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EDITORIALE 5
ANTONIO PANTI
Il partito dei giovani
Non era mai successo, ma c’è sempre una prima volta. Che il medico, che ha studiato tanto, che esercita una professione così social- mente rilevante, un lavoro sicuro e ben retri- buito, agognato dai genitori per i propri figli, potesse essere condannato al precariato era impensabile fino a pochi anni or sono. Ma sta succedendo e la situazione può peggiorare. La professione medica vive un lungo periodo di di- sagio per molti motivi discussi più volte in que- sta rivista. Una difficoltà che ha anche aspetti squisitamente professionali, ma che potreb- bero essere affrontati se vi fosse un periodo di governabilità e se il Parlamento si degnasse di porvi attenzione, vincendo le opposizioni più o meno corporative di altre professioni (avvocati o magistrati), dell’università, degli stessi medi- ci affetti da miopia categoriale. Oggi nella vita politica mancano sia riflessione che continuità e quindi è difficile ogni previsione. E i problemi sono enormi.
Possiamo elencarne i maggiori. Intanto la responsabilità medica di cui tutti si preoccupa- no ma che nessuno affronta di petto. Si deve superare il concetto di colpa e risarcire gli even- tuali danni mediante una giustizia conciliativa che abbandoni l’inutile arroganza della sanzio- ne. Poi vi è la grande sfida del rapporto con le altre professioni che non si risolve definendo in astratto l’atto medico bensì riconoscendo le autonome competenze di chi le possiede e esercitando una vera leadership dei percorsi as- sistenziali. E ancora vi è da riscrivere, lo sappia- mo da cinquanta anni, la legge sulle professioni e poi permangono questioni etiche non risol- te e che il nostro Paese elude per oltranzismo ideologico. E altro ancora. Ma la questione più importante è quella dell’accesso al lavoro che è connessa con la formazione. Su questa occorre meditare per non esporre i nostri giovani colle- ghi a situazioni di disoccupazione strisciante o di precariato.
La prima osservazione riguarda la mancan- za di una seria e convincente programmazione della formazione in accordo col modello ope- rativo del servizio sanitario. Gli accessi previsti alla facoltà sono troppi mentre quelli alle spe-
cializzazioni sono sbagliati perché tengono conto delle disponibilità universitarie e quindi, ad esempio, sopravvalutano alcune specialità mediche e sottovalutano quelle chirurgiche. I colleghi esclusi perché non hanno superato l’e- same di ingresso oppure assegnati a qualche specializzazione con poco futuro si troveranno, se va bene, precari o sottoccupati.
È facile elencare i problemi sul tappeto, difficile capire perché non vi sia accordo sui rimedi anche tra i medici, come non si possa aprire un confronto chiaro con l’università, come non si affrontino le questioni formative insieme a quelle inerenti l’accesso alla profes- sione e ai contratti e convenzioni, dal momen- to che le cose sono tra loro intrecciate e non si possono logicamente separare. Perché non si può realmente aprire il servizio sanitario alla formazione? Perché non si può assumere pri- ma della specializzazione o della conclusione del tirocinio? Perché non si può programmare la formazione secondo le necessità del lavoro per non creare precari di ritorno? Perché non riequilibrare il fondo per la formazione con i finanziamenti per i rinnovi contrattuali per ga- rantire una valida percentuale di assunzioni? E come evitare i devastanti interventi della magi- stratura che aumentano gli accessi creando altri possibili disoccupati? E perché non si riduce il numero dei posti a medicina per incrementare quelli nelle professioni sanitarie?
Questo non è il gioco dei perché ma il triste elenco delle “distrazioni” dei politici, dell’uni- versità e degli stessi medici nei confronti dei giovani. Che, oggi, dovrebbero muoversi assai più di quanto, invero timidamente, comincia- no a fare. Non c’è da rottamare nessuno né da fondare il partito dei giovani, però un labora- torio di pensiero va creato per saper muovere da questo un movimento politico che costringa tutti ad assumersi le proprie responsabilità di fronte ai giovani colleghi. Il futuro lo si inventa ogni giorno col proprio agire, col proprio im- pegno e onestà intellettuale, tuttavia sulla base di ciò che trova. E ciò che appare ora a chi si affaccia alla medicina non è consolante.
TM
Toscana Medica 4|2015


































































































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