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6 OPINIONI A CONFRONTO a cura di Simone Pancani
M.L. BRANDI1, T. CORONA2, O. DI MUNNO3, G. GALLI4, P. MONICELLI5, R. NUTI6, S. PARRI7
L’importanza della vitamina D
TOSCANA MEDICA – Quali sono i dati ad oggi disponibili per il nostro Paese ed in parti- colare per la Toscana in relazione alle condizio- ni di ipovitaminosi D?
BRANDI – Ad oggi l’unico studio italiano, lo Studio ESOPO, che ancora mantiene una cer- ta rilevanza risale ad una decina di anni fa e si trattava di una indagine multicentrica, che aveva valutato l’incidenza dell’ipovitaminosi D nelle donne di età avanzata andando a misu- rare i valori di calcifediolo, il metabolita cioè che definisce la quantità di vitamina D in un determinato soggetto. I dati di quello studio dimostrarono che in Italia la carenza di vitami- na D era presente in circa il 70% della popo- lazione studiata. D’altra parte non possiamo però non considerare che i dati della Lettera- tura internazionale hanno ormai dimostrato con certezza che circa il 50% delle donne in periodo postmenopausale, indipendente- mente dall’età anagrafica, presentano livelli inadeguati di vitamina D, inferiori cioè a 30 nanogrammi/ml. Questo significa che dopo la menopausa inizia una progressiva diminuzio- ne della vitamina D a livello cutaneo con la conseguente comparsa di iperparatiroidismo secondario. Prendendo in considerazione po- polazioni di soggetti con fratture patologiche di femore da fragilità, si vede che il deficit di vitamina D arriva ad essere presente nel 70– 80% dei casi. Molto interessanti appaiono poi i dati rilevati in Campania relativi a 300 sog- getti di età compresa tra 14 e 20 anni nei qua- li l’inadeguatezza della quantità di vitamina D è stata riscontrata in una percentuale di circa il 70%, contro un preoccupante deficit vero e proprio di ben il 27%.
NUTI – In Italia il deficit di vitamina D è molto più diffuso di quanto comunemente si possa credere, come ha dimostrato anche lo studio POINT condotto in una popolazione di sog- getti anziani ricoverati in reparti di Medicina Interna per fratture vertebrali. Credo però sia molto importante sottolineare che oggi sempre più spesso ci troviamo di fronte a si- tuazioni di ipovitaminosi D in persone di più giovane età (50 – 60 anni) in assenza di appa- renti fattori di rischio. Questo significa, anche in un’ottica strettamente legata ai costi, che è molto più importante identificare e prevenire le condizioni di deficit vitaminico D che essere
costretti a gestirne poi la più temibile conse- guenza, vale a dire l’evento fratturativo.
DI MUNNO – La vitamina D ha un ruolo molto importante anche in ambito reumato- logico, non solo nelle malattie reumatiche a carattere infiammatorio e autoimmune, come le connettiviti e le artriti, ma anche in malattie come l’artrosi e le fibromialgia dove l’ipovita- minosi D è presente addirittura nell’80% dei pazienti con valori medi di 25 idrossivitamina D di circa 18 ng/ml contro i normali 30 ng/ml. Questi valori finiscono per confermare i risulta- ti di alcuni studi, secondo i quali la carenza di vitamina D favorirebbe l’insorgenza di molte malattie reumatiche, modulandone la gravità e le complicanze, anche e soprattutto a livello di un interessamento multiorgano.
TOSCANA MEDICA – Le condizioni di ipo- vitaminosi D sembrano oggi essere più fre- quenti rispetto al passato: questo è dovuto ad un aumento dei fattori di rischio oppure ad una precedente minore consapevolezza? Ed ancora la conoscenza da parte dei medici di queste tematiche è adesso correttamente valorizzata?
MONICELLI – Credo che la questione dell’i- povitaminosi D sia oggi sostanzialmente sot- tostimata, anche perché in linea generale i medici con scarsa frequenza ne richiedono il dosaggio al laboratorio. Devo però riconosce- re che l’interesse per questa vitamina è andato progressivamente ad aumentare, come del re- sto dimostrano anche i dati AIFA che parlano di un suo consumo aumentato nel 2014 del 20% rispetto all’anno precedente con un co- sto complessivo in Italia di circa 187 milioni di Euro. L’ipovitaminosi D a mio parere dovrebbe meritare una ben maggiore considerazione da parte dei medici, soprattutto di quelli di me- dicina generale, osservazione confermata an- che dal riscontro tra i miei pazienti più giovani (21 – 28 anni) di alcuni casi di grave deficit. Ovviamente non credo che il dosaggio della vitamina D debba diventare un esame di rou- tine, però una maggiore attenzione dovrebbe essere riservata ai soggetti più anziani e non solo per la sua azione specifica sull’osso.
NUTI – Le nuove tecnologie oggi disponibili hanno senza dubbio semplificato l’esecuzione
Maria Luisa Brandi
Tiberio Corona
Ombretta Di Munno
1Maria Luisa
BRANDI, Ordinario
di Endocrinologia dell’Università di Firenze;
2Tiberio CORONA, Dirigente del Servizio Farmaceutico della Regione Toscana;
3Ombretta DI MUNNO, Associato di Reumatologia dell’Università di Pisa;
4Giuseppe GALLI, medico di medicina generale Massa Carrara Commissione Terapeutica Regione Toscana;
5Paolo MONICELLI, medico di medicina generale a Pisa;
6Ranuccio NUTI, Ordinario di Medicina Interna dell’Università di Siena;
7Simone PARRI, consulente economico dell’Università di Firenze.
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