Page 58 - Toscana Medica
P. 58

58 SANITÀ NEL MONDO
team multidisciplinari.
Il concetto di patient-centered primary care
è diventato da tempo la fondamentale linea d’indirizzo per l’innovazione e il miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria8 9. Un con- cetto che include i seguenti corollari:
• facilità di accesso alle cure (tempestività della risposta, facilità di comunicazione con i professionisti, via telefono o e-mail, etc.);
• coinvolgimento del paziente nelle scelte e nella gestione delle cure (supporto all’auto-cu- ra, counselling, facilità di accesso ai propri dati personali, etc.);
• pro-attività degli interventi e il passaggio da una medicina di attesa a una sanità d’ini- ziativa (focus sulla prevenzione, utilizzazione di registri di patologia, sistemi di programmazione delle visite e di allerta dei pazienti che facilitano il follow-up, etc.);
• il coordinamento delle cure (tra i diversi professionisti) e la continuità dell’assistenza (tra differenti livelli organizzativi, es, tra ospedale e territorio).
Per praticare cure primarie effettivamente centrate sul paziente è necessario modificare ra- dicalmente il tradizionale assetto organizzativo basato – come sostiene T. Bodenheimer – sulla “tirannia” dei 12-15 minuti a visita (“The 15-mi- nuts visit is not possible to do chronic, preven- tive, acute care, plus building relationship with patients, plus care coordination, all the things we have to do. We have to change that”) . Un medico può visitare 8 pazienti al giorno, come dovrebbe, solo se fa parte di un team multidisci- plinare dove ruoli e compiti sono ripartiti tra di- versi professionisti, secondo i principi del Chro- nic Care Model proposti da Ed Wagner10 11.
4. Il deficit della formazione medica
Nel 2010 la rivista «The Lancet» decise di costituire una commissione di esperti interna- zionali, con lo scopo di analizzare lo stato della formazione dei professionisti sanitari nel mon- do e di fornire raccomandazioni per il futuro. Education on health professionals for the 21st century: a global independent commission, questo il titolo dell’iniziativa che coinvolse venti esperti provenienti da ogni parte del mondo12. L’occasione era data da un anniversario: era tra- scorso un secolo da quando negli Usa era stato pubblicato il Flexner report, un documento che avrebbe rivoluzionato la formazione medica ne-
gli Stati uniti (e non solo) integrando il tradizio- nale curriculum delle scuole di medicina con il metodo scientifico. Si trattò di una riforma che consentì ai professionisti sanitari di allargare la loro conoscenza, aprendo le porte a una serie impressionante di scoperte scientifiche e di in- novazioni tecnologiche, che contribuiranno – si legge – a raddoppiare la speranza di vita nel corso del ventesimo secolo. “Ma all’inizio del ventunesimo secolo – afferma la Commis- sione – le cose non stanno andando affatto bene. Clamorose diseguaglianze nella salute persistono sia all’interno dei paesi, che tra pae- si, evidenziando il nostro fallimento collettivo nel distribuire in maniera equa gli straordinari progressi della medicina. Contemporaneamen- te ci troviamo di fronte a nuove sfide. Nuove infezioni, rischi ambientali e comportamentali, insieme alla rapida transizione demografica ed epidemiologica, minacciano la salute di tutti. In tutto il mondo i sistemi sanitari faticano a resta- re al passo e diventano sempre più complessi e costosi, richiedendo un impegno sempre mag- giore agli operatori sanitari”. La formazione dei professionisti, in tutto il mondo, sembra aver ignorato tutto ciò: i programmi didattici delle università sono “frammentari, antiquati, statici che producono dei laureati poco attrezzati [ ] I problemi – continua il documento – sono siste- mici: la formazione non va incontro ai bisogni dei pazienti e delle comunità; non promuove il lavoro di gruppo, e mantiene un’ingiusta strati- ficazione di genere; si focalizza su problemi tec- nici senza comprendere il contesto più ampio, si concentra sui singoli episodi e tralascia la conti- nuità delle cure; predilige le cure ospedaliere a spese delle cure primarie e la quantità piuttosto che la qualità, con scarso interesse verso le per- formance del sistema sanitario”.
L’Italia, va detto, ha un problema in più, che consiste nel non avere neppure il riconosci- mento della medicina di famiglia e delle cure primarie come disciplina accademica. L’Italia è tra le poche nazioni industrializzate a trovarsi in questa condizione, con tutte le conseguen- ze negative del caso sia a livello under-graduate che post-graduate. Un tema su cui non si di- scute e che qui solo accenniamo per aprire la discussione. TM
Info: gavino.maciocco@alice.it
8 The Advanced Medical Home, A Patient-Centered, Physician-Guided Model of Health Care, Policy Monograph of the American College of Physicians, January 16, 2006. http://www.acponline.org/hpp/statehc06_5.pdf
9 K. Davis, SC. Schoenbaum, AM Audet, A 2020 vision of patient-centered primary care, J Gen Intern Med 2005, 20:953-957
10 T. Bodenheimer, E.H. Wagner, K. Grumbach, Improving primary care for patients with chronic illness, JAMA 2002; 288:1775- 79.
11 T. Bodenheimer, E.H. Wagner, K. Grumbach, Improving primary care for patients with chronic illness, The Chronic Care Model, Part 2, JAMA 2002; 288:1909-14
12 Frenk J. et al, Health professionals for a new century: transforming education to strengthen health systems in an interdipendent world, «The Lancet», vol. 376, n. 9756, pp. 1923-58.
Toscana Medica 7|2015


































































































   56   57   58   59   60