Page 49 - Toscana Medica
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FRAMMENTI DI STORIA 49
ALDO FUSI
Al tempo dell’alluvione
La pioggia di questi giorni mi ha fatto tor- nare alla mente un’episodio del 7 Novembre 1966.
Due giorni dopo l’alluvione di Firenze, il Sin- daco di allora, Rolando Mensi, convoca in Co- mune i medici e le ostetriche e dice: «Bisogna che a gruppi di due, un medico ed un’ostetrica andiate a Firenze a fare qualcosa per gli alluvio- nati. In piazza dei Ciompi c’è un centro soccor- so, andate e qualcosa vi faranno fare».
La mattina successiva io e la Signora Lagi Iolanda partiamo e arrivati sui viali di circonval- lazione ci ferma la polizia: bisogna lasciare la macchina e proseguire a piedi e bisogna anche munirsi di stivali di gomma e in piazza Cavour c’è un camion militare che per quattro lire ven- de stivali di gomma verdi.
Firenze è un disastro, fango nero, perché si è mescolato all’acqua il gasolio fuoriuscito dalle cisterne. Saracinesche divelte, auto rovesciate.
Abbiamo una lettera di presentazione per il centro soccorso di Piazza dei Ciompi dove final- mente arriviamo.
Ci danno un elenco di cinque famiglie da vi- sitare, due in Piazza dei Ciompi, due in via Pie- trapiana, ed una in via dei Pilastri.
La gente da un punto di vista di salute sta bene, sono spaventati e preoccupati.
Passando da via Pietrapiana il cielo è nuvolo- so ma non piove e il sole ogni tanto fa capolino fra le nuvole.
Davanti a noi c’è un uomo anziano con un bastone che guarda in alto, finalmente il sole riesce ad uscire tra le nuvole e inonda di luce e di calore noi e tutta la strada.
L’uomo alza il bastone in alto e dice a voce alta: «Vien fuori, bischero!» ed io dico alla mia collega: «Signora quando stamattina siamo ve- nuti qui non sapevamo con certezza dove era- vamo arrivati visto il disastro che c’era, ma ora le assicuro che siamo a Firenze perché solo a Firenze dicono bischero».
Scrivo queste righe perché si sappia che an- che da parte nostra qualcosa fu fatto per la gen- te dell’alluvione. TM
Medico chirurgo, Barberino di Mugello
Vicino a casa mia c’è un forno chiamato “Il Tocco”.
Otello e la Marianna hanno da tempo lascia- to il lavoro. Ci sono i due figli che continuano. Uno di questi ha sposato una ragazza di S. Piero a Sieve che lavora alla Rifle e che viene a fare merenda al forno, si conoscono, si innamorano e si sposano.
Dopo un anno nasce una bambina che si chiama Arianna. Arianna in questo momento ha quattro mesi, i genitori sono molto affezio- nati alla loro ostetrica che è la Grazia e prima di chiamare il Dottore chiamano l’ostetrica.
La bambina è abbandonata, non piange, ha la febbre e la Grazia mi telefona.
Vado, per fortuna stanno vicino; non c’è bi- sogno del termometro per capire che la fron- te brucia. Ha il collo rigido e soprattutto non piange. Quando c’è un dolore forte si piange ma quando il dolore è tremendo non si piange più. Sospetto una meningite e la ricoveriamo a Firenze con l’ambulanza.
Speriamo di aver fatto bene e quando torno a casa sono le cinque di mattina.
Dopo una mezz’ora suona il telefono: «Scu- sa mi hanno dato il tuo numero i parenti del- la bambina, che ci hai ricoverato poche ore fa, sono il medico del reparto di malattie infettive del Meyer.
Abbiamo fatto alcune cure ma la bambina purtroppo è morta. Se io la dichiaro morta qui al Meyer va senz’altro ad Anatomia Patologica e restituiranno il corpicino tra tre o quattro giorni a meno che tu ti prenda l’impegno di dichia- rarla morta a Barberino; io te la rimando in su con una nostra ambulanza entro un paio di ore. Bisogna fare anche una profilassi antibiotica a tutti i familiari, sei d’accordo?».
Ho detto di si. È contento il medico del Meyer che non risulta una morta per meningite a Firenze, contenti, se possibile dirlo, i familiari che avranno il loro corpicino qui invece che a Firenze, e io?
TM
Pane e lacrime
Toscana Medica 1|2015


































































































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