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18 QUALITÀ E PROFESSIONE
SUSANNA CRESSATI
È possibile evitare le bufale?
Scrive Niccolò Machiavelli, nei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, che “se le repubbliche e le sette (cioè i partiti e le organizzazioni civili odierne) non si rinnovano, non durano. E il modo di rinnovarle è di ricondurle verso i princìpi loro”. Penso che questa considerazione possa valere an- che per le professioni, come quella del giornalista.
È indubbio infatti che le tecnologie che an- cora oggi chiamiamo “nuove”, benché si siano affermate ormai da parecchi lustri, stanno radi- calmente cambiando l’organizzazione comples- siva dell’industria dell’informazione e che que- sto mutamento trascina con sé le caratteristiche, le tecniche, la deontologia del lavoro giornali- stico. Ma è altrettanto chiaro che un processo di trasformazione di questa professione, che ne salvaguardi le specificità, l’identità, e perfino la necessità, non può che farsi guidare dai “prin- cìpi”, ossia dai suoi stessi elementi costitutivi e fondanti, tra i quali occupano un posto premi- nente la responsabilità, la trasparenza, la preci- sione, la completezza e, ultimo ma non meno importante, il lavoro di verifica.
Tutto questo è particolarmente evidente se ci fermiamo ad analizzare il ruolo dell’informa- zione in campo medico e sanitario, come abbia- mo fatto in molte occasioni, ultima quella or- ganizzata il 18 ottobre scorso dall’Associazione AMMI nella sede fiorentina dell’Ordine dei Me- dici Chirurghi e Odontoiatri e dedicata al tema, di grande attualità, del calo delle vaccinazioni e dell’ampia diffusione sui media di messaggi negativi relativi ai vaccini.
Che fare, ci si è chiesti, per invertire anche nel campo dell’informazione, una tendenza sempre più preoccupante? Quale alleanza pos- sono stringere i due comparti (quello sanitario e quello dell’informazione) per far prevalere le ragioni della razionalità e della scienza su quel- le della diffidenza, della paura, della sfiducia? Di quali nuovi strumenti dobbiamo dotarci per contrastare queste tendenze negative sul terre- no in cui sembrano destinati a dominare, i web e i social network?
Da quest’ultimo punto, dove si informano le famiglie, è forse utile partire per disegnare poi una strategia di comunicazione. Dati suffi- cientemente recenti confermano l’esperienza: è proprio il web a costituire la fonte crescente di informazioni nel nostro paese, in generale, per la sanità e ancora più specificamente per quan- to riguarda il tema dei vaccini.
Qualche dato. Benché su un campione di 12
nazioni (Francia, Germania, Giappone, Brasile, Irlanda, Italia, Inghilterra, Spagna, USA, Dani- marca, Australia, Finlandia) per quanto riguarda il consumo dell’informazione digitale l’Italia sia stata indicata come il paese con la più scarsa penetrazione della rete (fonte “Digital News Re- port 2015” del Reuters Institute for the Study of Journalism), nel nostro paese è in continua cre- scita il ruolo di Internet, a discapito dei giornali, in crisi conclamata.
La search (66% degli intervistati) e i social (33%) stanno diventando in maniera prepotente la porta di ingresso ai siti web delle testate di infor- mazione, mentre l’editoria ha cominciato a pro- porre le news direttamente sui social (Instant Arti- cles) o a creare flussi informativi specifici (Signal).
Secondo l’Autorità per le garanzie nelle co- municazioni Agcom (2104) gli italiani si infor- mano ancora quasi totalmente tramite la TV (80%), i giornali segnano il passo (44%), men- tre crescono internet (40%), Google (21,5%) e i social (8,1%, di cui solo Facebook 7,5%). Ma secondo il Censis, Facebook è la prima fonte di informazione per il 71% degli under 30 anni. L’Italia è tra le nazioni in cui le persone hanno una maggiore propensione ad utilizzare i social network per la fruizione dell’informazione.
In larghissima crescita l’utilizzazione della messaggistica istantanea (WhatsApp) per rice- vere notizie e la fruizione di video come fonte di informazione.
Per indagare il campo specifico dell’informa- zione sui vaccini, nel 2014 il Censis ha svolto una ricerca coinvolgendo 1000 genitori (22-55 anni). Meno della metà dichiara di reperire in- formazioni sui siti istituzionali, il 42% sul web, il 48,6% sui social, il 27,2% su forum e blog. Il 70% è convinto di saperne molto o abbastan- za sul tema e il 7,8% sceglie di non vaccinare proprio in base alle informazioni reperite in re- te. Una battaglia per la corretta informazione va dunque condotta là dove la “cattiva” infor- mazione si diffonde con maggiore ampiezza e rapidità e, quindi, secondo questi dati, la pro- fessionalità giornalistica applicata al web e ca- pace di massimizzarne gli indubbi benefici, che affiancano gli inevitabili rischi, assume una im- portanza strategica.
Ma le cose sono tutt’altro che semplici. Pren- diamo il caso della lotta alle “bufale”, termine giornalistico con cui vengono pittorescamente definite le bugie, le notizie false o inventate, e che può a buon diritto essere affibbiato a molte
Susanna Cressati, giornalista. Dal 1977
al 1999 cronista e
inviata della redazione toscana de l’Unità, si è successivamente dedicata ai temi socio-sanitari. Per tre anni è stata Ufficio Stampa dell’Aou Meyer. Dal 2004 al 2014 ha lavorato presso l’ufficio stampa della Regione Toscana, prima come responsabile del settore sanità e dal 2010 al 2014 come direttore.
ToscanaMedica10|2016
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