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EDITORIALE 5
ANTONIO PANTI
Che fanno i medici quando fanno i medici?
Il medico tutela la salute dell’individuo nell’interesse della collettività. Ma la medici- na progredisce tumultuosamente, la società cambia, la sanità si trasforma, nuove esigen- ze appaiono e le risposte e le domande sulla salute sembrano rincorrersi. Il medico opera secondo le regole della scienza e le norme della deontologia, coinvolgendo il cittadino in una duplice relazione: empatica, la pro- fessione di aiuto, e negoziale, tra l’offerta degli strumenti di cura e le concrete esigen- ze di chi ha bisogno.
Oggi, però, un problema incombe su questo quadro. I medici sono troppi e te- mono che altri invadano il loro campo di attività e spesso sono assegnati compiti au- tonomi ad altri professionisti. Come quando l’immigrazione eccede si pensa di erigere muri, così si vorrebbe delimitare per legge ciò che spetta al medico, “l’atto medico”, quasi a ravvivare l’antica “dominanza medi- ca” in crisi per l’emergere del ruolo di altri, i pazienti, gli amministratori, gli altri profes- sionisti.
Il profilo delle professioni sanitarie è de- finito dalla legge e, per quanto possa so- vrapporsi a quello dei medici (si pensi alla prevenzione o alla promozione della salute e così via), tuttavia ne deve rispettare le com- petenze. Le “competenze” sono un insieme di capacità, abilità, conoscenze, comporta- menti, esperienze, finalizzate a conseguire performances adeguate nelle situazioni pro- prie della professione. È ovvio che le com- petenze delle diverse professioni sanitarie possono embricarsi. Il medico allora deve assumere il ruolo di leader nel processo as- sistenziale ma come declinare, nel diritto, la leadership, che implica autorevolezza, ade- guatezza allo scopo, sapienza, saggezza, insomma avere l’ultima parola?
Che cosa ha a che fare ciò con la defini- zione giuridica di “atto medico”? Se “atto”, come sostengono i vocabolari, è “la manife-
stazione esterna di una determinazione del- la volontà”, il medico, per sua decisione e scelta, compie “atti” che hanno conseguen- ze giuridiche volti alla tutela della salute del cittadino o della comunità. Trasformare una definizione lessicale in una legge da cosa di- fende i medici?
Dovremmo piuttosto discutere del ruolo del medico oggi. Giace in Parlamento una proposta di legge, capolavoro di tautologia, che sostiene, all’articolo 1, che l’atto medico ricomprende tutte le consuete attività sani- tarie, peculiari di molte professioni per non dire del Sindaco che fa atto di prevenzione quando ripara i marciapiedi, poi, all’articolo 2, afferma che questi atti sono di esclusiva competenza del medico se sono basati su un’attenta valutazione clinica. Che vuol dire? Al medico infine è attribuita la responsabilità di tutte le decisioni relative alla salute del pa- ziente compresi i “correlati assetti organizza- tivi”. E come può il medico affrontare queste responsabilità che non dipendono da lui?
Definire l’atto medico è un non senso pericoloso perché le controversie sugli am- biti di pertinenza non possono essere deci- se altro che dal magistrato che, dall’esame del contesto giuridico e sociale, sentenzierà quali prestazioni sono esclusive del medico e quali di altri professionisti sanitari. E in- tanto la Federazione degli Ordini ci avverte che incombe la disoccupazione medica. E i medici, e sono tanti, che svolgono attivi- tà embricate con quelle di altri professio- nisti? Invece che inutili guerre perché non incontrarsi tra professionisti e decidere in ogni percorso assistenziale chi fa che cosa e quali responsabilità ne conseguono? La sanità è un’organizzazione complessa nella quale il medico ha il ruolo più elevato sul piano cognitivo, intellettuale, innovativo e, quindi, della gestione del budget. Le singole prestazioni si affideranno caso per caso ai professionisti coinvolti rispettandone i livelli cognitivi e tecnici.
Toscana Medica 2|2016

