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QUALITÀ E PROFESSIONE 33
Antonio Panti, dal 1971 ha ricoperto diversi incarichi nella FIMMG,
di cui è stato anche Segretario e Presidente Nazionale. Presidente dell’Ordine di Firenze
dal 1988. Ha ricoperto cariche nazionali nella Federazione Naz.le degli Ordini, in particolare nella Commissione per le ultime stesure del Codice Deontologico. Membro di numerose Commissioni Ministeriali. Dal 1998
è Vicepresidente del Consiglio Sanitario Regionale.
I fatti costringono a pensare: l’eccessivo nu- mero di medici mette in crisi la normativa di ac- cesso alla Facoltà, bellamente ignorata da una magistratura onnipotente, la follia programma- toria postlaurea mostra la supponenza del siste- ma scolastico, le regole di ingaggio del servizio sanitario vivono nell’empireo delle ideologie, lontane dalle esigenze concrete dei giovani col- leghi. Su tutto incombe l’avanzata delle profes- sioni sanitarie e la difficoltà di conciliare un’anti- ca e libera professione con il modello operativo di un’immane impresa produttiva quale è oggi la sanità. Si disputa sul comma 566 e sul Patto sulla Salute in termini veterosindacali, guardan- do al passato in un mondo che si trasforma con velocità incredibile.
Il futuro dei medici deriva dall’evoluzione della medicina. E questa dove si dirige? La re- lazione col paziente, fulcro della professione, come cambia in tempi di “connettività virtua- le”? La genomica, l’ICT, le nanotecnologie, le neuroscienze, la robotica, la farmacogenetica e via enumerando, non sono fantasie ma proto- tipi industriali. Oggi la riflessione metodologica si orienta alla complessità, all’epigenetica, alla medicina della precisione, in un continuo feed back tra rischi individuali e collettivi, tra atten- zione al presente e precauzione rispetto alle fu- ture generazioni. La tecnica provoca una nuova antropologia?
I medici dispongono dei dati del paziente sul cellulare per monitorarli continuativamente e, consultando la bibliografia, comunicare via app, insomma curare “in remoto”. Fino a che punto è possibile una medicina virtuale? La relazione terapeutica non è astratta bensì concretissima e il setting e la visita sono fatti fisici. E i social me- dia come influenzeranno i comportamenti dei cittadini? Il medico sarà stretto tra il network dei cittadini, il cui sharing potrebbe essere in- dotto dall’industria chimica, una nuova forma di marketing, mentre sempre di più si potrebbe sentire la mancanza della relazione dialogante. Il medico dovrebbe svolgere un ruolo di “media- tore culturale” per cui non è preparato.
La prevenzione e la cura si apprestano a vi- vere la stagione della precision medicine; i pro- gressi della genetica porteranno a intervenire
sui geni, prevenendo e curando con una sorta di chirurgia cellulare. Una medicina che inno- va radicalmente gli strumenti di cura. E richiede professionalità diverse e skill comportamentali adattativi per interferire con i normali proces- si biologici, potenziandone alcuni, riprogram- mandone altri. Il tutto in una medicina generale “a banda larga” e in un ospedale immerso nel “cloud”. Gli ospedali saranno destinati ai casi acuti e il resto delle cure sarà sempre più virtua- lizzato. Joseph Schumpeter parlava di distruzio- ne creatrice del capitalismo, capace di demoli- re il vecchio per trarre vantaggio dal nuovo in termini di guadagni e di lavoro. Però in sanità l’incremento degli strumenti di cura determina maggiori oneri e l’innovazione aumenta i costi e spesso diminuisce i posti di lavoro. Nonostante le promesse, la scienza non fa intravedere nuovi mercati e la società non sembra interessata a spendere di più in sanità.
E il futuro dei medici? Ancora vi è troppa distanza tra i costi delle tecnologie innovative, i progressi della scienza e la certezza dei medi- ci nella stabilità del loro titolo professionale. Se vuole mantenere il proprio ruolo il medico dovrà costituire un baluardo di fronte alla ciarlatane- ria e difendere il metodo scientifico dall’irrazio- nalità dominante; il medico dovrà modificare sul piano epistemologico il suo approccio alla clinica, sintetizzando le evidenze con la perso- nalizzazione delle cure; dovrà esser capace di leadership autorevole dei percorsi assistenziali e della comunicazione con i cittadini. Un intreccio di saperi adeguato alle esigenze della scienza e della società. Di quanti medici allora ci sarà bisogno? Come rispondere alla incipiente disoc- cupazione tecnologica? Come affrontare la crisi del titolo acquisito di fronte alle competenze emergenti? E come affrontare la crisi professio- nale all’interno delle trasformazioni politiche dei sistemi assistenziali? Non certamente tentando di definire l’atto medico che non è una presta- zione ma la conclusione di un percorso intellet- tuale a favore della salute individuale o colletti- va. È il momento di cambiare paradigma prima di trovarsi inermi di fronte ai cambiamenti.
TM
ANTONIO PANTI
Presagi, profezie, premonizioni
Toscana Medica 6|2015

