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QUALITÀ E PROFESSIONE 19
notizie circolanti in tema di vaccini. A dicembre il Washington Post ha sospeso la rubrica “What was fake this week”, condotta da Caitlin Dewey, specializzata nello smascheramento delle bufale. Pare che a decretarne la chiusura sia stata una ri- cerca realizzata dal CSSLab dell’IMT di Lucca, una struttura che si occupa di scienze sociali compu- tazionali. Secondo la ricerca, che ha studiato il comportamento di due gruppi di utenti statuni- tensi posti di fronte a vari tipi di notizie e bufale, ogni tentativo di sbugiardare queste ultime sa- rebbe inutile. Errori, “analfabetismo funzionale”, sfiducia nelle istituzioni, combinati con l’enorme quantità di informazioni a disposizione e con il ritmo con cui si affastellano in rete, cospirerebbe- ro per rendere inutile ogni tentativo di affermare con successo la ragionevolezza critica e scientifica.
Non tutti però sono convinti dell’ineluttabili- tà e dell’invincibilità delle bufale. Alcuni autore- voli debunker (sbugiardatori di bufale) nostrani, come gli autori di Disinformatico, Bufale.net e Butac.it (Bufale-un-tanto-al-chilo) interpellati dalla Stampa di Torino, hanno sostenuto l’utili- tà di fare “bene” il debunking, se non altro per orientare in direzioni corrette la grande “terra di mezzo” dei dubbiosi e di coloro che sono in- decisi se prendere per buono tutto quello che i social propinano in abbondanza (Smascherare le bufale on line non è inutile, ecco perchè, di Chiara Severgnini, 17 marzo 2016).
I giornalisti si stanno attrezzando. È del mar- zo 2015 la versione italiana di un utilissimo libro di Craig Silverman, giornalista-imprenditore, fon- datore di Regret the Error, un blog del Poynter Institute che si occupa di errori, accuratezza e verifica nel giornalismo. Nel suo “Bugie, bugie vi- rali e giornalismo” (scaricabile gratuitamente da Internet) Silverman riconosce che la tecnica del debunking è ai primi passi, ma non per questo rinuncia ad affinarne gli strumenti. Anche sulla base di ricerche condotte sul campo (e non a ca- so una di queste riguarda proprio i vaccini) met- te a fuoco alcuni dei fattori cognitivi-comporta- mentali che provocano distorsioni sistematiche del giudizio e che rendono difficile la correzione delle bufale e della disinformazione, e propone metodi, tecniche e buone pratiche che hanno l’obiettivo di opporre una strategia virale di ve-
rità alle strategie virali di falsità, inserendosi nei flussi di condivisione con una verifica delle storie. Entra qui in campo uno dei quei “princìpi” e fondamenti della professione giornalistica di cui parlavamo all’inizio e a cui occorre tornare per realizzarne il rinnovamento: la verifica. È recen- tissima la traduzione italiana di un libro prezio- so per i giornalisti, il “Verification Handbook”, il manuale della verifica dei contenuti digitali (sca- ricabile gratuitamente da Internet) realizzato da una squadra di autori su impulso dell’European Journalism Centre, che offre spunti teorici e pra- tici per passare sotto la lente video, immagini e contenuti generati dagli utenti dell’universo digi- tale. Proprio quell’universo che, pur arricchendo (e questo è senza dubbio un fattore positivo) in maniera mai accaduta prima il processo di crea- zione delle news, ha anche reso più semplice ma- nipolare contenuti o crearne di nuovi (e falsi) a scopi propagandistici. Una nuova frontiera che parte dalla convinzione che la verifica sia l’essen- za del giornalismo, e che si appoggia su un antico adagio che i vecchi cronisti ripetevano ai novellini:
“Se tua madre dice che ti vuole bene, controlla». Alla fin del salmo, è una questione di demo- crazia. Nel suo (anche questo fresco di stampa) “Chi ha paura dei vaccini?” (Codice edizioni, To- rino 2016) lo storico della medicina Andrea Gri- gnolio avverte che “la cittadinanza sarà sempre più esposta a un carico informativo su questioni cruciali relative a scelte sanitarie, lavorative, eco- nomiche e politiche; tematiche delicate, in me- rito alle quali verrà informata attraverso i media e il web, dove ondeggia una marea indistinta di informazioni vere, finte, manipolate, contraddit- torie e soprattutto potenzialmente rischiose. Se nei prossimi decenni non acquisiremo gli stru- menti cognitivi per orientarci in un simile dedalo informativo, metteremo a repentaglio lo svilup- po della società e la tenuta stessa della nostra democrazia”. In prefazione la chiosa di un gior- nalista, Riccardo Iacona (proprio quello di Presa diretta): “In fondo scienziati e giornalisti hanno un campo narrativo che li accomuna: la ricerca della verità o, per meglio dire, di una verità alle condizioni storiche date”. TM
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