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OPINIONI A CONFRONTO 13
sanitaria in materia, (un counselling struttu- rato sui benefici del trattamento da parte di personale ad hoc potrebbe avere esiti piu fa- vorevoli) possa fare ben poco, soprattutto a causa della frequente scarsa compliance dei pazienti di fronte a terapie che dovrebbero essere assunte ad intervalli di tempo definiti e per lunghi periodi per essere efficaci. Per quanto riguarda la vitamina D una discreta compliance si aveva con la somministrazio- ne di alte dosi ogni sei mesi ma sembra che gli elevati dosaggi possano incrementare il rischio di caduta e quindi di frattura, i do- saggi piu bassi esporranno ovviamente al rischio di una minore aderenza. Per i bisfo- sfonati, una soluzione in pazienti a rischio elevato potrebbe essere la somministrazione di molecole a lunga durata di azione per via endovenosa una volta all’anno. Un vantaggio sulla prevenzione degli eventi fratturativi po- trebbe derivare anche dalla somministrazione di routine di calcio e vitamina D nel caso di pazienti istituzionalizzati, oppure dal rinforzo alla compliance durante le visite in assistenza domiciliare programmata (ADP) od in assi- stenza domiciliare integrata (ADI).
MONICELLI – Anche secondo me l’informa- zione rappresenta un momento molto impor- tante, magari gestita dal personale che oggi sempre più spesso coadiuva il medico di me- dicina generale. I medici di base poi hanno in questo campo ben poche possibilità pre- scrittive visto che, ad eccezione dei bisfosfo- nati, tutti gli altri farmaci sono con nota e di esclusiva pertinenza specialistica. Certamente per la peculiarità del loro lavoro possono sen- za dubbio seguire con particolare attenzione alcuni pazienti, come per esempio quelli che già hanno avuto un evento fratturativo, an- che se gli effetti collaterali di molte di queste molecole, questi farmaci sono prescrivibili a carico del SSN in fascia A e la necessità di lunghissimi periodi di somministrazione non possono che ridurre grandemente la com- pliance verso la terapia.
TOSCANA MEDICA – Cosa è stato fatto in Toscana in termini di organizzazione sanitaria e di attività di prevenzione anche secondaria e terziaria?
CORONA – Vorrei iniziare ricordando che oggi la vitamina D, come tutte le vitamine, non viene neanche più considerata un far- maco, ma un integratore alimentare. Detto questo, la Regione Toscana non ha potuto fare niente di diverso che pagare i farmaci visto che ad un certo punto in particolare il
colecalciferolo è ricomparso sul mercato co- me farmaco registrato per l’ipovitaminosi D ed inserito in classe A di dispensazione. Ora, se è vero che l’ipovitaminosi è un concetto ancora piuttosto mal definito e con risultati terapeutici di dubbia validazione, perché non prescrivere allora gli integratori alimentari, vi- sto tra l’altro che, come è stato detto in pre- cedenza, la vitamina D viene somministrata anche in molte altre condizioni che ben poco hanno a che fare con l’equilibrio del metabo- lismo minerale? In presenza di una registra- zione come farmaco, è ovvio che la vitamina D sia indicata negli stati vitaminici carenziali e venga accompagnata da una nota speci- fica, la 79, che nella fattispecie riguarda la prevenzione delle fratture. In Toscana nei pri- mi dieci mesi del 2015 sono stati trattati ben 229.807 pazienti con preparati a base di co- lecalciferolo (nel 2014 erano stati 196.000), senza però riuscire a capire se si è trattato sempre e comunque di casi di prevenzione con annessa nota 79 oppure di ipovitamino- si di qualche natura. Qualche dubbio circa l’appropriatezza di tutte queste prescrizioni onestamente potrebbe anche sorgere, visto che stiamo parlando di cifre intorno ai cinque milioni e mezzo di euro tra acquisti in far- macia da parte dei pazienti, valore netto dei farmaci e distribuzione diretta attraverso le strutture aziendali. In sostanza, a parte quelli in prevenzione per l’evento fratturativo, chi sono tutti gli altri di quei 229.807 che nei primi mesi del 2015 hanno ricevuto almeno una confezione di vitamina D?
TOSCANA MEDICA – Come si concilia il fatto che oggi la vitamina D, considerata a tutti gli effetti un integratore alimentare, possa però trovarsi anche come farmaco in classe A?
NUTI – La vitamina D come ben sappiamo ormai da molti anni è un ormone e secondo me non è assolutamente corretto considerar- la un integratore alimentare. Non per niente la carenza prolungata di questa vitamina pro- voca nell’adulto l’osteomalacia e nel bambi- no il rachitismo, fortunatamente nel nostro Paese scomparso da molto tempo. Altra con- siderazione: la mancanza di vitamina causa iperparatiroidismo secondario, condizione responsabile di un alto numero di fratture ossee. Basterebbero queste due osservazioni per spiegare come la vitamina D debba es- sere assolutamente considerata un farmaco da posizionare correttamente in fascia A e non certo una sostanza da somministrare per mezzo di integratori alimentari.
S O M M A R I O ToscanaMedica4|2016


































































































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