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EDITORIALE 5
ANTONIO PANTI
È vietato parlare di eutanasia?
“Signore, dà a ciascuno la sua giusta morte quel morire che procede da una vita
in cui ha avuto amore, conoscenza e pena”.
Rainer Maria Rilke, Il libro d’ore.
Frequentemente i medici, dopo aver tenta- to di prolungare la vita con ogni sorta di so- fisticatissimi rimedi, abbandonano il morente in qualche ambiente asettico, lontano dai suoi cari, affidato al tocco meccanico degli strumen- ti, collegato al mondo esterno da tubi e can- nule, con un atteggiamento futile vissuto dalla gente come disumano. Eppure il medico do- vrebbe accompagnare la persona dalla nascita alla morte, che non è altro che la conclusione, non fallimentare ma emotivamente appagante, della relazione umana.
Il Codice Deontologico non elude il proble- ma. Art. 16: “Il medico... non intraprende né insiste in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eti- camente non proporzionati, dai quali non ci si possa fondatamente attendere un effettivo beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita. Il controllo efficace del
dolore si configura, in ogni condizione clinica, come trattamento appropriato e proporziona- to. Il medico che si astiene da trattamenti non proporzionati non pone in essere in alcun caso un comportamento finalizzato a provocare la morte”. Art. 26: “Il medico... registra il decorso clinico assistenziale nel suo contestuale manife- starsi o nell’eventuale pianificazione anticipa- ta delle cure nel caso di paziente con malattia progressiva, garantendo la tracciabilità della sua redazione”. Nell’evoluzione di molte affezioni si può individuare un livello di gravità che fa por- re al medico la domanda: ti meraviglieresti se il paziente morisse entro un tempo ben definito? È la fase “end stage” delle grandi insufficien- ze d’organo, in cui occorre avviare un collo- quio con il paziente e i familiari per pianificare le scelte di cura ed evitare inutili accanimenti e ricoveri penosi. Tutto ciò deve iniziare dalla me- dicina generale e non provocare smarrimento e sorpresa quando il paziente è già in terapia intensiva. La vera palliazione è la presa in carico fino dal primo incontro col medico di medicina generale, ed è tratto peculiare della medicina stabilire un processo comunicativo che modi-
Toscana Medica 10|2015


































































































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