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QUALITÀ E PROFESSIONE 21
Figura 2
2) Per quanto riguarda l’esperienza effettiva della Medicina Generale, il primo dato che emerge è l’elevata percentuale (>80%) di medici che ha sospettato un uso patologico di sostanze psicotrope o si è relazionata con pazienti con diagnosi di dipendenza. Tale evi- denza conferma il ruolo di primo livello che il medico di medicina generale può avere nell’identificazione e nella diagnosi precoce dei disturbi da sostanza e successivamente in un’eventuale gestione cronica con i servizi ter- ritoriali esistenti. La sua quotidiana presenza nello studio medico di riferimento, il rappor- to continuativo e fiduciario con il paziente e la conoscenza della sua realtà socio-familiare pongono difatti il medico di medicina gene- rale in una posizione preferenziale rispetto ad altre figure sanitarie. La sostanza principal- mente “incriminata” è stata l’alcol, seguita da cocaina ed eroina, cannabinoidi ed infine farmaci psicoattivi. Da sottolineare come so- lo un medico sul totale dei partecipanti abbia citato la nicotina come sostanza psicoattiva. Questo può essere un “errore” di non valuta- zione, essendo il tabacco la droga legale più utilizzata in Italia (con un totale di 10,9 milioni di fumatori, circa il 20% della popolazione) il cui uso è oramai un fenomeno culturale non discriminato, al contrario di altre sostanze.
3) Nella terza parte del questionario è stato in- dagato il rapporto medico-paziente in cui l’anamnesi viene ad essere la prima occasione di dialogo. Secondo i dati ricavati più dell’80% dei medici indaga l’uso di sostanze psicoattive durante il colloquio con il paziente, ma solo in un 20% lo fa al primo incontro. La mag- gior parte degli intervistati approfondisce la questione in caso di sospetto fondato e/o dopo aver instaurato un rapporto di fiducia,
ma anche in occasione di certificazioni anam- nestiche. Tuttavia, un 20% di medici non af- fronta l’argomento. Il timore di offendere è il motivo riportato dal 50% di essi, seguito dalla mancanza di tempo e dalla presenza di terza persona. Allo stesso tempo, l’80% dei medici sostiene che i pazienti abbiano difficoltà a far emergere un uso patologico di sostanze ed il colloquio sembrerebbe limitato in primis dalla stigmatizzazione/riprovazione sociale dell’ar- gomento, che lo rende imbarazzante, ma an- che dal timore (di eventuali giudizi/pregiudizi o forse conseguenze).
4) Analizzando la quarta parte del questiona- rio, emerge la necessità di maggiore collabo- razione con i Ser.T, espressa da ben il 97% dei partecipanti. Il ruolo del medico di medi- cina generale non si dovrebbe infatti limitare al semplice invio al Servizio di zona, ma do- vrebbe essere parte di un percorso condiviso nella gestione di un paziente spesso cronico. Il Ser.T dunque dovrebbe essere un servizio specialistico a cui richiedere, ad esempio, consulenze in caso di complicanze, polipa- tologia e necessità di prescrizione di farmaci psicoattivi. Purtroppo l’attuale collaborazio- ne è così limitata che il 45% degli intervistati non sa descriverne l’esatta funzione, senza conoscere realmente il ruolo di questo ser- vizio e le possibilità di prevenzione, cura e riabilitazione che può fornire ad eventuali pazienti.
5) Con la quinta ed ultima parte dell’indagine, abbiamo cercato di mettere alla prova le co- noscenze dei partecipanti, utilizzando due domande “tecniche” e due che potremmo definire “di attualità” (Figure 1-4). Dalla pri- ma all’ultima le percentuali di risposte cor- rette sono passate dal 75% al 35%. La più
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