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26 QUALITÀ E PROFESSIONE
FRANCO BELLATO
Medicina e responsabilità
Nel numero 6 di giugno 2015 di Tosca- na Medica, ho letto con particolare interes- se: “Disporre i valori in ordine di importanza – Una proposta” del Presidente e Direttore dr. Antonio Panti e “Basagliani di seconda ge- nerazione – alla continua ricerca di un manico- mio da abbattere” della dott.ssa Letizia Galli.
Ho osservato nei due contributi aspetti in continuum sul tema cruciale della responsabi- lità del medico, in questi casi psichiatra, con- cetto estensibile a tutti i sanitari nell’esercizio della professione.
Il direttore Panti ricorda una sentenza della Corte di Cassazione Penale di condanna per uno psichiatra che non ha segnalato alla com- petente Autorità [ ...] una sospetta violenza sessuale ai danni di un terzo minore. Il Codice Deontologico art. 32 (Doveri del medico nei confronti dei soggetti fragili) sostiene il dovere di segnalare all’Autorità competente [...] vio- lenza o abuso sessuale.
La Dichiarazione di Istanbul del 2011 se- gue la stessa linea all’art. 28 e, passim [... ] non può essere la riservatezza ostacolo alla se- gnalazione alla Autorità competente qualora si abbiano ragionevoli motivi per ritenere sia stato commesso un grave atto di violenza.
Il Presidente esplicita una riflessione sulla quale concordo pienamente: non si incrina la fiducia se cade il “segreto professionale” per la tutela della salute di soggetti minori, donne e\o soggetti fragili.
Il medico deve segnalare e assumersi la responsabilità di farlo per un Bene collettivo superiore. Ho avuto esperienze di atteggia- menti omissivi medici per deresponsabilizza- zione, se non per evitare “noie e problemi di vario genere”. Spesso prevale l’atteggiamento di ignorare o demandare ad altri quello che il singolo medico deve compiere secondo Scien- za e Coscienza, in ogni atto specie quelli che riguardano le persone sopra ricordate.
Ottima la Sua proposta per combattere la violenza di una [...] “ rete con nodi centrali di elevata specializzazione medica,” in colla- borazione con tutte le istituzioni pubbliche e private impegnate sul campo.
Il concetto medesimo di responsabilità sot- tende anche l’altro contributo della collega Letizia Galli che in modo puntuale ed intelli- gente corregge affermazioni di vario genere apparse su un articolo del giornale La Repub- blica : “ I manicomi ora si chiamano psicofar- maci”.
Oggi dal 13 maggio 1978, quando fu pro- mulgata la Legge cosiddetta Basaglia che inve- ce è del collega primo firmatario in Parlamento On. Bruno Orsini, poi recepita nella Legge 833 del 23 dicembre del medesimo anno, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, con principi generali buoni ed assenza, secondo lo stile ita- lico di un regolamento attuativo apparso nel 1994, molta strada è stata fatta per la cura e la assistenza dei malati psichici, anche a costo di sofferenze e gravi impegni per i pazienti e le loro famiglie, in molti casi abbandonati a loro stessi e con le consuete storiche differenze tra centro nord e sud della penisola.
Certamente il modello più corretto ed equilibrato, passata l’onda negazionista della malattia mentale, di matrice puramente socia- le, che non appartiene alla cultura di Franco Basaglia, un grande medico, ma dei suoi “al- lievi” o dichiaratisi tali in modo fideistico e demagogico, antiscientifico, eccetto Giovanni Jervis, è quello bio-psico-sociale che ricorda giustamente la collega Galli.
Utile a questo proposito il bel saggio di Gilberto Corbellini e Giovanni Jervis: ”La ra- zionalità negata – Psichiatria e antipsichiatria in Italia” (Bollati Boringhieri), nel quale si ana- lizza in modo sereno e obiettivo il cammino fatto grazie alla nuova Legislazione per la cura e l’assistenza psichiatrica e la chiusura dei ma- nicomi.
Somministrati con oculatezza e motivazio- ne i neuropsicofarmaci hanno rappresentato e rappresentano un valido strumento per la terapia, specie di condizioni psicopatologiche gravi e/o acute che attengono al mondo delle Psicosi, sia in ambito dissociativo che timico.
Ogni persona è un individuo unico che merita e deve essere curato secondo la sua specifica situazione, hic et nunc, l’età, il sesso, il metabolismo, la presenza o meno di altra patologia etc. e deve essere ascoltata e deve essere “accolta” con empatia non simpatia. Concetti molto diversi questi ultimi due.
Il progetto dice Galli è globale e come tale si avvale di tutte le risorse e la cultura dispo- nibili del medico, in questo caso dello psichia- tra, ma vale per tutti gli altri ambiti generali e specialistici.
Allora la Biologia, la Psicologia, la Socio- logia, tutte hanno dato e possono dare un contributo al trattamento delle malattie men- tali per alleviare la sofferenza psichica che poi diventa anche fisica. Non si vorrebbero più ascoltare slogan degli anni Settanta e Ottan-
Franco Bellato, Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Pisa, Specializzato in Psichiatria all’Università di Firenze, Psicoterapeuta analitico, Docente di Fondamenti Storici ed Epistemologici della Psicologia presso
la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa.
Toscana Medica 3|2016


































































































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