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4 LE COPERTINE DI TOSCANA MEDICA
FEDERICO NAPOLI
L’arte senza pantofole dei Guggenheim
Solomon e Peggy Guggenheim: zio e nipote, con la comu- ne passione per l’arte contemporanea. I due personaggi e le loro collezioni sono i protagonisti della mostra attualmente ospitata nella sale di Palazzo Strozzi e titolata “Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim”. Solomon, facol- toso industriale dell’argento e del rame, grande collezionista, fu il fondatore dell’omonimo museo di New York, realizzato dall’architetto Frank Lloyd Wright, oggi con presenze anche a Berlino e Bilbao. Peggy ne fu la nipote: ereditiera, frequen- tatrice di salotti, collezionista, gallerista, protettrice di artisti emergenti, presente dal 1948 a Venezia, dove ha abitato a Ca’ Venier dei Leoni lungo il Canal Grande, oggi sede della Collezione d’arte che da lei prende il nome.
La mostra fiorentina appare più godibile se si instaurano raf- fronti fra le opere dei vari artisti presenti, in buona parte di origine europea o discendenti da famiglia europea, quindi qualora trasferiti negli USA protagonisti diretti o indiretti di migrazioni e sradicamenti. Nella prima sala della mostra, tre artisti possono essere indicativi del nuovo corso imboccato dall’arte del Novecento: Theo Van Doesburg assume un at- teggiamento razionale impostato su semplici forme geome- triche e su colori primari, mentre Max Ernst si affida a sug- gestioni surrealiste quale frontiera da valicare per esplorare nuovi territori dell’esistenza. A differenza dei primi due, Va- sily Kandinsky trova nell’arte un valore spirituale, rappresen- tato anche da un personale vocabolario fatto di forme e co- lori dallo specifico significato simbolico. Così, appare chiaro come molta arte del XX secolo abbia lasciato l’interesse per l’oggetto da ritrarre, trasformandosi in una forma espres- siva soggettiva e personale (essenziale
è l’influenza della psicoanalisi), quindi
frantumando, anzi negando, l’univer-
salità dell’arte. Nel proseguo delle sale
espositive, Picasso ritrae una figura e la
colloca in relazione con lo spazio, Arshile
Gorky identifica la prima con il secondo;
Duchamp propone lo sberleffo dadaista
come metodo espressivo provocatorio
nei confronti del pubblico dei “benpen-
santi in pantofole”; infine, Hofmann, De
Kooning e Sam Francis ritrovano l’ordine
compositivo nelle proprie opere, un mi-
sto di studiata composizione e di spunti
occasionali. Diverso è il caso di Jackson
Pollock: in lui ritornano echi formali
cromatici e operativi dei nativi del Nord
America (“Bufalo d’acqua”); in lui riaffio-
rano echi dalla scrittura automatica dei
dadaisti e surrealisti, finanche generiche
tracce delle parolibere futuriste, tutto
però trasformato in una sorta di vera e
propria auto-confessione senza interme-
diari, secondo una cultura protestante. Opere come “Fore- sta incantata” appaiono rivelatrici per lo stesso autore, che
con il dripping ritrova l’equivalente di certa scrittura di Joyce. L’arte non oggettiva italiana (qualcuno, impropriamente, la potrebbe definire “non figurativa”) propone il grande pannel- lo di Consagra, la drammatica suggestione paesaggistica di Burri, il concetto spaziale di Fontana, la tempera “Sbarramen- to” di Vedova, opere che riflettono la difficile Italia del secon- do dopoguerra, ma anche i successivi anni della tensione. Una saletta è dedicata a Peggy, con oggetti di Laurence Vail (primo marito, il secondo fu Ernst), quadri di Moore, Bacon, Tancredi, Jean Cocteau.
Infine, lo spazio dedicato al lettone Mark Rothko, che con il suo impatto visivo punta a solleticare sulla percezione visiva le sensazioni primarie del visitatore; ma anche Frank Stella rap- presentante della Optical Art si muove nel medesimo cam- po di interesse, seppure in modo diverso. Leggeri i mobili di Calder che concretizzano un’arte aperta perché in continua mutazione, contro millenni di arte con un preciso punto prio- ritario di visuale. E dalla Op alla Pop Art, con Roy Lichtenstein che nel suo grande pannello “Preparativi” (1968) usa il lin- guaggio grafico/compositivo del fumetto, genere di letteratu- ra popolare presente innegabilmente in ogni abitazione. Dunque, tanti autori - tra gli altri, Masson, Arp, Klee, Giaco- metti, Brancusi, Gabo, Dubuffet - una frammentazione di stili, linguaggi, materiali, sensazioni che riflettono l’eterogeneità culturale ed espressiva del nostro contemporaneo: non re- sta che cercare di sviluppare e dipanare le idee ed in questo la tecnica mista del 1967 “Senza titolo” di Cy Twombly pare riassumere l’intera possibile realtà (esterna, oggettiva; interna, soggettiva).
La mostra è curata da Luca Massimo Barbero.
Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim Palazzo Strozzi, fino al 24 luglio Orario: tutti i giorni 10,00 - 20,00 giovedì 10,00 - 23,00
Ritratto di Frau P. nel Sud Paul Klee, Venezia, Collezione Peggy Guggenheim
http://www.palazzostrozzi.org/mostre/guggenheim/
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