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QUALITÀ E PROFESSIONE 19
L’abuso di sostanze sfociava spesso nella fa- se più impegnativa e cioè nella dipendenza da sostanze (tossicomania o addiction). Si poteva fare diagnosi di dipendenza da sostanze solo se erano presenti almeno 3 dei 7 criteri elencati in Tabella 1 e cioè:
1) tolleranza, intesa come necessità di aumen-
tare la dose per raggiungere l’effetto deside-
rato;
2) dipendenza,inpraticasidovevamanifestare
astinenza se il paziente non assumeva dosi sufficienti di sostanza o di molecole attive con meccanismi simili/complementari;
3) il paziente riferisce di assumere dosi di so- stanza maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto programmato;
4) sonostatifattitentativiripetutiedinfruttuosi di ridurre o controllare l’uso della sostanza;
5) sono presenti problemi fisici o mentali diret- tamente dovuti all’uso improprio della so- stanza;
6) il paziente é consapevole di perdere una grande quantità di tempo in attività neces- sarie a procurarsi ed assumere la sostanza;
7) sono state interrotte importanti attività la- vorative, sociali o ricreative a causa dell’uso della sostanza.
L’ultima edizione del manuale (il DSM-5) ha riu- nito le due entità nosologiche di Abuso e Di- pendenza e parla semplicemente di Disordini da uso di sostanze. Per quanto riguarda i cri- teri, è stato eliminato il criterio legale in quan- to esistono differenze legislative importanti nei differenti paesi (ad esempio l’uso della cannabis é perfettamente legale in alcuni Stati mentre è proibito in altri; i livelli di alcol tollerati per i guidatori sono diversi etc.). È stato invece intro- dotto il criterio di craving (vedi Tabella 1) cioé la presenza di un forte desiderio o spinta all’uso di una sostanza.
La nuova entità nosologica è definita come “disordine da uso di sostanze” (é quindi op- portuno evitare di fare diagnosi di abuso o di dipendenza) che viene poi suddivisa in tre sotto- gruppi a seconda del numero di criteri presenti. Se sono presenti meno di tre criteri si parla di disordine lieve (che in linea di massima com- prende i pazienti un tempo definiti come affetti da abuso di sostanze), se sono presenti quattro- cinque criteri si parla di disordine moderato, se sei o più criteri si parla di disordine grave.
La nuova entità nosologica “Substance Use Disorders (SUD)” é una patologia piuttosto fre- quente ed interessa un’alta percentuale di abi- tanti dei paesi occidentali. Una recente statistica epidemiologica riguardante tutta la popolazione americana riporta che la prevalenza della pato- logia durante la vita interessa il 9,9% dei sog- getti adulti (ossia oltre 23 milioni di americani) (Grant et al., 2015). La stessa indagine dimostra inoltre che un’alta percentuale di pazienti affetti
da SUD ha comorbidità psichiatriche gravi (di- sturbi del tono dell’umore, ansia grave, disordi- ni postraumatici da stress) non adeguatamente trattate. Anche coloro che non sono affetti da altre patologie psichiatriche tendono comunque a minimizzare la gravità della loro situazione di dipendenza e molto frequentemente non richie- dono interventi terapeutici (Grant et al., 2015).
Un altro aspetto da considerare per quanto riguarda la diagnosi di SUD in accordo al DSM-5 è il suggerimento di non considerare la tolleran- za e l’astinenza, che sono presenti in sogget- ti che usano il farmaco secondo le indicazioni del medico, fra i parametri da utilizzare ai fini diagnostici (Boscarino et al., 2015). Il problema è particolarmente importante negli USA dove l’uso medico di oppiacei per combattere il dolo- re è molto diffuso. È ovvio che tutti coloro che ricevono una prescrizione medica di un oppia- ceo quale ad esempio Ossicodone (Oxycontin) vanno rapidamente incontro a tolleranza e ad una qualche forma di astinenza al momento della cessazione della terapia. Questi due pa- rametri, che nella maggior parte dei casi clinici rimangono isolati, non debbono essere utilizzati ai fini della diagnosi di un Disordine da uso di sostanze, in quanto sono dei veri e propri ef- fetti collaterali di una terapia (Boscarino et al., 2015). Tuttavia, anche non considerando la tol- leranza e l’astinenza fra i criteri diagnostici, una percentuale non trascurabile (superiore al 13 %) di pazienti che ricevono prescrizioni mediche di farmaci oppiacei per combattere il dolore svilup- pano un disordine moderato-grave da uso degli oppiacei ed in genere passano all’uso dell’eroi- na. Questa situazione ha di fatto cambiato la popolazione dei tossicodipendenti da eroina negli USA. Un tempo il problema riguardava prevalentemente la popolazione molto giovane, povera e di colore che viveva nei grandi Centri urbani. Negli ultimi anni, gli studi epidemiolo- gici hanno documentato che l’abuso di eroina è aumentato e che i nuovi pazienti sono spesso bianchi, adulti (30-40 anni), benestanti e che vivono in zone suburbane. Molti di loro hanno iniziato ad usare oppiacei su prescrizione medi- ca e sono entrati in contatto col mercato nero/ grigio degli oppiacei in un secondo tempo an- che perché il costo dell’eroina era qualche volta inferiore a quello dei farmaci prescritti dal medi- co. Tali pazienti, affetti da disordini gravi dell’u- so di eroina, costituiscono ora un vero proble- ma sociale (Cicero et al., 2014). La situazione in Italia non è ancora così grave, ma questi dati dovrebbero suggerire cautela nella prescrizione di farmaci oppioidi specie a pazienti con dolori di origine non-neoplastica.
TM
Info: flavio.moroni@unifi.it
Toscana Medica 3|2016

