano i farmaci?
“Nessun paese è ricco abbastanza per erogare a tutti i cittadini tutto quel che la medicina moder- na può offrire” Hannu Vuori (J. R.C. Medical Practictioner 1986).
A meno di inaspettate scoperte, il mercato farmaceutico è oggi orientato verso la ricerca e lo sviluppo di farmaci rivolti a gruppi ristretti di pazienti affetti da malattie più o meno rare, cioè verso una medicina personalizzata di altissimo costo. Alcune recenti innovazioni farmacologiche sono rivolte a patologie assai comuni, ma anche in questi casi i prezzi dei farmaci, comunque sia- no contrattati, sono elevati, molto superiori a quelli finora in uso. Tutto ciò sposta il problema di come si possa mantenere in vita un sistema assistenziale, fondato sull’universalità del diritto e l’uguaglianza dell’accesso alle prestazioni, dalle ben note questioni dell’evoluzione demografica e nosologica, della cronicità e dell’aumento del- la domanda, verso un altro concreto dilemma: gli oneri dell’innovazione. È possibile garantire a chiunque ne abbia bisogno lo stesso diritto alla cura quando i costi della medicina personalizzata sono talmente alti da mettere in crisi il finanzia- mento del servizio?
Il caso “epatite C” ha fatto da cartina di tor- nasole e ha reso consapevole il mondo intero del problema del prezzo dei farmaci innovativi. L’a- narchia finanziaria del mercato globale distrugge definitivamente i sistemi sociali universalistici? La Gilead ha acquistato Pharmasset, il produttore del sofusbuvir, (valore 1,5 miliardi di dollari) per 11 miliardi e ha venduto per 36 miliardi in 2 anni. Ma il farmaco costa oltre 70.000 dollari in America, 27,000 euro in Italia (al pubblico, altrimenti ha un costo minore), 800 dollari in Egitto e in India. Quale è il vero costo? E adesso che sono in com- mercio più farmaci analoghi, possiamo metterli a gara? Insomma il problema è meramente politico o riguarda anche i medici?
Ovviamente i medici sono interessati perché la loro deontologia li spinge a offrire le stesse pre- stazioni a chiunque ne necessiti. Ma, in concreto, cosa possono fare? I medici potrebbero essere attori fondamentali se fossero in grado di supera- re alcune contraddizioni: da un lato il conflitto di interesse, sempre vivo dal momento che la ricerca è per lo più sponsorizzata dal privato, dall’altro il rapporto con le associazioni dei pazienti spesso finanziate dagli stessi produttori. Infine la questio-
ne della sostenibilità del servizio dovrebbe esse- re più presente nelle loro decisioni, pur nei limiti dell’autonomia della cura e dell’interesse del ma- lato. Non è facile conciliare autonomia della cura e vincoli decisionali esterni, ma questa è la sfida più alta per tutti gli attori del sistema salute.
Tuttavia, se ci pensiamo bene, la questione principale risiede nella distorsione della concor- renza in un mercato assolutamente peculiare co- me quello del farmaco. Si ha l’impressione che le autorità sanitarie siano in balia delle multinazio- nali che stabiliscono il prezzo dei farmaci come nella storiella di quel signore che aveva venduto un canino da un milione di euro per due gatti da mezzo milione. Allora cosa possono fare i medi- ci? Vorrebbero offrire a chiunque ne abbisogni le stesse opportunità di cura ma non hanno alcun potere decisionale sul mercato se non quello di distorcerlo ancor più se non riescono a contenere il conflitto di interesse.
I medici dovrebbero, mediante i loro strumenti scientifici, definire cosa è innovazione, cioè quali criteri siano validi per accettare una novità come realmente diversa e superiore agli strumenti di cui dispongono. I medici debbono definire il target di ciascuna terapia innovativa, senza cedimenti; spetta a loro stabilire quando e come le sperimen- tazioni innovative siano sufficientemente garanti- ste per il paziente, pur abbreviandone il percorso; infine sono i medici che, mediante commissio- ni indipendenti, dovrebbero stabilire quando i farmaci, chimicamente diversi ma uguali per outcomes clinici e reazioni avverse possibili, pos- sono essere messi a gara.
Ci rendiamo conto come sia indispensabile re- tribuire il capitale di rischio e come solo la ricerca, sempre più onerosa, possa garantire il futuro della medicina. Tuttavia riteniamo che non sia una mis- sione impossibile rendere disponibili a chiunque ne abbia realmente bisogno i farmaci innovativi. Non si tratta di tentare incursioni “politiche” nel mercato, assai poco credibili, ma di rivendicare un ruolo sociale per la professione in una medicina in trasformazione, dal futuro entusiasmante ma dai costi che stanno diventando insostenibili. TM
S O M M A R I O ToscanaMedica11|2016


































































































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