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EDITORIALE 5
ANTONIO PANTI
Eugenetica,
un equivoco da chiarire
Un tempo esistevano le donne compromesse, stigmatizzate da una pessima nomea senza una loro vera colpa; dicerie, pettegolezzi, sussurri e il gioco era fatto. Un analogo destino ha colpito l’eugenetica che, al di là del significato originale di “buona generazione”, ha assunto nel tempo una accezione pessima, di selezione forzata di una stirpe perfetta oppure di abbandono o, peggio, soppressione dei più deboli e difettosi, un incrocio tra un maltusianesimo di bassa lega e l’interpreta- zione distorta di un deteriore darvinismo.
Certamente hanno giocato un ruolo determi- nante il razzismo, le sterilizzazioni forzate, le teo- rie lombrosiane, l’antisemitismo, fino alle peggiori aberrazioni del nazismo. E l’eugenetica sociale, connessa con la difesa della razza, ha condiziona- to il destino di un parola che ora dobbiamo ricon- siderare alla luce delle moderne acquisizioni scien- tifiche, all’interno di un mondo profondamente cambiato, anche se di abuso della genetica si può e si deve ancora parlare.
Negli ultimi decenni la genetica è esplosa sul piano scientifico e tecnologico, fino alla identifi- cazione completa del DNA umano. Sono note le capacità diagnostiche e previsionali della genetica, anche se spesso di queste si fa un uso distorto. Tuttavia è utile elencarne le possibilità nella dia- gnosi prenatale, nell’oncologia e in molte altre pa- tologie, che hanno reso sempre più importanti i laboratori di genetica e sempre più indispensabile la consulenza genetica.
Ma l’attenzione della società si appunta sem- pre di più sulle possibilità curative della genetica attraverso la sostituzione di parti di geni in fase embrionale o, comunque, sulla terapia cellulare al fine di eliminare malattie genetiche correggendo i geni difettosi. Si parla di “reprogenetica” per un insieme di tecnologie futuribili, che dovrebbero consentire un giorno di scegliere le caratteristiche fisiche e intellettuali dei figli o di progettare un fi- glio idoneo alla donazione salvatrice per il fratello malato. Le procedure di diagnosi genetica preim- pianto e la terapia genica offrono grandi prospet- tive per il futuro. Infine, un approccio ancor più innovativo, studia la possibilità di costruire cro- mosomi artificiali per aggiungere nuove funzioni o potenziare le capacità fisiche e psichiche dell’or- ganismo umano oppure per ridurre il rischio on- cologico o ritardare il processo di invecchiamento. Un futuro affascinante, ma dai risvolti etici e sociali inquietanti.
Anche la vicenda degli OGM è emblematica di questa dannosissima confusione. Fin dall’invenzio-
ne dell’agricoltura l’uomo ha cercato di modificare la genetica delle piante. Oggi le tecniche sono as- sai più precise e scientificamente provate anche sul versante dell’eventuale danno. E in questo modo potremmo salvaguardare e implementare le nostre produzioni alimentari celebri in tutto il mondo. In- vece stolte norme o pregiudizi figli dell’ignoranza costringono a importare 10.000 tonnellate all’an- no di mangimi, ovviamente OGM, che noi però non possiamo produrre. La tipicità dei cosiddetti biologici è un inganno perché quei cibi sono sta- ti geneticamente modificati nei secoli e oggi po- tremmo ancora migliorarne la produzione. Un in- ganno semantico che diventa commerciale.
Forse il termine eugenetica andrebbe cassato dal vocabolario perché chiunque prospetti ragio- nevoli diffidenze rispetto a queste incredibili novità fa riferimento più o meno capzioso all’eugenetica nazista o a quella pseudoscienza che aveva spinto alcune democrazie occidentali alla sterilizzazione forzata di soggetti affetti da disturbi psichiatrici della sessualità. Purtroppo il dibattito pubblico italiano è colmo di espressioni usate in modo stru- mentale o polemico o fortemente ideologico, in cui si enfatizza il timore del cosiddetto “sentiero scivoloso”, adottando così una sorta di presunzio- ne di malafede. Allora o si decide di non usare più il termine eugenetica perché lo si considera ambi- guo o fuorviante oppure si riconosce che oggi si pratica l’eugenetica all’interno di molteplici signi- ficati culturali e scientifici.
Si dovrebbe ricondurre l’eugenetica al linguag- gio medico e la medicina riappropriarsene senza timore di prestarsi a confusioni. Dire insomma di quale eugenetica si sta parlando, tanto più in un’epoca in cui il baricentro del pensiero medi- co si sposta dal paradigma meccanicistico, finora trionfante, a una visione sistemica che narra la vita come una rete informatica. Le scoperte dell’epi- genetica esemplificano una visione sempre più complessa dell’uomo e una possibilità sempre più precisa di intervento medico. Si sente il bisogno, nell’incessante adeguamento del codice deontolo- gico, di una messa a punto storiografica per con- trastare l’uso distorto del termine e distinguere ciò che è stato fatto in nome di una falsa eugenetica rispetto alle esaltanti promesse di una scienza al servizio dell’uomo, di una prassi rivolta all’indivi- duo, nel rispetto dell’etica e dell’autonomia ripro- duttiva, lontano da qualsivoglia istanza collettivi- stica di miglioramento razzista per mezzo della coercizione. TM
Toscana Medica 9|2015

