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52 LETTERE AL DIRETTORE
L’uso sciatto dei termini nella letteratura scien- tifica di solito non comporta fraintendimenti, perché chi legge, avendone la preparazione, men- talmente li corregge; ma è grave, perché tende a perpetuarsi.
Più preoccupante è che letalità e mortalità ven- gano scambiate da organi istituzionali, perché ciò favorisce la corruzione semantica, ufficializzando- la. In una pagina FAQ (5) (ma perché chiamarla cosi?) il nostro Ministero della Salute testualmente afferma:
1. Che cos’è la malattia da virus Ebola?
• La malattia da virus Ebola (EVD), preceden- temente nota come febbre emorragica da virus Ebola, è una malattia grave, spesso fatale, con un tasso di mortalità di circa il 50%. Nelle epidemie passate il tasso di mortalità variava dal 25% al 90%.
Curioso che l’anonimo compilatore non abbia seguito l’esempio virtuoso del suo ministro, che nel riferire al Parlamento ha usato il termine ap- propriato (6).
Grave che termini impropri siano usati ex ca- thedra, ancorché da docenti di discipline che non hanno la statistica fra i loro fondamenti. Grave che affiorino in relazioni congressuali, o in pubblica- zioni scientifiche.
Le cause
Non escludo che in qualche sede universitaria ci sia o ci sia stata una qualche carenza nella for- mazione di base. So che in passato i corsi di sta- tistica medica e biometria erano complementari, giustificando l’esclusione della materia dai corsi di Igiene. Ma so anche che troppo spesso i docenti di clinica e patologia medica, di chirurgia, e delle
varie specialità usavano e usano i termini in modo non appropriato, tanto che già all’ingresso nelle scuole di specializzazione molti medici considera- no i termini intercambiabili. Il resto scientifiche, da relazioni congressuali e da certe attività di ECM.
Rimedi?
Nel mio piccolo mi è capitato di correggere qualche tesi di cui ero relatore; da correlatore, mi sono astenuto dal far rilevare l’errore, per non pe- nalizzare il candidato, inattento ma incolpevole; nei convegni, riprendo garbatamente qualche col- lega di cui ho stima, lascio correre con gli altri; un vecchio proverbio recita: a lavar la testa all’asino ci rimetti il ranno e il sapone.
Certo un singolo non può frenare l’andazzo. Occorre che molti se ne facciano carico. Penso in particolare ai referees delle riviste scientifiche ed ai revisori delle attività di ECM. A proposito di ECM, sarebbe utile che la FNOMCEO offrisse un sempli- ce modulo di FAD in statistica medica per soddi- sfare a un bisogno [ri]formativo ormai diffuso fra i medici. TM
Bibliografia
(1) http://www.treccani.it/enciclopedia/mortalita/
(2) http://it.wikipedia.org/wiki/Tasso_di_letalit%
C3%A0
(3) http://www.cdc.gov/mmwr/preview/mmwrhtml/
mm6342a6.htm?s_cid=mm6342a6_w
(4) http://wwwnc.cdc.gov/eid/article/16/10/pdfs/10-
0242.pdf
(5) http://www.salute.gov.it/portale/p5_1_1.jsp?
lingua=italiano&id=184
(6) http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2
_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p= dalministero&id=1830.
ALBERTO DOLARA
La neurochirurgia ospedaliera fiorentina
Vorrei ringraziare con questa lettera Franco Am- mannati e Guido Pecchioli per l’articolo“ La neuro- chirurgia ospedaliera fiorentina” pubblicato su To- scana Medica nell’ottobre u.s. Mi ha fatto ricordare gli incontri con i protagonisti di questa bella storia durante la mia attività a Careggi nel lungo periodo 1960-2002, incontri che rendono gratificante il la- voro in un grande ospedale e piacevole il ricordo per la reciproca stima e simpatia che hanno suscitato. La semplicità e la trasparenza nei contatti umani di Sergio Briani, le battute salaci e corrosive di Pasqua- le Menonna, la gentilezza e disponibilità di Franco Ammannnati, oltreché ovviamente la loro grande professionalità alla quale ho più volte affidato la vita dei miei cari. Infine non posso omettere di aver
constatato de visu, come paziente, durante un mio ricovero nel reparto neurochirurgico, l’impegno e le capacità professionali di tutti gli operatori che hanno contribuito ”...allo sviluppo di una struttura degna di Firenze”, come giustamente concludono Ammannati e Pecchioli nel loro articolo.
Colgo l’occasione per un invito ai colleghi cardiochirurghi a scrivere una altrettanto lunga storia, quella della cardiochirurgia ospedaliera di Careggi che merita di essere illustrata non tanto per il suo faticoso e travagliato avvio nel ven- tennio 1970-90, alla risoluzione del quale credo comunque di aver dato un contributo positivo, quanto per il successivo percorso che ha portato ai positivi risultati attuali. TM
Alberto Dolara, nato a Firenze nel 1932. Laurea in Medicina, Firenze 1957. Specializzato
in Cardiologia, 1961. Perfezionamenti: Ospedale Niguarda (Milano) 1968; Hammersmith Hospital (Londra) 1980; NIH (Bethesda, USA) 1983, 1987. Già Direttore della Unità Cardiovascolare, S.Luca-Ospedale Careggi, Firenze, 1979-2002.
Toscana Medica 1|2015

