Page 55 - Toscana Medica
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LETTERE AL DIRETTORE 55
– “non è giuridicamente accettabile né scien- tificamente corretto, prima ancor che contrario a ogni senso e principio di umanità, che esso sia di stampo personalistico o solidaristico, affermare o implicitamente ritenere che, anche dopo il rifiuto di un trattamento sanitario da parte di un pazien- te, il tratto terminale della vita, che separa dall’in- terruzione della cura alla più che probabile morte,
non possa e non debba essere anch’esso essere bisognoso e, quindi, meritevole di cura e di presa incarico da parte del Servizio Sanitario Nazionale, seppur nella declinazione di un concetto di “cura” diverso, nel mutato intendimento del paziente, da quello seguito fino a quel momento”.
Antonio Panti
O tempora, o mores
Caro Presidente,
tu che da anni guidi l’Ordine dei Medici, redigi con attenzione e cura la nostra rivista Toscana Medica e soprattutto sei un attento osservatore dell’evoluzio- ne dei tempi e dei costumi anche della classe medi- ca, forse potrai rispondere ad alcune mie domande:
«Che è successo?».
«Perché oggi siamo arrivati a questo livello?». Sono sicuro che mi perdonerai l’anonimato di
questo mio scritto: se avrai la pazienza di legger- lo tutto capirai certamente che non è per la mia personale tutela che non firmo la lettera, ma per il rispetto che debbo agli altri personaggi dell’evento.
Antefatto: circa 50 anni fa ero uno specializ- zando che frequentava l’Ospedale di Careggi.
In quel periodo mia moglie partorì, in una came- ra paganti (ti ricordi: a quei tempi c’erano i paganti) della Clinica Ostetrico-Ginecologica, una splendida bambina. Tutto andò bene e dopo 4 giorni tornam- mo a casa felici e contenti.
Ovviamente poco dopo andai a saldare il mio debito e, con mia grande sorpresa, notai che tutta l’équipe medica (Direttore, Aiuto, Assistenti; a quei tempi c’era il famoso 4,2,1 che non era uno schema calcistico ma le quote di suddivisione dei proventi) si era ridotta gli emolumenti del 50%.
Chiesi spiegazione del fatto e mi fu risposto: “Sei un collega (io, illustre sconosciuto!) e questo basta”.
Ho preso quella lezione come un obbligo mora- le per la mia futura attività ed ho sempre rispettato quel principio che mi rendeva orgoglioso di appar- tenere ad un ordine professionale: quello dei Medi- ci, appunto.
Il Fatto: nell’ultimo anno mia moglie (lo stesso soggetto di prima) ha dovuto subire un intervento chirurgico per problemi oncologici.
Ai giorni d’oggi esiste il regime dell’intra-moe- nia. Stesso periodo di ricovero: 4 giorni.
Sono andato a pagare: Tariffa completa!
Chirurgo, Aiuto chirurgo, Anestesista, ecc. tutti a tariffa piena.
Eppure il Codice di deontologia medica del 18 maggio c.a. all’Art. 58 recita: «Il medico assiste i colleghi prevedendo solo il ristoro delle spese».
Personalmente sono invece del parere che co- loro che eseguono una prestazione impegnativa, quale un atto chirurgico, debbano essere risarciti per il loro impegno e la loro professionalità.
Ma siamo o non siamo colleghi?
E tra il tutto e il niente c’è pur sempre una via di mezzo, almeno io credo.
Ti rifaccio quindi le domande:
«Che è successo?»
«Perché oggi siamo arrivati a questi livelli?».
Lettera non firmata
LETTI PER VOI
La cultura dello scarto e la sfida della solidarietà
CARLO VALERIO BELLIERI
Edizioni Paoline
Carlo Bellieri, neonatologo senese, con questo suo ultimo libro rinnova il proprio impegno etico e lo amplia ad una visione più vasta. In questa società consumistica, in questo mercato globale che ci circonda, quotidianamente produ- ciamo una enorme quantità di rifiuti con gli imballaggi, con gli strumenti usa e getta, con tutti gli oggetti che hanno la caratteristica moderna della obsolescenza, di essere creati per non essere riparati ma gettati via. Ancora più grave è il problema dei rifiuti alimentare; purtroppo Bellieri ha ragione quando nota che con gli scarti del cibo delle popolazioni più ricche potremmo risolvere il problema della fame nel mondo. Ma Bellieri non trascura la sua primitiva vocazione etica, ricordandoci che il malato, il disabile, il diverso non sono “scarti dell’umanità”, ma persone da aiutare. Niente è inutile, sostiene l’autore, e allora, al di là delle diverse visioni ideologiche, non possiamo non essere d’accordo quando cita il papa in un accorato appello alla cultura della sobrietà e della “decrescita felice”. Insomma una vita più sobria e una maggiore attenzione agli altri una abitudine a riutilizzare le cose, che era propria dei nostri padri e delle nostre madri e che abbiamo perduto, un appello che ha lontane radici socialiste e cattoliche e che è sempre più attuale e utile.
Bruno Rimoldi
Toscana Medica 1|2015


































































































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