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54 LETTERE AL DIRETTORE
SANDRO SPINSANTI
Un diritto gentile
C’è fermento in questo periodo tra i compo- nenti del gruppo che si è dato per obiettivo di pro- muovere “un diritto gentile in medicina”. Costitui- tosi nella primavera del 2012, al gruppo di lavoro aderiscono giuristi, bioeticisti, medici, psicologi, infermieri, sotto la guida di Paolo Zatti, professore emerito dell’Università di Padova. Non si tratta di “anime belle”, motivate da intenti idealistici sotto il segno dell’amabilità. Non vogliono edulcorare il diritto; hanno un obiettivo molto concreto: ricollo- care il diritto sanitario là dove è di casa, ossia nella relazione terapeutica. Auspicano delle regole che evitino la violenza e rispettino la dignità delle per- sone, soprattutto nelle decisioni che riguardano la fine della vita. La pluralità delle professioni coinvol- te nel progetto ci ricorda che costruire una rete di norme giuridiche corrette in sanità è un compito che non può essere delegato ai soli giuristi: richiede il contributo attivo di tutti i protagonisti della cura.
Ma che cosa è la “gentilezza” con cui vogliono qualificare il diritto? È più facile definirla in negati- vo: basta aver presente il clima che vigeva in Italia cinque anni fa, nel pieno della polemica intorno ai casi Welby ed Englaro (a rinfrescare la memoria aiuta il film di Marco Bellocchio: Bella addormen- tata!). La polemica senza esclusione di colpi, la po- larizzazione delle posizioni ideologiche, i progetti di legge non ad personam, ma addirittura contra personam ... Ebbene, i promotori di un “diritto gentile” si dissociano da quel clima e auspicano normative che, invece di ridurre la complessità a caricatura, ricollochino la questione giuridica nel contesto di un rapporto di cura, che ha dimensioni psicologiche, comunicative e organizzative.
L’euforia che serpeggia nel movimento ha un solido motivo: il 2 ottobre è stata pubblicata la sentenza del Consiglio di Stato relativa alla le- gittimità del provvedimento con cui la Regione Lombardia ha respinto la richiesta avanzata da Beppino Englaro, in qualità di tutore della figlia Eluana, in stato di coma vegetativo permanente, nel rispetto della volontà precedentemente da lei espressa; il tutore chiedeva alla Regione di mette- re a disposizione una struttura per il distacco del sondino naso-gastrico che la alimentava e nutriva artificialmente. I commenti compiaciuti che circo- lano in rete tra i componenti del gruppo circa la sentenza riposano sulla sostanziale sovrapponibili- tà tra le proposte avanzate dagli studiosi e quanto sostenuto dal Consiglio di Stato. Questo, infatti, nel respingere le argomentazioni con cui la Regio- ne Lombardia ha sostenuto il suo rifiuto, ricondu- ce la struttura giuridica sottintesa alle decisioni di fine vita al principio - fondato costituzionalmente - del consenso informato. Questo comporta la fa- coltà di rifiutare la terapia o di interromperla: “Il consenso informato ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di
trattamento medico, ma anche eventualmente di rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte la fasi della vita, anche in quella terminale”.
A evitare ogni abusiva semplificazione, la sen- tenza richiama l’alleanza terapeutica, che può legittimamente prevedere una strategia della persuasione, offrendo un supporto di solidarietà concreta nelle situazioni di debolezza e sofferenza. Senza per questo rinnegare il principio dell’auto- nomia personale, garantito dal diritto vigente nelle relazioni di cura. E’ questo il principale motivo di esultanza per i promotori del “diritto gentile”: la sentenza conferma la loro convinzione che non c’è incertezza del diritto intorno alle questioni di fine vita. Un eventuale intervento legislativo non deve scardinare il diritto vigente, ma solo esplicarlo e rafforzarlo.
Un’ulteriore osservazione: proprio la particola- re fisionomia del “diritto gentile” in medicina giu- stifica la presenza dei medici nel gruppo di ricerca. Distanziandosi da chi immagina disegni legislativi contro i medici, bisogna affermare con forza che in medicina il diritto può essere legittimo solo se prende forma con loro, dando voce alla saggez- za che nasce dall’esercizio consapevole della pro- fessione. I medici italiani, del resto, hanno saputo dare una felice formulazione, nel codice deon- tologico del 2006, delle regole che conferiscono “qualità professionale” al loro agire quotidiano: “Il medico agisce secondo il principio di efficacia del- le cure nel rispetto dell’autonomia della persona tenendo conto dell’uso appropriato delle risorse” (art.6). La ricerca dell’equilibrio tra bene del pa- ziente, rispetto dell’autonomia e considerazioni di ordine sociale (il movimento di Slow Medicine parla di medicina sobria-rispettosa-giusta) rende la pratica attuale della medicina un’arte molto più complessa che in passato. È importante sapere che coloro che la esercitano in questo modo non praticano qualcosa di arbitrario, ma hanno il pie- no sostegno del diritto che tiene insieme il nostro Paese. TM
La FNOMCeO si è più volte appellata al Par- lamento perché le leggi fossero informate a un “diritto gentile” e quindi non interferissero nel rap- porto tra medico e paziente. Questo articolo, che volentieri pubblichiamo, si riferisce alla sentenza 4460 del 2/10/2014 del TAR Lazio in cui, tra l’altro, si leggono queste affermazioni:
– “la Cassazione ha affermato il fondamen- tale principio che il consenso informato ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le di- verse possibilità di trattamento medico, ma anche di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale”;
Sandro Spinsanti, Laurea in psicologia e in teologia con spec. in teologia morale. Ha insegnato etica medica nella facoltà di medicina dell’università Cattolica di Roma e bioetica nell’università
di Firenze. Ha diretto il Centro internazionale studi famiglia (Milano) e il Dip. di scienze umane dell’Osp. Fatebenefratelli all’isola Tiberina (Roma). Ha fondato e dirige l’Istituto Giano (Roma).
È stato componente del Comitato Nazionale per la Bioetica. Ha fondato e diretto la rivista L’Arco di Giano (Esse editrice). Ha fondato e diretto la rivista “Janus. Medicina: cultura, culture” (ed. Zadig).
Toscana Medica 1|2015


































































































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