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LETTERE AL DIRETTORE 45
Capita che un cittadino si rivolga a un libero professionista per un qualsiasi pro- blema. È un diritto inalienabile e inconte- stabile. Capita che il professionista privato consigli l’esecuzione di accertamenti utili per la definizione della diagnosi o del- la terapia. Allora il cittadino ritorna dal proprio medico di famiglia per ottenere la trascrizione degli accertamenti al fine della gratuità. È bene precisare che, al di là dei rapporti collegiali che il consulente può direttamente instaurare col curante, quando un cittadino si rivolge al privato non può pretendere di rientrare nel siste- ma pubblico quasi che il medico di fami-
glia fosse un mero trascrittore. Quest’ul- timo assume tutti gli oneri civili e penali della prescrizione e può farla solo se ne è scientificamente convinto. Occorre che i consulenti privati facciano presente que- sto fatto ai propri pazienti onde evitare spiacevoli controversie. In poche parole anche gli accertamenti diagnostici rica- dono nella libera professione.
Situazioni ancora più deontologi- camente rilevanti si verificano quando il medico privato rimanda al curante di famiglia la redazione dei certificati. In questo caso si induce il medico generale a commettere un falso! Se l’Ordine rice-
vesse la segnalazione di un rifiuto di cer- tificare da parte del consulente privato, non potrebbe che procedere disciplinar- mente. Si ricorda a tutti gli iscritti che la redazione di un certificato richiesto dal paziente è un preciso obbligo deonto- logico cui nessun medico può sottrarsi. Tutti i medici sono dotati di accredito per la comunicazione elettronica delle fattu- re. Nello stesso modo possono inviare i certificati dematerializzati. Comunque il certificato su ricettario personale ha sempre valore presso l’INPS o per qual- siasi altro scopo.
Nel loro fine vita i medici ricorrono a cure meno
intensive?
Come affrontare il periodo terminale del- la vita è un problema complesso e sono mol- to utili i dibattiti ed i convegni intedisciplinari come quello organizzato dall’Ordine dei Medici in collaborazione con l’Università di Firenze su “Il fine vita tra medicina e diritto: nuovi para- digmi“, del 25 maggio. Un aspetto importante del problema è la crescita esponenziale della spesa sanitaria in tale periodo, sottolineata dal dott. Alfredo Zuppiroli nella sua relazione“ Il do- cumento del SIAARTTI sulle grandi insufficienze d’organo “end-stage”. Per i pazienti in regime di Medicare negli Stati Uniti un quarto di tutte le spese si ha nell’ultimo anno di vita, dovuto all’aumento delle cure intensive. Ma qual è il comportamento dei medici quando si avvicina- no alla propria morte? Una domanda stimolan- te alla quale hanno cercato di dare una risposta Maddock et al., nel loro articolo pubblicato sul J Am Geriatr Soc 64:1061–1067, 2016, “How U.S. Doctors Die: A Cohort Study of Healthcare Use at the End of Life”.
Secondo una diffusa opinione negli Stati Uniti i medici, quando sono pazienti, possono morire in modo diverso dal resto della società. Avendo un’intima conoscenza delle possibilità delle cure, sono gli unici che possono render- si conto dei potenziali benefici e dei limiti del- la moderna medicina e con le loro conoscenze avere una migliore comprensione della prognosi
di una malattia terminale. Di conseguenza si è ipotizzato che opterebbero per un approccio al- le cure meno intensivo rispetto alla popolazione generale. Lo studio di Maddock et al. non ha confermato tale ipotesi. Confrontando quello che avviene negli ultimi sei mesi della fase ter- minale per la popolazione generale (192,006 decessi) e per i medici (9947 decessi) gli Auto- ri hanno riscontrato che il numero di giorni in terapia intensiva, nelle unità di terapia critica e nell’uso degli hospices era addirittura maggiore per i medici rispetto alla popolazione generale.
Si può obbiettare che gli studi di popolazione siamo difficili e soggetti a critiche molteplici, che i risultati potrebbero essere diversi nei vari Paesi , che i medici sono esseri umani e come tali opera anche in loro il desiderio di ritardare comunque la morte. Tuttavia, poiché dalla letteratura scien- tifica risulta che le spese maggiori dell’ultimo periodo della vita sono associate a una peggiore qualità della vita stessa e molti interventi sono in disaccordo con le preferenze individuali, l’artico- lo di Maddock et al. contiene un messaggio che i medici non possono eludere. TM
Alberto Dolara, già Direttore Unità di Cardiologia San Luca, Careggi Firenze
Importante: regole per la libera professione
VITA DELL’ORDINE
S O M M A R I O
ToscanaMedica9|2016


































































































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