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EDITORIALE 5
ANTONIO PANTI
Le Olimpiadi della stupidità
Quest’anno il gran parlare delle Olimpiadi brasiliane ha contagiato i nostri amministratori fomentando una sorta di gara ardua e affollatis- sima, quella a chi la inventa più grossa, collegata con il primato mondiale tra i rompiscatole. A chi, tra gli esempi citati, assegnare l’oro e una men- zione solenne?
L’anno è cominciato con la trovata del 730 precompilato. Non se ne conoscono i vantag- gi per gli utenti, ovvii quelli per i commercialisti, evidente lo spreco di energie per i medici anche perché la cosiddetta rete digitale di solito com- plica le cose invece che semplificarle. Poco dopo una direttiva comunitaria (perché a Bruxelles non pensano agli immigrati?) ha imposto agli Ordini di comunicare entro 72 (settantadue) ore alla Di- rezione per gli Affari Comunitari della Presidenza del Consiglio i provvedimenti sospensivi o quelli di arresto degli iscritti, onde ne siano edotti sia in Lituania sia in Portogallo. C’è però un piccolo problema, che i magistrati si guardano bene dal trasmettere le loro ordinanze agli Ordini. Come sempre il Ministero interpellato tace.
Intanto scoppia la grana dell’ECM dei medici competenti, cartina di tornasole di come il con- seguimento dei crediti sia poco seguito dai colle- ghi e di quanto sia ancora in difficoltà il sistema anagrafico, cosicché la certificazione da parte degli Ordini richiede un lavoro assai complesso e il medico non ha certezza sui suoi adempimenti formativi. Problema enorme se lo si trasferisce nel contratti e nelle convenzioni ancora da stipulare. Infine nel maggio, quest’anno piovoso e incerto, il Ministero dell’Interno rispolvera una legge e ri- corda ai medici l’obbligo, quando certifichino ai fini della cremazione di una salma, di estrarre dal cadavere campioni di liquidi biologici e di annessi cutanei e di conservarli per dieci anni. Non c’è il regolamento e le Regioni, escluso tre che non cito ma non c’è la nostra, si rifiutano di collaborare. Però la circolare e la legge esistono e i medici che debbono fare? Dove e come prelevare i campioni e in qual luogo conservare i miseri resti? Propone- te a vostra moglie di usare il frigorifero domestico, senz’altro si incattivisce.
A giugno il Ministero della Difesa ha emanato un decreto col quale obbliga i medici a rilasciare
ai loro pazienti militari un doppio certificato, uno contenente la sola prognosi per il comando da cui dipendono, uno in busta chiusa contenente la diagnosi per il medico militare di controllo. Per non essere da meno, a luglio l’INPS ha pensato bene di produrre una corposa e complessa circo- lare per spiegare per quali invalidità o malattie, di cui ovviamente i medici dovevano essere edotti, i pazienti non fossero soggetti a controllo domi- ciliare onde il medico lo potesse segnalare, ricor- dando inoltre le differenti modalità certificative per i dipendenti privati rispetto a quelli pubblici e, all’interno di questi, tra le diverse categorie di servitori dello Stato.
Potremmo seguitare a lungo e i colleghi pos- sono contribuire al bestiario fin qui esposto anche al fine di assegnare un premio nazionale alla de- menza in sanità. Ma il discorso purtroppo è molto serio e per più motivi. Il primo è che chiunque, come si alzi la mattina, si permette di prendere decisioni che riguardano i medici senza consultar- li. Un’innegabile crisi di prestigio e una scarsa ef- ficienza rappresentativa che coinvolge tutti i livelli organizzativi nazionali. L’altro, e più importante, è che non riusciamo a far capire che il tempo dei medici deve essere usato nell’interesse del pazien- te cioè per la cura di cui la relazione è parte es- senziale. Per ascoltare e capire ci vuole tempo e il tempo della relazione è tempo di cura. Se non facciamo comprendere questa verità ai politici e agli amministratori ne andrà della stessa credibili- tà della medicina.
Questa è l’azione professionale e sindacale più importante da perseguire e su questa i medi- ci e le loro rappresentanze debbono impegnarsi. A partire dall’affermazione che il medico certifi- ca diagnosi e prognosi, le modalità d’uso sono compito personale del cittadino che riceve il cer- tificato. È ovvio che un sistema complesso come la sanità esiga una quota parte di burocrazia e il medico deve rendere conto di quel che fa anche semplicemente asserendo la realtà di quel che ha constatato e che prevede. Ma superare i limiti del buon senso non serve a nessuno, tanto meno a chi sta male e ha bisogno del medico e non di un burocrate infastidito.
TM
S O M M A R I O ToscanaMedica10|2016


































































































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